Continuazione di Fatima
Capitolo primo
INIZIO DEGLI EVENTI
Un
villaggio sperduto
Nel
cuore delle montagne del nord della Spagna, nella provincia di Cantabria
(Santander), non lontano dalle rive del Golfo di Biscaglia, sonnecchiava una
modesta borgata: San Sebastian de Garabandal. L'umile villaggio era rimasto
sino a quel tempo isolato, senza telefono, senza radio, senza cinema, senza
televisori, senza magnetofoni, persino senza rotocalchi... Non c'era nemmeno la
strada; la più vicina (e neanche molto agevole) passava nel fondovalle, vicino
al paesetto di Cossio, a circa 6 chilometri. Per questa strada si poteva
raggiungere «il mondo». Se, oltrepassato Cossio, si prendeva a destra risalendo
il corso del fiume Nansa, ci si trovava immersi nello scenario del romanzo di
José Maria de Pereda, Penas Arriba; continuando più su, la valle di
Polaciones e, più in alto, il colle di Piedras Luengas, gia in provincia di
Palencia; qui iniziava la discesa verso le terre dell'altopiano castigliano
verso Leon. e, uscendo da Cossio, si piegava a sinistra, si raggiungeva
rapidamente Puentenansa, da dove si poteva scegliere la strada più diretta per
Santander attraverso il colle di Carmona e Cabezon de la Sal; oppure seguire il
fiume Nansa sino alla foce, a Pesués, e di qui raggiungere per la strada
costiera Santander sulla destra e, sulla sinistra, Oviedo, capitale delle
Asturie. San Sebastian de Garabandal era dunque un povero paesino isolato,
quasi al di fuori del tempo. Ed ecco che all'improvviso, quando nessuno lo
avrebbe immaginato, nelle lunghe giornate di un mese di giugno questo borgo
cominciò a uscire dal suo isolamento e dal suo secolare torpore.
Una
data
Siamo a fine primavera del 1961, quando nell'aria c’è già sentore d'estate. 18
giugno, domenica, giorno del Signore. Sul tardo pomeriggio, un po' dopo la
recita del rosario alla quale ha partecipato l'intero villaggio, quattro
bambine (Nota:
I nomi: Cochita Gonzales, Maria Dolores (Loli) Mazon, Jacinta Gonzales,
Mari Cruz Gonzalez; le prime tre di 12 anni e l’ultima di 11)
non sanno che fare e si stanno annoiando. Ad un tratto viene loro l'idea, o la
tentazione, di andare a raccogliere qualche mela (anche se acerba) in un orto
lì vicino. Terminata la scappatella, si riposano chiacchierando, sedute sulle
pietre irregolari di una mulattiera ruvida e ripida che tutti chiamano «la
Calleja» (la stradina). Lì si rendono conto d'aver fatto «qualcosa di male»; un
furtarello, ma pur sempre un peccato contro il settimo comandamento della Legge
di Dio; il diavolo ha teso loro una trappola ed esse hanno offeso il Signore e
la Vergine. Col pentimento, nasce in loro la reazione contro il tentatore.
Decidendo di allontanarlo, cominciano a gettar sassi con gran forza. Un modo
per troncare definitivamente con lui. La pace sembra ritornata sotto il cielo
sereno e opalescente di quella bella e monotona sera domenicale. Ma pace e noia
vengono improvvisamente interrotte da una violenta detonazione. «Oh, che
tuono!». Un tuono davvero strano, in effetti, dal momento che non si scorge
alcun segno di temporale. Ed ecco che poco dopo le quattro bambine
cadono in ginocchio sulle aspre pietre della «Calleja» e contemplano in estasi,
fuori di sé e dall'ambiente circostante, un essere, una figura luminosa che non
è sicuramente «di questo mondo». «Ci appavre una figura bellissima avvolta di
luci abbaglianti che però non ferivano gli occhi», scriverà più tardi una
delle quattro piccole, Conchita. Di che si trattava? Lì per lì, le bambine
seppero solo parlare di un Angelo. La notizia, comunque, mise immediatamente in
subbuglio il villaggio, anche se all'inizio tutti si mostrarono scettici.
I
quindici giorni dell'Angelo
Il
giorno seguente, lunedì 19 giugno, le quattro ragazzine, nonostante gli eventi
della vigilia e i numerosi commenti suscitati, dovettero sbrigare le quotidiane
faccende domestiche. Ma verso sera, all'uscita di scuola, si recarono nuovamente
a pregare alla «Calleja», nello stesso punto della sera prima, per vedere se
l'«apparizione» si rinnovasse. Ma non accadde nulla di ciò che si aspettavano.
Avvenne invece ciò che non avevano previsto: risatine di scherno e commenti
malevoli, le consuete manifestazioni di chi è solito pensare «A me non la dai a
bere...». Martedì 20, alla stessa ora, nuova visita alla «Calleja». Le
ragazzine nutrivano in cuore la certezza che quanto era successo la domenica
non poteva né essere senza motivo, né restare senza un seguito. Recitarono
preghiere e rimasero in attesa; attesa dell'Angelo... che non si
presentò, ma la cui presenza fu sostituita da un fenomeno molto misterioso e
significativo: le piccole si videro avvolte all'improvviso da una sorprendente,
intensa luce, che le isolava da tutto e le penetrava di un vivo e reverenziale
«timor di Dio». L'indomani, mercoledì 21 giugno, l'Angelo riapparve. E da
allora, per circa una settimana, rinnovò le sue visite quasi quotidianamente,
intrattenendosi con loro a lungo, sebbene, per la felicità estatica che
provavano, sembrava loro che ogni incontro durasse solo qualche minuto. Il
sabato 24, festa di San Giovanni Battista, l'Angelo si presentò in maniera
nuova. Come sempre appariva bellissimo e sorridente, con uno sguardo che
penetrava sino in fondo l'anima delle piccole; ma, sotto di lui, la novità:
brillava una scritta luminosa; o meglio, come scriverà più tardi Conchita,
l'Angelo «portava sotto di lui un cartello, ma noialtre non capivamo bene
quel che volesse dire. Riuscivamo solo a leggere, alla prima riga, 'Hay que' (è
necessario che) e, all'ultima, XVIII-X-MCMLXI»... Oggi possiamo facilmente
cogliere ciò che le ragazzine non comprendevano: sul cartello di cui parla
Conchita, appariva dapprima il testo del brevissimo messaggio che doveva essere
divulgato il 18 ottobre di quell'anno, e, alla fine, le cifre romane indicanti
la stessa data: 18 ottobre 1961. È facile immaginare lo scompiglio che questi
fatti provocarono nel villaggio e in tutta la regione. Garabandal stava
improvvisamente cessando di essere un paesino sperduto fra i monti, senza alcun
interesse e dalla vita noiosa e monotona. Ogni pomeriggio le sue stradine si
riempivano di gente e, all'ora della preghiera delle piccole, la «Calleja» e i
dintorni pullulavano di fedeli e curiosi.
L'Angelo «preparava la via»...
Il
1 luglio era un sabato, e di conseguenza giorno mariano. Le bambine delle estasi
dovevano essere state sufficientemente preparate a ricevere comunicazioni più
precise: quel giorno, infatti, l'Angelo parlò loro chiaramente. «Ci parlò di
molte cose», scriverà più tardi Conchita Gonzalez. Ma la più importante fu
senza dubbio questa: «Vengo ad annunciarvi la visita della Madonna, con
l'appellativo di Beata Vergine del Monte Carmelo. Ella vi apparirà domani,
domenica». «Ben venga!» fu l'esclamazione unanime delle bambine. L'Angelo
sorrideva... La data dell'evento non era scelta a caso: la Vergine di Nazareth
voleva iniziare una sua nuova visita sulla terra - visita che sarebbe stata
lunga e affettuosa - il 2 luglio, giorno in cui la Chiesa celebra da secoli la
festa della Visitazione di Maria alla cugina Elisabetta; ma la voleva iniziare
presentandosi come Beata Vergine del Carmelo per motivi profondi (che si
sarebbero evidenziati a poco a poco), e non solo per manifestarsi nel mese di
luglio, mese legato dai tempi più remoti al suo appellativo più popolare. Quel
giorno, le bambine, colme di gioia per l'annuncio che l'Angelo aveva appena
fatto loro, si sfogarono a lungo e con piacere con lui... Lo avevano già
contemplato molte volte, e già questa era stata una cosa bellissima; ma non
avevano ancora potuto intrattenere una vera e propria conversazione con il loro
caro visitatore. Era questa la ragione per cui desideravano ardentemente
parlargli e porgli numerose domande. Quel giorno finalmente lo poterono fare;
l'Angelo era disposto a parlare e ad ascoltarle senza reticenze. «Quel giorno
ci parlò di molte cose... » La maggior parte di esse resterà sicuramente
segreta, riguardando solo le quattro piccole interlocutrici. L'interrogativo più
interessante, almeno per noi, fu quello che gli posero sul significato della
scritta posta ai suoi piedi durante gli ultimi incontri. «Ve lo spiegherà la
Vergine», fu la sua risposta. E prese congedo dicendo loro: «Tornerò
domani con la Vergine». «Peccato che tu ci lasci!», fu l'esclamazione delle
bambine. Tornò. Soltanto allora fu chiaro di che Angelo si trattasse. Era
nientemeno che l'Arcangelo San Michele, il primo di tutti gli Spiriti beati, il
Principe della milizia celeste, l'Angelo delle lotte supreme e definitive...
Certo, durante le sue apparizioni alla «Calleja» si era presentato sotto
sembianze infantili, per esprimere la freschezza e l'innocenza del suo essere,
ma dando nello stesso tempo un'impressione di potenza e di autorità.
Finalmente, Lei!
Quel 2 luglio 1961 era due volte giorno di festa: cadeva di domenica ed era la
festa della Visitazione della Vergine Maria. Per Garabandal, i suoi abitanti e
le sue montagne, fu un 2 luglio davvero unico, come mai se ne erano conosciuti
nel corso di secoli. L'evento di quel giorno si produsse nello stesso luogo
delle apparizioni dell'Angelo e a un'ora già piuttosto tarda di quel
pomeriggio estivo e festivo. «Ci dirigemmo verso la "Calleja" per recitare
il rosario come di consueto. Non eravamo ancora arrivate quando ci apparve la
Vergine con due Angeli ai lati. Uno era San Michele; l'altro non lo
conoscevamo. Era vestito come San Michele. Si sarebbero detti due gemelli».
Se le ragazze non sapevano allora quale fosse l'Angelo che sembrava il fratello
gemello di San Michele, lo appresero più tardi. Era un altro Arcangelo di primo
rango, l'Angelo dell'Annunciazione e dei grandi messaggi divini: San Gabriele.
L'Apparizione celeste si presentò davvero, secondo l’annuncio dell'Angelo della
«Calleja», come quella della Beata Vergine del Monte Carmelo. Ciò risultava
chiaramente dal caratteristico grande scapolare che Ella teneva in
mano. Le bambine lo compresero subito, benché i suoi abiti non corrispondessero
molto a quelli che si vedono di solito sulle statue della «Virgen del Carmen»
(come quella che si venerava nella chiesa del loro villaggio). Su queste statue,
la Vergine del Monte Carmelo appare vestita da carmelitana, portando l'abito
caratteristico dei religiosi e delle religiose dell'Ordine: tunica e scapolare
marrone e mantello bianco. Mentre nell'apparizione di Garabandal... ma vediamo
ciò che scrisse Conchita nel suo diario: «La Vergine viene con un abito
bianco, un manto azzurro e una corona di piccole stelle dorate; non si vedono i
suoi piedi... mostra uno scapolare nella mano destra; lo scapolare era di colore
marrone. Ha i capelli lunghi e mossi, di colore castano scuro... Il viso
allungato, il naso lungo, fine, la bocca molto bella con le labbra un po'
grosse. La carnagione e' bruna... La voce è incantevole; una voce incomparabile
che non posso descrivere. Nessuna donna assomiglia alla Vergine, né nella
voce, né in niente altro!» Se teniamo conto della povertà del lessico di
quelle bambine, cresciute in un villaggio senza comunicazioni, la descrizione di
Conchita ci appare ammirevole, pur essendo certi che tale descrizione riflette
in modo imperfetto la meravigliosa visione che i loro occhi contemplarono.
Sebbene abbagliante e magnifica, come Regina e Signora senza pari, la Vergine
Maria si mostrò fin dal primi istanti affettuosamente familiare ed accogliente.
«Quel giorno [quello della prima apparizione il 2 luglio], abbiamo
parlato molto con la Vergine e Lei con noi: le dicevamo tutto. Le dicevamo, per
esempio, che andavamo nei campi, che eravamo abbronzate, che avevamo
ammucchiato il fieno. E Lei rideva!... Quante cose Le dicevamo!... » La
chiacchierata delle bambine con la loro bellissima e dolcissima Visitatrice
doveva veramente essere stata affascinante: intrisa di freschezza, di
spontaneità, di semplicità. «Guardandola, avevamo sgranato il nostro rosario,
Lei lo recitava con noi per insegnarci a recitarlo bene. Alla fine del rosario,
ci disse che se ne sarebbe andata. Le chiedemmo di restare ancora un po',
perché era rimasta troppo poco. Lei rideva e ci disse che sarebbe tornata
lunedì. Quando partì, provammo una gran tristezza». Fin da questa prima
visita della Vergine, Garabandal cominciava ad essere «segno di
contraddizione». «Quand'Ella se ne andò, la gente ci circondò per baciarci e
domandarci quello che Lei ci aveva detto... Alcuni però non ci credevano».
Quale poteva essere il motivo di questa diffidenza, di questa incredulità? Il
fatto che le ragazze, durante la lunga estasi, erano state troppo loquaci e
troppo fiduciose. La gente diceva: «Come può la Vergine dire e ascoltare così
tante cose? ». Per essi, la Vergine doveva mostrarsi come un personaggio
stereotipo e lontano, che non poteva «perdere tempo» a parlare e ad ascoltare
cose di poca importanza, ma solo dire poche e solenni parole... Il fatto è che
alcuni - forse molti - diffidarono e negarono un possibile intervento del Cielo,
incappando in un ostacolo che, invece, i «semplici di cuore» superano così
facilmente. Infatti le quattro ragazzine, per esempio, senza cultura e senza
pregiudizi, colsero immediatamente perché la Vergine, apparsa loro, accettasse
di parlare tanto e di ascoltare tanto. Ecco la giusta osservazione di Conchita
nel suo diario: «Eppure la maggior parte della gente credeva. Dicevano che
era un po' come una madre che non abbia visto sua figlia da tanto tempo: quando
la rivede, sua figlia le racconta tutto. A maggior ragione noi che non l'avevamo
mai vista. E Lei era la "Nostra Madre del Cielo!». Troviamo qui la prima
chiave che ci permette di comprendere i fatti di Garabandal: non si trattava di
una apparizione come le altre, destinata ad attirare fortemente la nostra
attenzione e a lasciarci poi un messaggio... Si trattava di una venuta della
Vergine per «stare con noi», perché La sentissimo come mai prima, intima e
definitivamente nella sua realtà di «Nostra Madre». Che fosse Nostra Madre lo
sapevamo per dottrina, per fede. Ma avevamo bisogno di sperimentarlo a sazietà,
in modo forte e dolce, per lungo tempo e attraverso le più diverse prove. Per
questo motivo risulta incontestabile (almeno per me) che quel 2 luglio 1961 ebbe
inizio sulla terra la migliore Epifania della Nostra Madre celeste. Si
potrebbero certo fornire molti dettagli su questo incontro con la Vergine. Ma
più che dettagli, è importante ritenerne l'essenziale. Conchita stessa ce lo
rivela con queste parole: «Così terminò la domenica 2 luglio. Giorno
felice, poiché abbiamo visto per la prima volta la Vergine! Sebbene con Lei
tutti possiamo stare, purché lo desideriamo!» Quale miglior conclusione per
il primo capitolo di questa nuova visita di Maria? Ella non cessa mai di stare
con noi, nonostante si lasci vedere solo in rare occasioni. L'importante è che
noi desideriamo e facciamo in modo di stare con Lei...
Capitolo secondo
LUGLIO 1961 IL MISTERO SI DILATA
La
Vergine-Madre non è solo di passaggio
Lunedì 3 luglio la Madre ritorna alla stessa ora vespertina del giorno
precedente. «Mentre arrivavamo al “Cuadro”, la Vergine ci apparve con il
Bambino Gesù; gli Angeli però non l'accompagnavano». Due considerazioni: gli
spiriti beati, avendo compiuto la loro missione di preparare la via e di
realizzare la presenza, si ritrassero discretamente perché tutta l'attenzione
fosse focalizzata su Colei che era più importante di tutti; Colei che veniva
soprattutto ad esercitare la sua maternità nei nostri confronti, si presentava
con il «Figlio primogenito» (Lc 2,7) per proclamare che dalla Sua Maternità
divina deriva pure la Sua maternità nei nostri confronti, incorporati al Figlio
come fratelli minori, «figli per adozione dello stesso Padre» (Rm 8,29).
«Veniva sempre sorridente, come pure il Bambino Gesù. La nostra prima domanda fu
dove si trovassero San Michele e l'altro Angelo:
e
Lei sorrideva ancora di più». «La gente e i sacerdoti che erano la ci davano
degli oggetti perché Glieli facessimo baciare, e Lei li baciava tutti... »
«Ci
parlava molto, ma non ci permetteva di ripetere le Sue parole».
Il
fatto che abbia parlato molto anche in questo secondo giorno della Sua
manifestazione, senza permettere che le sue parole venissero riferite, merita
la nostra attenzione. Doveva consentire alle veggenti qualche capriccio
infantile (quale madre, quale buona pedagoga non lo fa?) ma doveva innanzi tutto
compiere la Sua missione: aiutare e orientare i Suoi figli verso quella
sottomissione ai disegni di Dio che non sono mai sinonimo di comodità. Per
questo motivo parlò molto in quel pomeriggio; e sempre a questo scopo avrebbe
continuato a parlare nel corso di molti altri pomeriggi. Ciò che diceva per
tutti o per molti si sarebbe saputo a tempo debito; quello che ribadiva a queste
bambine, che erano Suo strumento, sarebbe rimasto per sempre segreto personale
di ciascuna di loro. In questo si è realizzato ciò che la piccola suor Teresa
diceva in merito alla sua propria esperienza spirituale: «Molte pagine della mia
storia non saranno mai conosciute quaggiù». In occasione di questa seconda
apparizione della Vergine, quel lunedì 3 luglio 1961, sopravvennero due fenomeni
concomitanti che credo non si siano prodotti in nessun altro luogo di
apparizioni mariane: le Chiamate e i Baci.
Le
Chiamate
Torniamo al diario di Conchita. «Quando si avvicinò l'ora in cui avevamo visto
la Vergine il giorno prima, i nostri genitori, che già ci credevano un po' di
più, ci dissero: "Dovreste andare a recitare il rosario al Cuadro". Rispondemmo:
"Non siamo ancora state chiamate". Rimasero perplessi e aggiunsero: "Ma come?
Che cosa significa?" Allora spiegammo loro che "era come una voce interiore
che non udivamo con la orecchie, e che nemmeno sentivamo chiamarci con i
nostri nomi...» «Ci sono tre chiamate... » La ragazza spiega che sono come
tre soprassalti di una improvvisa gioia interiore; essi vanno in «crescendo»,
di modo che al terzo richiamo non possono più resistere e si precipitano verso
il luogo dell'apparizione. Fra due richiami, specie fra il primo e il secondo,
poteva passare un tempo abbastanza lungo. Questo fenomeno si produceva solo
quando la Vergine stava per venire; le visite dell'Angelo non erano precedute
da questa «preparazione». L'esistenza di queste chiamate interiori è stata
verificata in più di una circostanza. La prima esperienza ebbe luogo il 3 luglio
quando le ragazze ne parlarono per la prima volta. «Avevamo descritto ai
nostri genitori come avvenivano le chiamate; ed essi erano rimasti molto
stupiti. Alla fine della nostra conversazione, percepimmo una chiamata e lo
riferimmo. Eravamo lì tutte e quattro insieme, e molta gente si accalcava
intorno a noi. Alcuni dissero a Don Valentin, il parroco del villaggio: "Perché
non mettere due ragazze in casa di Loli e due in casa di Conchita?" Ci
separammo dunque per vedere se ci saremmo ritrovate tutte e quattro nello stesso
momento. Una mezz 'ora più tardi ci fu la seconda chiamata... Infine, ci
trovammo insieme al "Cuadro" nello stesso momento. La gente era stupefatta... »
Sul fenomeno delle «chiamate» delle ragazze abbondano informazioni e aneddoti.
I
Baci
Sempre
a proposito di quello stesso 3 luglio, un'altra annotazione di Conchita indica:
«La gente e i sacerdoti ci affidavano oggetti perché li facessimo baciare
dalla Vergine, e Lei li baciava tutti». Era l'occasione propizia, per coloro
che non erano come le bambine privilegiate dalle visioni, di entrare in
contatto più stretto con la Madonna. La Madre vi corrispondeva con affettuosa
delicatezza. Padre Ramon Maria Andréu s.j. - testimone privilegiato degli
eventi di Garabandal durante quell'estate del '61 - scrisse nella sua
informativa: «Si è spesso parlato di sassolini quando le ragazze ebbero le
visioni. Si trattava di piccole pietre della grandezza di una caramella. Esse
le raccoglievano dal suolo durante le loro estasi, oppure le portavano con sé
prima di cadere in estasi; le presentavano da baciare alla Madonna e poi le
consegnavano a diverse persone come ricordo o in segno di perdono». Questo
avvenne specialmente durante le prime settimane: in seguito, tutti gli oggetti
baciati furono oggetti religiosi: crocifissi, medaglie, immagini, scapolari...
Padre Ramon Andréu ricorda ancora: «E’ normale vedere le ragazze con rosari,
medaglie, crocifissi appesi al collo; sono oggetti che il pubblico affida loro
affinché la Vergine li baci». E’ stato ripetutamente provato che le ragazze,
durante questi fenomeni, malgrado la quantità di oggetti che passavano loro fra
le mani e che presentavano al bacio della Madonna, non sbagliavano mai nel
restituirli al legittimo proprietario. Lo facevano senza abbassare la testa:
durante l'estasi tenevano lo sguardo fisso al Cielo, dunque senza poter
guardare le persone presenti, anche perché gli interessati si trovavano spesso
fuori dalla loro portata o si erano deliberatamente nascosti. A tutti gli
astanti era chiaro che una mano invisibile guidava quella delle ragazze.
L'apparizione del martedì 4 luglio doveva rivelarsi anch'essa memorabile:
«C'era il rosario alla 7 di sera nella chiesa parrocchiale, ed ecco sentimmo una
chiamata. La chiesa era piena di gente. L'altare maggiore era affollato da una
dozzina di sacerdoti e da fotografi che scattavano delle foto. Alla fine del
rosario, avevamo avuto due chiamate. Partimmo di corsa verso il "Cuadro" e la
gente correva dietro di noi. Mari-Cruz ed io restammo in estasi un po' più in
alto rispetto a Loli e Jacinta: noi due nel "Cuadro", le altre due al di fuori.
La gente diceva allora che, nonostante avessimo corso, non eravamo affannate e
sudate. Loro invece sudavano ed arrivavano tutti affaticati e ansimanti. Cosa
strana per essi; ma per noi era come se la Vergine ci portasse!» Secondo i
numerosi testimoni di questi fenomeni, la corsa delle ragazze verso il luogo
dell'apparizione, quando ricevevano il terzo richiamo, era semplicemente
impressionante. Nessuno avrebbe potuto seguirle. A ragione, nel suo diario,
Conchita dice a questo proposito che era la Vergine a portarle; era naturale
allora che, essendo trascinate da una forza misteriosa, esse non provassero né
stanchezza, né fatica, né affanno, né sudassero. Quella apparizione del 4 luglio
fu di grande importanza per via dei messaggi della Celeste Visitatrice. «La
Vergine, sempre sorridente, ci disse: "Sapete cosa voleva dire la scritta ai
piedi dell'Angelo?" Esclamammo all’unisono: “No, non lo sappiamo”. "Portava un
messaggio, che vi darò, perché voi, il 18 ottobre, lo diciate a tutti". E
ce lo disse». Così, con linguaggio spoglio, infantile, Conchita ricorda
l'inizio di una serie di spiegazioni che, a partire da quel giorno, la Vergine
diede sui significati e la portata del Messaggio che sarebbe stato reso noto
solo in seguito. A quelle contadinelle doveva spiegare persino il significato
di termini che a noi paiono più che comuni e usuali. Devo qui manifestare la
mia ammirazione per la pedagogia divina e il modo in cui è stata esercitata a
Garabandal. Nel suo diario, Conchita attesta con una brevissima aggiunta che la
Vergine le diede il messaggio fin dal 2 luglio, all'epoca della prima
apparizione e che ne cominciò la spiegazione il 4 luglio poiché le giovani
veggenti «facevano confusione» e non erano in grado di comprenderlo nella forma
dovuta. Le spiegazioni della celeste Madre e Maestra continuarono per tutto il
mese. Questo non lo sappiamo dal diario di Conchita, che non ci dice nulla delle
giornate successive al 4 luglio (forse perché nel loro contenuto soprannaturale
erano tutte molto simili), ma ne siamo a conoscenza grazie al contributo di
alcuni testimoni. Da uno di essi, il comandante della stazione della Guardia
Civil di Puentenansa, Juan Alvarez Seco, abbiamo una testimonianza autorevole:
«Quel 28 luglio le veggenti si trovavano in estasi al "Cuadro", molto serie,
completamente rapite da ciò che la Vergine insegnava o raccomandava loro... Ad
alcune scendevano grosse lacrime (come anche a molte persone presenti che
non riuscivano a trattenere l'emozione). Quando l'estasi finì, le bambine
parlarono con Don Valentin che disse in seguito, in un silenzio profondo, a
tutti quelli che si trovavano là: "La Vergine sta incaricando le bambine di
dare un messaggio che per ora non possono rivelare, né alloro parroco, né ai
loro genitori, né a Monsignor Vescovo ».
Comunioni misteriose
L'Angelo
che aveva così spesso visitato le ragazze durante l'ultima decade di giugno e
accompagnato la Vergine quel gran giorno del 2 luglio, rimase poi una settimana
senza apparire. Tornò l'8 del mese. Quel giorno e il giorno seguente, si profuse
maggiormente in confidenze con le bambine. «Ci baciò sulle guance e sulla
fronte... Ci baciò mentre eravamo allineate» (Conchita). Si trattava
sicuramente dell'inizio di una nuova fase di comunicazioni celesti poiché in
quei giorni (il martedì 11 luglio, con tutta probabilità) si manifestò un altro
vistoso fenomeno, causa di turbamento e di imbarazzo per alcuni: il fatto che
le ragazze ricevevano la comunione dalle mani di un essere invisibile. Si
cominciò a chiamarlo, in maniera abbastanza impropria, «comunione mistica».
Negli appunti di Don Valentin, ho trovato questa breve relazione: «Il giorno
11-12-13 (luglio) le bambine riferirono di aver fatto la comunione», ed è la
prima volta che se ne parla. Queste comunioni avvenivano sempre all'ora e nel
luogo che l'Angelo indicava in precedenza. Allorquando le ragazze diedero
notizia al parroco che «l'Angelo dava loro la comunione», egli fece loro delle
domande e poi si espresse in questi termini: «Mi dicono che l'Angelo fa come
me, quando distribuisco la comunione». Coloro che talvolta assistevano a queste
comunioni non vedevano né l'Angelo, né la Santa Ostia; ma potevano constatare
attraverso i gesti e i movimenti che le ragazze si stavano effettivamente
comunicando. Dopo una breve esortazione dell'Angelo a pensare a Colui che
stavano per ricevere... recitavano la preghiera di penitenza «Confesso a Dio
Onnipotente... » Poi l'Angelo deponeva la Santa Ostia sulla lingua delle
comunicande; in seguito, esse, su sua indicazione, recitavano con devozione:
«Anima di Cristo santificatemi…» In genere tutto ciò durava dai 10 ai 15 minuti.
Abbiamo la prova che l'Angelo veniva a dare la comunione soltanto quando nel
villaggio non c'era alcun prete in grado di farlo. È lo stile della Provvidenza:
venire in aiuto con mezzi straordinari quando non possiamo ricorrere ai mezzi
ordinari. Con queste comunioni fuori dell'ordinario, Dio voleva forse
sottolineare per noi l'importanza capitale dell'Eucarestia, sacramento con cui
il Salvatore stesso, Gesù in persona, si dona a noi con affetto, per operare
nelle nostre anime, in modo diretto, la Sua opera di Salvezza.
Cammini estatici
In
quel mese di luglio 1961 si assistette a Garabandal al fatto sorprendente che lo
straordinario diveniva quotidiano, il prodigioso quasi normale... Ogni giorno
portava con sé l'incontro o gli incontri delle ragazze e degli spettatori con
le realtà superiori e invisibili. Le piccole entravano e uscivano dalle loro
estasi con assoluta naturalezza, e parlavano di quelle meraviglie come si parla
delle cose di tutti i giorni. La stessa cosa capitava agli abitanti del
villaggio. Soltanto i nuovi venuti di ogni giorno, i forestieri che giungevano
da luoghi sempre più lontani, erano colpiti dalla sorprendente novità e dalla
eccezionalità di tutto ciò che osservavano in quel borgo appartato. A metà
mese, però, si manifestò un evento di assoluta novità per tutti. Fino ad allora,
le apparizioni si erano sempre, o quasi sempre, svolte in quel luogo della
«Calleja» che veniva chiamato «Cuadro», e, in genere, le bambine non si
muovevano dal posto in cui l'estasi era cominciata: ma verso la metà di quel
mese ebbero inizio degli spostamenti, dei movimenti che subito vennero
chiamati «cammini estatici» («marchas estaticas»). Non mi valgo di prove
formali per affermarlo, ma ho idea che le marce estatiche siano cominciate il 16
luglio, festa della Vergine del Carmelo, o meglio del Monte Carmelo. La prima
marcia estatica condusse, lungo un sentiero ripido e accidentato del paese, ad
un'altura sopra il villaggio chiamata «i Pini», per via dei nove alberi che vi
erano cresciuti solitari. Per l'importanza e il ruolo che detta collina non
tardò ad avere in quella che potremmo chiamare la «dinamica di Garabandal»,
tale luogo può essere considerato il nuovo Monte Carmelo della presenza di
Maria tra i suoi. Il pomeriggio di quella domenica 16 luglio ci fu in chiesa la
recita del rosario, alla quale presero parte tutto il paese e molti
forestieri. Alla fine, due delle ragazze, Conchita e Loli, uscirono dalla
chiesa già in estasi. Con passo maestoso si diressero verso la «Calleja»,
teatro di tante apparizioni... Tuttavia, stavolta, non vi si fermarono. Era
molto difficile seguirle, e molti furono coloro che vi rinunciarono. Eppure
qualcuno vi riuscì e ce ne ha fatto un racconto dal quale estrapolo
solo poche righe: «Non volavano, come è stato detto talvolta da coloro che le
vedevano da lontano o in penombra; non volavano, ed io potei constatarlo perché
fui come incollato a loro per tutta la durata della marcia. I loro piedi erano
poggiati al suolo, ma in una maniera che non saprei spiegare. Sembrava che i
loro piedi avessero occhi per vedere dove posarsi (esse mantenevano per tutto
il tempo la testa rivolta in su, guardando verso il cielo). Non inciampavano
mai, malgrado i molti sassi e le molte pietre che rendevano aspro il sentiero,
malgrado i tanti rovi e le spine nell'ultima parte della salita. Camminavano con
una leggerezza, con un ritmo e un portamento che non si possono descrivere. Io
caddi più volte e inciampai spesso, eppure allora ero un uomo giovane e forte.
Sudando e ansimando, mi tenni sempre alla loro altezza e non volevo perdere
nulla di quella meravigliosa ascensione. Giunte sul posto, caddero in ginocchio
davanti ad uno dei pini come se Qualcuno ve le depositasse delicatamente.
Restarono inginocchiate un bel po', pregando, parlando, sorridendo... Era
difficile captare ciò che stessero dicendo, al di fuori di qualche parola
isolata. Fu durante quel tempo passato presso "i Pini" che ebbi l'occasione di
contemplare quanto fossero straordinari il riso e il sorriso delle ragazze in
estasi. Ridevano con tutte se stesse, ma era un comportamento che non aveva
nulla a che fare con ciò che si suol chiamare "ridere a crepapelle". Sembravano
straripare di una gioia interiore, credo che fossero colme di una felicità a noi
sconosciuta... La discesa da "i Pini" ebbe più o meno le stesse caratteristiche
della salita, e tutto ebbe termine davanti alle porte della chiesa. Quando le
ragazze tornarono in sé, potei facilmente constatare con piacere che non si
erano ferite né alle gambe, né alle ginocchia (benché fossero cadute in
ginocchio molte volte sulle grezze pietre della "Calleja"). Se questo non è un
miracolo, che persone più intelligenti si incarichino di spiegarmelo. Un altro
particolare che mi sorprese molto fu che le ragazze, dopo questa corsa che
lasciava tutti noi sfiancati, non provavano né fatica né pesantezza, come se
nulla fosse successo. Non si erano rese conto di ciò che si era prodotto intorno
a loro; avevano l'impressione di non essersi mosse da lì e credevano che la
loro estasi fosse durata solo pochi minuti: in realtà, era durata almeno due
ore». Da questa seconda quindicina di luglio, i cammini estatici costituirono a
Garabandal uno dei fenomeni più vistosi e frequenti; centinaia di persone
possono testimoniare le loro esperienze indimenticabili. Possiamo domandarci
quale fosse la causa di questi spostamenti delle ragazze in estasi: non troviamo
altre spiegazioni che quella di un misterioso spostamento della Visione stessa.
Questa teneva le quattro piccole come se fossero completamente sospese,
irresistibilmente calamitate... e, senza alcuna violenza, le portava con sé
dovunque volesse. Possiamo davvero affermare che le ragazze non seguivano la
Visione, ma erano piuttosto trasportate da Lei. Per descrivere con quanta
dolcezza e potenza venivano trasportate, facciamo affidamento sulle
constatazioni del signor Lorenzo Otero: - le bambine camminavano senza alcuno
sforzo e senza rendersi conto del cambiamento di luogo; - talvolta si
spostavano a velocità sorprendente, come se «avessero le ali ai piedi», secondo
l'espressione immaginifica di un testimone; - perdevano la nozione del tempo:
le ore sembravano loro «brevissimi minuti»; - alla fine delle marce, che
sfiancavano coloro che tentavano di seguirle, erano fresche e calme come al
risveglio da un sonno ristoratore. All'inizio, le ragazze vivevano solo per se
stesse questi cammini estatici... In seguito, divennero di frequente «strumenti»
di partecipazione per gli astanti: stupenda condivisione concretizzata in
preghiere e cantici. «Un giorno, la Vergine raccomandò a una delle ragazze di
recitare il rosario in chiesa dopo l'estasi. La bambina trovò la chiesa chiusa:
allora cominciò la preghiera davanti al portale; lì entrò di nuovo in estasi e
la Vergine le chiese di pregare più forte affinché la gente prendesse parte alla
preghiera. La veggente obbedì, e il tutto si trasformò in un delizioso rosario
per le viuzze del villaggio. La ragazza in estasi camminava davanti, la gente
la seguiva dietro; la piccola recitava a voce alta e posata la prima parte della
preghiera e la gente recitava con devozione la seconda. La ragazza non contava
le Ave Maria di ogni decina, ma non sbagliava nessun Mistero; la Madonna la
avvertiva sempre per il "Gloria". Questo successe anche in molte altre
occasioni». Il numero e l'importanza delle marce estatiche andavano in
crescendo. Per molti, i migliori soggiorni a Garabandal restano legati a queste
marce che hanno lasciato ricordi indelebili.
Filo diretto con il cielo
Le
piccole, durante le loro estasi, restavano sottratte alla realtà di quaggiù: lo
si poté verificare in ripetute occasioni. Alcune di queste esperienze, avvenute
durante il primo periodo di Garabandal, l'estate del '61, ci sono narrate dal
Padre Ramon Andréu. «Nei fenomeni di Garabandal occorre distinguere due "campi":
quello degli spettatori e quello delle ragazze. Lo spettatore vede le bambine e
la loro maniera di agire - movimenti, riso o lacrime, parole, insensibilità al
dolore, ecc. - ma non vede l'Apparizione. Al contrario, le bambine contemplano
l'Apparizione, stanno al cospetto della sua luce, colgono le sue parole..., ma
non vedono nulla al di fuori di ciò, non percepiscono il pubblico che le
circonda (benché lo sappiano presente, poiché spesso glielo comunica
l'Apparizione). Si vedono l'una l'altra durante le loro estasi, ma se una di
loro ne esce (smettendo di contemplare l'Apparizione), mentre le altre
continuano, queste ultime, automaticamente, cessano di vedere la loro compagna,
poiché essa è uscita dal loro campo. All'inizio, lo spettatore non prendeva
assolutamente parte a ciò che si produceva durante l'estasi; in seguito,
cominciò a parteciparvi poco a poco... » Questa partecipazione si realizzava
non solo attraverso gli oggetti che numerosi astanti ricevevano dall'una o
dall'altra ragazza in estasi, oggetti che avevano precedentemente affidato loro
per essere offerti al bacio della Vergine, ma anche attraverso la presenza
mediatrice delle bambine. Misteriosi messaggi andavano e venivano. Si
formulavano delle domande, si ottenevano delle risposte. Le domande, spesso
personali, non sempre passavano attraverso le veggenti; talvolta sgorgavano
direttamente, senza parole, verso la Beata Vergine, senza alcuna espressione
esteriore, trasmesse con il pensiero o con un forte desiderio che solo Dio
conosceva... Ma se le domande, talvolta gli slanci dell' anima, potevano
raggiungere la loro destinazione senza passare per l'azione mediatrice delle
ragazze, le risposte scendevano abitualmente per loro tramite. Due racconti
chiariranno meglio ciò che accadeva. «Una signora pregò insistentemente la
veggente, prima dell'estasi, di chiedere alla Vergine Santissima se suo marito
credesse veramente in Dio. Dopo l'estasi, ebbe la risposta: "Sì, crede in Dio,
ma molto poco nella Madonna; ma crederà". Il tutto si spiega poiché si sa (la
ragazza non lo sapeva) che quell'uomo era protestante. In seguito si convertì
al cattolicesimo. Un'altra volta, un uomo, inginocchiato, chiedeva con fervore,
ma solo mentalmente, la conversione del genero. Ad un tratto, una delle veggenti
in estasi si accostò a lui e gli disse all'orecchio: "Si". Con qualche altro che
si trovava in prossimità, sentimmo perfettamente. Quando chiesi alla ragazza
perché avesse detto così, mi disse: "La Vergine mi ha detto: vedi quell'uomo?
Digli di sì". Io avrei proprio voluto sapere con cosa fosse in relazione quel
sì, ma lei mi disse: "Non lo so, la Madonna mi ha solo detto in quel momento di
voltarmi e di dire di sì". L'interessato però comprese benissimo il senso e la
portata di quel monosillabo affermativo». Non c'è dubbio: le quattro ragazze
durante le loro estasi si trovavano totalmente fuori dal «nostro mondo»... ma
non se ne disinteressavano. Tramite loro, si stabiliva una comunicazione
affettuosa tra coloro che vivono in questo mondo e coloro che abitano l'altro,
i quali ci seguono con attenzione e ci aspettano di là.
La
richiesta di un miracolo
Ben
presto, con il ripetersi delle comunicazioni delle bambine con la loro Visione,
si manifestò la supplica per un miracolo. Con quasi assoluta certezza possiamo
ritenere che questa richiesta non sia sorta spontaneamente dalle ragazze; fu
vivamente sollecitata dall'esterno, da gente che chiedeva un miracolo
indiscutibile per poter credere a tutto ciò senza più dubbio alcuno. Forse il
parroco medesimo pensò per primo a un grande miracolo che venisse a liberarlo
dalle sue perplessità e dalle sollecitazioni contrastanti di varie persone.
Padre Ramon Andréu scrisse poco dopo quelle date: «Da quando Don Valentin ha
detto alle bambine di chiedere un miracolo alla Vergine per disporre di una
prova valida e poter credere senza alcun dubbio, esse lo hanno più volte
sollecitato. All'inizio, la Vergine sorrideva; in seguito pare che "si sia
fatta seria"... E le bambine a insistere: molti non credono, non crederanno
senza miracolo; ma la Madonna ripeté a più riprese: "Fra poco crederanno ». La
supplica non era rivolta solo alla Madonna; dalle annotazioni di Don Valentin,
sappiamo che quel famoso 16 luglio, festa della Beata Vergine del Monte Carmelo
(e quell'anno per di più di domenica), le ragazze ebbero un nuovo incontro con
l'Angelo che si mostrò loro sempre sorridente... Ma «quando gli domandammo un
segno, si fece serio». Sembra dunque che la richiesta così insistente di un
miracolo (che sicuramente si pretendeva molto spettacolare) non fosse
favorevolmente accolta dal Cielo... Si cadeva ancora una volta in una
situazione che già dispiacque molto a Gesù durante la sua vita tra noi. «Allora,
alcuni scribi e farisei lo interpellarono: "Vogliamo vedere un segno chiaro
(vale a dire qualcosa di prodigioso) fatto da Te". Ma Egli replicò loro:
"Generazione malvagia e perversa! Un segno è quello che mi chiedete? Ebbene, non
vi sarà dato altro segno se non quello del profeta Giona"» (Mt 12, 38-39).
Quotidianamente, Gesù dava loro «prove» su di sé e sulla sua missione e
tuttavia essi, uomini pieni di superbia e di pregiudizi, continuavano a
chiederGli di dimostrare con un prodigio la sua identità e la sua missione. Alla
luce di questo episodio evangelico, riusciamo a capire meglio la richiesta di
un miracolo a Garabandal. I prodigi non erano gia stati numerosi e quasi
quotidiani? Non si sarebbe potuta ripetere l'apostrofe di Gesù risorto ai due
discepoli di Emmaus «Come siete insensati e duri di cuore nel credere! » (Lc
24, 25)? Questa resistenza all'azione di Dio, per mancanza di una disposizione
del cuore all'umiltà e alla semplicità, Gesù la denunciò più di una volta sino a
rinfacciarla, nell'ultima ora, al gruppo scelto dei Dodici. E altrove: « Se non
vedete continuamente dei segni e dei prodigi, non credete» (Gv 4,48), rispose
al funzionario di Cafarnao venuto a chiederGli la guarigione del figlio.
Infine, agli Apostoli, nel momento dell'Ascensione, «rimproverò loro la
mancanza di fede e la durezza del loro cuore perché non avevano creduto a coloro
che l'avevano visto risorto» (Mc 16,14). Tuttavia, benché la Vergine non potesse
accogliere con compiacenza questa insistente supplica, segno di una mancanza di
fiducia nella sua inesauribile pazienza di Madre, Ella decise di non lasciarla
inascoltata. Padre Ramon Maria Andréu poté allora scrivere: «Le bambine
affermano di aver sentito la Madonna dire che ci sarà un miracolo, ma non sanno
quando esso avverrà, né in che cosa consisterà».
Una
Commissione contro, due religiosi a favore
Si
tratta di due fatti distinti ma concomitanti, ricchi di conseguenze per la
causa di Garabandal. Il primo fu la posizione ostile frettolosamente adottata
dalla Commissione d'inchiesta che si stava costituendo a Santander, capoluogo
della diocesi, incaricata di studiare e analizzare l'insieme degli eventi.
L'altra fu l'arrivo a Garabandal di due gesuiti, Ramon e Luis Maria Andréu,
spinti solo, come tanti altri, nella loro prima visita alla borgata, da una
naturale curiosità. Né l'uno né l'altro (come nessuno dei molti che vi si
recavano) potevano sospettare l'importanza che quella visita avrebbe in seguito
rivestito nella loro vita e nello svolgimento generale dei fatti. I membri della
Commissione d'inchiesta concepirono rapidamente un piano per porre termine alla
questione Garabandal: «disambientare», distruggerne l'atmosfera. Essi credevano
che tutto quello - che accadeva poteva in effetti essere il risultato
dell'atmosfera, dell'ambiente così speciale del villaggio e della sua
ubicazione. Decisero dunque di allontanarne Conchita, che sembrava avere la
personalità più spiccata e influire sulle altre bambine veggenti con un
ascendente sospetto. Organizzarono come una specie di «sequestro». Dico una
specie... perché non fu un sequestro in piena regola con violenza e brutalità.
La ragazzina non fu strappata al suo villaggio con la forza, ma fu allontanata
con procedimenti che non sono mai stati totalmente chiariti. A proposito della
estasi del 26 luglio, affidata al suo diario e alla quale dà notevole
importanza, Conchita ricorda di aver chiesto alla Vergine, su raccomandazione
di sua madre, se la lasciasse partire per Santander. I membri della Commissione
avevano già messo tutto a punto, e nell'operazione buona parte l'ebbe un
sacerdote che intervenne efficacemente: Don Luis Gonzàlez, ex-parroco di
Garabandal, che a quell'epoca si trovava in una parrocchia di Santander, Nostra
Signora della Consolazione. Era il miglior intermediario per convincere Aniceta,
la madre di Conchita. A questa donna buona, ma sempre sospettosa, venne detto
che il viaggio aveva per scopo un importante colloquio con il Vescovo, al fine
di chiarire una volta per tutte quell'insiéme difatti strani che già
preoccupavano tanto lei e d'altronde molti altri. Ma nel piano della Commissione
non c'era solo la visita della bambina al Vescovo. Conchita lo capì
immediatamente e lo scrisse laconicamente nel suo diario: «Volevano portarmi
a Santander perché dicevano che ero io a influenzare le altre... Mi portarono
via per costruire le "prove" contro di me». La mattina del 27 luglio, le due
viaggiatrici, madre e figlia, lasciarono il villaggio in compagnia del
menzionato sacerdote Don Luis Gonzàlez. Molto presto quel pomeriggio raggiunsero
Santander; al calar della notte, Conchita diede spettacolo senza volerlo,
cadendo in estasi praticamente in mezzo alla strada, davanti alla porta della
chiesa della Consolazione (alla stessa ora - cosa appurata in seguito - le
altre bambine veggenti erano anch'esse cadute in estasi, pur essendo rimaste a
Garabandal, a circa 90 chilometri di distanza dalla «pericolosa influenza» di
Conchita!). Per quest'ultima, cominciò il giorno stesso l'esame programmato da
due membri della Commissione, il medico José Luis Piùal e il sacerdote Don
Francisco Odriozola. Agli «esami» di carattere più o meno psichico o psicologico
si aggiunse una forte cura di «cambiamento d'atmosfera»: spiaggia, spettacoli,
divertimenti, ecc. (Santander celebra in quel periodo le sue feste estive).
Mentre la ragazza si trovava in quell'ambiente così decisamente diverso, non
ebbe più estasi. Chiunque può capire quale impatto abbiano avuto tutte queste
novità sulla sensibilità di un'adolescente così sveglia strappata d'improvviso
al luogo raccolto e austero della sua montagna. Con questa cura intensiva di
mondanità, e utilizzando durante i colloqui con la ragazza un misto di
adulazione e di minaccia, coloro che agivano in nome della Commissione
raggiunsero infine il risultato che apparentemente speravano: strappare a
Conchita delle «prove» contro la veridicità di tutto ciò che succedeva al
paese. Queste «prove» risultarono poi essere una dichiarazione ambigua della
bambina: «Forse ciò che mi riguarda non è sicuro, ma per quanto riguarda le
altre bambine, sì...», e una firma «in bianco» su un foglio di carta dove pare
non ci fosse niente di scritto, ma sul quale qualsiasi cosa avrebbe potuto
essere scritta, dopo. Indubbiamente, in questo piccolo dramma, Conchita non ebbe
nulla dell'eroina: ma che dire della maniera di procedere di coloro che erano lì
per servire la verità e la giustizia? Era stato previsto di trattenere a lungo
la bambina a Santander, e questo a lei non sarebbe dispiaciuto; ma sua madre
Aniceta che, rassicurata, era presto tornata al paese lasciando sua figlia in
buone mani, tornò all'improvviso, otto giorni più tardi, per portarla via.
Aveva pieno diritto di farlo e nessuno poté impedirglielo. Così si concluse lo
strano episodio che fu il primo punto oscuro, fonte di confusione per il futuro
di Garabandal, così luminoso sotto tanto aspetti. L'altro fatto importante di
quella fine di luglio si produsse durante il soggiorno di Conchita a Santander.
Abbiamo già detto che fu la prima salita a Garabandal dei due padri gesuiti,
Ramon e Luis Maria Andréu. Quel 29 luglio doveva restare per Garabandal uno dei
giorni più ricchi difatti e particolari sorprendenti. La relazione di tali
eventi figura nel mio libro già più volte citato. Qui, per necessità di
concisione, mi limiterò alle esperienze personali dei due religiosi. La cosa
migliore è cedere la parola a uno di loro, Padre Ramon, di cui riportiamo
un'intervista: «Come lei può supporre, io non pensavo affatto, all'epoca della
mia prima visita a Garabandal, che mi sarebbe stato concesso di assistere a
fatti e fenomeni degni di seria attenzione... Se mi sono deciso a salirvi
nonostante i molti miei impegni, fu soltanto per non respingere l'insistente
richiesta di alcuni amici, e anche perché avevo bisogno di qualche giorno di
riposo. - Ma suo fratello, Padre Luis Maria, credeva già a tutto questo? -
Niente affatto! Né lui, né io avevamo alcuna prova. Credo che nessuna persona
accorta accetti questo genere di fenomeni senza una buona dose di prove o
motivi. - Come avvenne esattamente quello che Conchita riassume nel suo diario?
- Ecco. Alla fine del pomeriggio, ci ritrovammo ai Pini. Loli e Jacinta erano in
estasi. Non erano circondate da molti curiosi, così potei stare molto vicino a
loro. Le sentii perfettamente parlare con la Madonna a voce bassa, quasi in
sordina (caratteristica tipica del loro modo di parlare in estasi), ma non colsi
tutto, solo delle frasi sconnesse. Dopo otto o dieci minuti, ebbi l'idea che
potesse trattarsi di un caso di ipnotismo. Guardai attentamente i presenti, per
scoprire la possibile causa dell'ipnotismo. Osservai Don Valentin, Ceferino,
Julia, gli altri... Tutti i volti riflettevano un'espressione di ammirata
sorpresa, che allontanava ogni ipotesi di un loro intervento come agenti
ipnotici. Sembravano più disposti a essere essi stessi ipnotizzati che a
influenzare qualcuno in tal senso. Prima di allora avevo gia visto le bambine
entrare e uscire dall'estasi, ma sempre tutte e due contemporaneamente, come se
avessero un' anima sola. Mi venne improvvisamente in mente un'idea che mi parve
interessante come prova di veridicità e dissi mentalmente: "Se questo è vero,
che una delle ragazze torni in sé, mentre l'altra rimanga in estasi". Nello
stesso istante, Loli, che era più vicina, si voltò verso di me e mi guardò
sorridendo... Come se niente fosse successo, le chiesi: "Ma tu non vedi più la
Madonna?" "No, signore". "E perché?" "Perché se ne è andata". "Andata? Guarda
Jacinta!..." Loli la guardò: il suo viso si illuminò di un enorme sorriso, era
la prima volta che vedeva una compagna in estasi mentre lei non lo era. Allora
le chiesi: "Cosa ti ha detto la Vergine?" Aprì la bocca per rispondermi quando
di nuovo entrò in estasi. Mi avvicinai molto a lei e potei sentire Jacinta:
"Loli, perché te ne sei andata?" Ma Loli parlava di nuovo con l'Apparizione e Le
diceva: "Perché te ne sei andata?... Ah, è per questo? perché lui creda?" Mi
voltai verso mio fratello Luis e gli dissi: "Fa' molta attenzione a quello che
pensi, perché qui la trasmissione del pensiero è folgorante!" - E lei, padre, ha
creduto in quel momento? - Quello che era successo mi aveva colpito molto e mi
faceva pensare che non si trattasse affatto di una commedia. Ma da questo al
credere seriamente, senza riserve, vi è una distanza che non si colma così
facilmente. Una cosa resta tuttavia certa, se mi rifaccio all'insieme dei fatti
ai quali ho assistito (con uno scetticismo talvolta eccessivo, lo confesso):
posso qui di nuovo affermare che non si trattava di commedia o simulazione da
parte delle bambine»". Così, quel 29 luglio, a dispetto del loro scetticismo
d'altra parte rapidamente scosso, entrarono nella storia di Garabandal due
fratelli, sacerdoti e religiosi, che sarebbero stati fortemente implicati, in
seguito, nello svolgersi degli eventi.
Capitolo Terzo
UN
AGOSTO FUORI SERIE
«Santa Maria, Madre di Dio e Madre nostra... »
Il
mese cominciò con un fatto che sembrò allora senza grande importanza, ma che in
seguito si rivelò una chiave per comprendere i misteri di Garabandal. Il primo
del mese era un martedì, giorno che sembra avere un legame particolare con i
Pini. Le bambine ebbero lassù estasi in tre ore diverse della giornata: a metà
mattina, a mezzogiorno, a metà pomeriggio. Durante l'estasi di mezzogiorno, ora
dell'Angelus, si sentirono distintamente le piccole che recitavano l'Ave Maria
apporvi una modifica preziosa: «Santa Maria, Madre di Dio e Madre nostra».
Possiamo segnalare senza dubbio questo momento come uno dei più
significativi per Garabandal. Da parte mia, non ho nessun dubbio: questa
«Epifania mariana», così abbondante e così ricca, si riassume in questo
«Madre nostra» delle bambine nella loro preghiera estatica. Occorre
leggervi un riassunto delle manifestazioni di Maria a Garabandal, nel suo
preciso desiderio di essere capita e considerata prima di tutto come nostra
«Madre». Le bambine che ogni giorno sperimentavano (e in che modo!) le
attenzioni di Maria che si protende maternamente verso di noi, dovettero, dopo
questa aggiunta spontanea alla più popolare preghiera mariana, comprendere
sicuramente meglio il perché di quei misteriosi eventi. Il giorno 3 avvenne per
la prima volta il fenomeno delle «cadute estatiche». A fine pomeriggio,
Conchita tornava al paese, dopo aver terminato il penoso allontanamento a
Santander. L'indomani, 4 agosto, il magnetofono, divenuto oggi così corrente e
familiare, ma che suscitava allora molta curiosità, entrò nella storia di
Garabandal. Una persona di Salamanca ne aveva portato uno. Registrò - sembra -
una breve frase pronunciata dalla voce dolcissima di Colei che conversava con
Loli in estasi. La notizia si sparse nel villaggio come sensazionale: «Hanno
registrato la voce della Madonna su un apparecchio». Alla fine della giornata,
Conchita, che non era stata in estasi con le altre, ricevette un messaggio della
Vergine riguardo a ciò che sarebbe dovuto accadere in seguito e che costituì uno
dei fenomeni più sconcertanti di Garabandal. La ragazza ne parlò così in quella
notte del 4 agosto a sua madre e sua zia (Massimina): «La Madonna mi ha detto
che verrà un tempo in cui noi stesse giungeremo a negare di averLa vista,
poiché noi dubitiamo di tutto... E quasi tutti dubiteranno». In quei primi
giorni d'agosto, le marce estatiche si fecero quotidiane. Era sempre uno
spettacolo affascinante e improntato a una grande devozione. Il 5 agosto, per
esempio, alle due del pomeriggio, Loli, Conchita e Jacinta andarono oltre i
Pini. Là si inginocchiarono e poco dopo chiesero: «Ci andiamo? Dove? In
chiesa?» Intrapresero allora la discesa dai Pini a una velocità sorprendente,
con la testa sempre completamente rivolta verso l'alto, senza temere né
ostacoli, né di scivolare... In chiesa, andarono dapprima davanti all'altare
maggiore, poi verso quello dell'Immacolata dove recitarono il rosario. Il tutto
durò circa un'ora e mezzo. Durante le diverse estasi di quel giorno (ve ne
furono parecchie) si notò Conchita piangere frequentemente e chiedere
insistentemente perdono per essere andata alla spiaggia, al cinema, ecc...
durante il soggiorno a Santander.
Una
giornata straordinaria
Fu
senza dubbio quella dell'8 agosto, martedì. Quel giorno, molte auto arrivarono
al paese, e tra queste una jeep che veniva da Aguilar de Campo (in provincia di
Palencia) e che portava il Padre Luis Maria Andréu. Il celebre predicatore e
teologo domenicano Padre Antonio Royo Marin, si trovava anch'egli a Garabandal.
Nel corso della mattinata, Padre Luis celebrò nella chiesa parrocchiale una
messa piena di un fervore tutto speciale, che fu notata da coloro che vi
assistevano. Poco dopo mezzogiorno, cominciarono le estasi delle bambine...
Padre Luis le seguiva da vicino, osservando con rigorosa attenzione e prendendo
nota di ogni dettaglio: movimenti delle veggenti, espressioni, gesti, parole...
L'estasi più notevole cominciò dopo le nove di sera. Le quattro ragazze riunite
in chiesa per la preghiera caddero in estasi davanti all'altare maggiore.
Trascorsa una mezz'ora, si alzarono e uscirono in cammino estatico, fermandosi
a pregare nei luoghi dove già avevano avuto altre estasi. (La gente le seguiva
in silenzio o le accompagnava nelle preghiere in preda a una forte emozione).
Quando sembrava che tutto dovesse aver termine entro i limiti del paese, si
lanciarono all'improvviso verso i Pini in un'ascesa che tutti i testimoni hanno
definito impressionante. Giunte in cima, si inginocchiarono, in conversazione
con la loro Visione... Poi, mandando baci nella Sua direzione, cantarono un
inno a San Michele. All'improvviso, Padre Luis, anch'egli rapito, trasportato,
pronunciò con voce lenta e vibrante d'emozione: «Miracolo! Miracolo!
Miracolo! Miracolo!» Non solamente la folla, ma anche le veggenti in estasi
poterono vedere Padre Luis anch'egli in estasi. Fu la sola ed unica volta che
una persona diversa da loro entrò nel loro campo di visione. Conchita annoterà
sul suo diario: «Padre Luis gridò: "Miracolo! Miracolo!" e restò con lo
sguardo rivolto al cielo. Noi lo vedevamo, e durante le nostre estasi non
vedevamo mai nessuno all'infuori della Vergine. Questa ci disse che anche lui
La vedeva e che vedeva il Miracolo». Non si trattava di un miracolo,
ma del miracolo; di quella meraviglia senza pari che era stata
ripetutamente annunciata dalle veggenti a coronamento della manifestazione
salvifica della misericordia di Dio nei luoghi di Garabandal. Padre Luis Maria
Andréu, quella notte privilegiata, poté contemplare in anticipo, e per un
esclusivo favore della Madonna, ciò che né le veggenti stesse né nessun altro
hanno potuto vedere ancora. Alcuni giorni più tardi, le bambine dissero al Padre
Ramon Maria Andréu «che avevano visto suo fratello, inginocchiato accanto a
loro, con la fronte imperlata di sudore mentre la Vergine lo guardava, lo
guardava... Sembrava gli dicesse: “Tra poco sarai con Me”». Tutto questo
accadeva verso le dieci di sera. Padre Luis ritornò in sé e faticò nel
riprendere contatto col mondo esterno. Le bambine, dal canto loro, restarono in
estasi e intrapresero la discesa a un'andatura così veloce che Padre Royo
Marin ebbe a dire: «Sembrava che avessero le ali ai piedi». Tutto terminò in
chiesa. Naturalmente i commenti si moltiplicarono. Quella che colpì di più fu
la frase di Padre Royo Marin: «Io non sono infallibile, ma, in quanto
specialista di questi casi, penso che le visioni delle bambine siano vere. Ho
potuto annoverare in favore della loro autenticità quattro segni che, secondo
me, non possono trarre in inganno». Padre Luis era d'abitudine poco loquace.
Allorché le persone del suo gruppo - giunte da Aguilar de Campo in mattinata -
si furono radunate a Cossio per riprendere il cammino del ritorno quella sera
stessa, egli disse al parroco Don Valentin: «Don Valentin, ciò che dicono le
ragazze è vero, ma non riferisca quello che le sto confidando. La Chiesa deve
agire con prudenza in questo genere di cose». Padre Luis aveva preso posto nell'
auto del signor Fontaneda (D. Rafael, figlio). Ecco la testimonianza di
quest'ultimo: «Mia moglie ed io, così come il signor José Salceda (il
conducente accanto al quale era salito padre Luis), restammo impressionati dalla
gioia profonda e intensa del padre e dalla sua convinzione. Parlava senza
fretta e continuava a ripetere: "Come sono felice! Come sono pieno di gioia! Che
regalo mi ha fatto la Santa Vergine! Ora non posso avere il minimo dubbio sulla
verità di ciò che succede alle piccole... Che fortuna avere una tale Madre in
cielo! Non dobbiamo temere la vita dell'aldilà, ma imparare a comportarci come
fanno le bambine con la Madonna... Perché la Vergine ha scelto noi? Oggi e'
il giorno più felice della mia vita..."» Tanta felicità l'avrebbe ucciso. In
quella stessa notte, dopo le quattro del mattino, mentre la piccola carovana
entrava a Reinosa, egli dormiva tranquillamente nell'auto che lo trasportava e
non si sarebbe più svegliato. La spiegazione di quella morte improvvisa non si
trova forse nell'episodio dell'Esodo (cap. 33,18-20): i nostri occhi non possono
ancora contemplare certe meraviglie dell'aldilà? Così, Padre Luis Maria Andréu,
morto a trentasei anni dopo ciò che gli fu concesso di contemplare a Garabandal,
diventa il primo martire di questa causa, il suo primo testimone irrecusabile.
Notti indimenticabili
L'agosto del 1961 fu caratterizzato da «veglie» che possiamo definire insolite e
confortanti. Furono in generale molto movimentate: le piccole in estasi si
spostavano da un punto all'altro del paesello e dei dintorni, sempre
accompagnate da un gruppo di persone che prendeva parte ai loro canti e alle
loro preghiere. Tra le più importanti, quella che inaugurò la festa
dell'Assunzione della Vergine, il 15 agosto di quell'anno di grazia 1961. «Alle
2 e 45 del mattino», narra il testimone oculare Padre Ramon Maria Andréu,
«Conchita, Loli e Jacinta intrapresero una nuova marcia estatica che durò fino
alle 5. Mari-Cruz, non essendo stata chiamata, era andata a dormire. La marcia
estatica cominciò verso le 3 dalla casa di Conchita. Le tre bambine
manifestavano una grande gioia, e chiesero alla Vergine che l'estasi durasse
fino alle 7 del mattino. In realtà, durò quasi due ore e mezza. Camminarono
tutto il tempo, tranne i pochi momenti in cui si fermarono davanti alla porta
di Mari-Cruz, per cantarle qualche strofa, e in chiesa, per pregare. L'andatura
non era molto veloce ma costante: camminavano quasi sempre in avanti, raramente
all'indietro. Tutta l'estasi fu pervasa da tripudio. Recitavano il rosario con
esultanza (cantavano molte delle loro Ave Maria), sorridevano e a volte ridevano
apertamente o parlavano con l'Apparizione... Era molto difficile coglierne le
parole, poiché camminavano, ma ad un certo punto le sentimmo dire: "Che gioia!
Ma dicci dov'è la casa di Mari-Cruz, poiché noi non la vediamo!" Cominciò allora
un va e vieni alla ricerca della casa di Mari-Cruz, al canto di strofe o
cantici... E ogni volta che avevano cantato una strofa nuova, dicevano
ridendo: "Come l'abbiamo imparata in fretta!" Si diressero infine verso la
chiesa e domandarono ancora alla Vergine di continuare così fino alle sette, le
otto o anche le nove. Tuttavia, tutto terminò alle cinque del mattino. Mi
spiegarono in seguito: "Ci sembrava di volteggiare nell'aria, come se fossimo
capovolte. Credevamo di essere in un altro mondo, in pieno giorno, con il sole".
(Dovettero stupirsi di ritrovarsi all'alba quando tornarono in sé). Quando
tutto fu terminato, il loro polso era normale, erano riposate, non sudavano.
Noi eravamo stanchissimi e madidi di sudore». Questo breve resoconto della
singolare veglia dell'Assunzione ci dà un'idea di quelle che furono le altre
veglie che santificarono le notti di Garabandal in quell'estate indimenticabile.
La veglia che occupò tutta la notte dal 19 al 20 agosto mi sembra degna di
speciale menzione. Conchita ne parla nel suo diario: «Come la Vergine ci
aveva promesso, venne l'indomani e ci disse, come il giorno precedente: recitate
il rosario. E abbiamo cominciato. Poi siamo andate nei luoghi dove la Santa
Vergine ci era apparsa altre volte. La gente ci disse dopo l'estasi che eravamo
salite verso i Pini, che eravamo andate da un albero all'altro, in ginocchio,
pregando... Siccome Mari-Cruz aveva già avuto un'apparizione, era andata a
dormire. Chiedemmo alla Madonna di insegnarci qualche strofa per andare a
cantarla davanti alla casa di Mari-Cruz. Noi trovavamo una parola e la Vergine
ci aiutava a trovarne un'altra. Quella notte, la Vergine restò con noi dalle 9
di sera alle 7 del mattino». Dopo tali veglie, le ragazze avrebbero dovuto
sentirsi sfiancate, distrutte. Al contrario. Distrutto e sfiancato era solo chi
le aveva accompagnate; loro no; e su questo le testimonianze sono unanimi. Nel
corso di quella notte, si verificò un nuovo fenomeno, fonte di grande stupore e
di molti interrogativi. «Quella notte - scrive Conchita - abbiamo
giocato a nascondino con la Vergine. Due di noi si nascondevano, le altre due la
cercavano». (Su questo episodio rimando alla mia opera più volte citata).
Non c'è comunque ombra di dubbio: le notti di quell'estate a Garabandal furono
davvero accattivanti, assolutamente insolite. Si riusciva appena a dormire;
molti, specialmente i forestieri, su cui non pesava la responsabilità delle
occupazioni quotidiane, approfittavano di qualche momento della giornata,
soprattutto dell'ora della siesta, per recuperare un po’ … La lunga veglia
passava senza che ce ne se rendesse conto: o in animate riunioni in attesa delle
apparizioni, o, quando queste si producevano, prendendo parte ai canti e alle
preghiere delle bambine, o ancora, successivamente, commentando a piccoli gruppi
i dettagli più salienti delle estasi e delle marce. Coloro che ebbero il
privilegio di vivere quelle ore le ricorderanno tra le più gustose e
indimenticabili della loro vita.
Comunicazione con l'aldilà
Non
so se si sia mai verificata una corrente di comunicazione tra il Cielo e la
terra così continua, così attraente, così stimolante come quella che si produsse
a Garabandal in quei mesi di agosto e settembre 1961... Dalla terra: preghiere,
richieste, confidenze, messaggi, attese gioiose o angosciate; dal Cielo:
risposte, segni, avvertimenti, insegnamenti... Quella intercomunicazione fu
davvero esaltante in alcune occasioni. Il 16 agosto, per esempio, le piccole in
estasi ebbero un colloquio con il Padre Luis Maria Andréu deceduto una
settimana prima. Conchita testimonia nel suo diario: «La Vergine ci apparve
molto sorridente e ci disse: "Ora Padre Luis verrà a parlarvi". Poco dopo venne
e ci chiamò una per una. Noi non lo vedevamo, sentivamo soltanto la sua voce,
esattamente la stessa di quand'era sulla terra. Dopo averci parlato per un po',
dandoci dei consigli... ci disse qualcosa per suo fratello, Padre Ramon. Ci
insegnò delle parole francesi, a pregare in greco (l'Ave Maria)... e anche
parole tedesche e inglesi...» Da Padre Ramon abbiamo un resoconto più
dettagliato. Non è inutile riferirsi alla sua relazione poiché egli era presente
e molto vicino alle bambine durante la lunga estasi. Successe in chiesa: il
Padre prese in fretta un quaderno per annotare ciò che riusciva a carpire del
misterioso dialogo: «- Uh, che voce! Non conosco questa voce (le bambine
erano abituate solo alle voci della Vergine e dell'Angelo)... Dicci chi sei.
Ah! Sei Andréu...
Si'
è
la tua voce: ma ora è più dolce... Vogliamo vederti. Perché non ti
vediamo? Dicci cosa hai visto ai Pini quando hai detto: Miracolo! Miracolo!
Miracolo! Miracolo!... Ah! E il ramo dell'albero che sta in mezzo? Andrò a
guardare e prenderò un po' di corteccia... - Quanto devi essere felice adesso!
Noi sappiamo quali sono state le ultime parole che hai pronunciato:... che era
il giorno più felice della tua vita. (Ci fu un lungo silenzio durante il
quale sembravano ascoltare con grande attenzione)». Il dialogo fu lungo... e al
Padre Royo Marin sembrò una «assoluta meraviglia». Nel corso della
conversazione, le veggenti, sempre in estasi, caddero e si rialzarono tre
volte. Tutto finì con una preghiera davanti al Santissimo. L'indomani ci fu un
episodio anch'esso molto singolare e impressionante. Conchita ne prese nota sul
suo diario: «Alla stessa ora del giorno prima (vale a dire al calar della
notte), la Vergine apparve a noi quattro e ci sorrise per qualche istante ma
senza dirci niente. Dopo pochi minuti ci trovammo nel buio più assoluto.
Una voce ci chiamava. Mari-Cruz le chiese: "Dicci chi sei... altrimenti ce ne
torniamo a casa". La voce si fece udire ancora; e finché la udivamo eravamo in
pieno buio e non vedevamo la Vergine; non appena la voce cessò, la Vergine tornò
e tutto ridivenne luminoso. Ella ci disse: "Non abbiate paura", e ci parlò per
qualche istante. Fu quella la sera in cui ci baciò per la prima volta, l'una
dopo l'altra, poi partì». Quella voce strana non si fece udire solo quel
giorno. Fu in quel periodo che salì per la prima volta a Garabandal una donna
che doveva diventare una delle principali testimoni degli eventi: la signora
Maria Herrero de Gallardo. In compagnia di una delle sue sorelle, giunse il 17
agosto alle due del pomeriggio. Poco dopo, poté contemplare due delle bambine in
estasi, Jacinta e Loli. «Le due bambine, inondate di felicità, strette l'una
all'altra, cominciarono a fare il giro del paese... Fu allora che sentii per la
prima volta il riso di Loli in estasi, quello che mi ha sempre emozionata
tanto: era un ridere di gloria pieno di felicità ma per nulla chiassoso,
tranquillo, mistico. Era un ridere estraneo al nostro mondo, staccato dalle
gioie terrestri, come penetrato da una vibrazione celeste. Le due ragazze
ascoltavano attentamente e rispondevano alla loro Visione con una voce
misteriosa, appena udibile. Noi le seguivamo correndo, quando la loro
espressione cambiò totalmente: si misero a urlare con voci rauche, come in
preda a uno sconvolgimento interiore e a un'intensa paura. "Chi sei?... Diccelo.
Chi sei?" Restarono così per alcuni minuti che ci sembrarono interminabili. Fu
allora che Maria, la madre di Jacinta, mi disse in via confidenziale: "Hanno
sentito ieri per la prima volta questa voce strana. Ne hanno avuto molta paura,
benché la Vergine le avesse avvertite in anticipo... E come una voce che viene
da lontano, come se scendesse dalle montagne, come un fischio, un muggito che
urla: Va'... Va'... Va"' » (dall'informativa che la signora Herrero redasse poi
per il Sant'Uffizio di Roma). Non siamo ancora in grado di chiarire il mistero
di questa voce. Durante il mese di agosto proseguirono quasi ogni giorno le
estasi delle bambine e le marce estatiche. La loro andatura era ritmata, animata
da una forza straordinaria. Don Valentin, il parroco, ne prese nota durante la
notte del giorno 5: «Alle 9 e 30 di sera aspettavo le veggenti sotto il portale
della chiesa. Non appena arrivarono, volli fermarle, ma non ne fui capace. La
forza che dispiegavano nel loro cammino era considerevole: se si voleva
trattenerle non ci si riusciva, oppure risultava estremamente difficile». Le
frasi seguenti sono della signora Herrero de Gallardo: «Ebbi quel giorno la
fortuna di poter contemplare a lungo l'impressionante ingresso delle quattro
bambine all'interno della chiesa. Entrarono lentamente, con passo regolare, a
scatti e graduale, come per una parata militare, ciò che lo rendeva stranamente
sonoro nel silenzio e nella penombra del luogo santo. Dava un'impressione di
forza irresistibile, al punto che Loli (che sembrava allora la più fragile),
urtando appena, passando, il braccio di una nostra amica di buona costituzione
fisica, la fece cadere a terra. Credo che tutti i presenti restarono colpiti da
un salutare timore. Da parte mia confesso di avere allora sentito appieno quello
che dovrebbe essere il santo timore di Dio... Mi ricordai allora del brano
delle Scritture che la Chiesa attribuisce alla Santa Vergine: "Sei bella e
affascinante, Figlia di Gerusalemme, ma terribile come un esercito schierato in
battaglia"». Conchita scrive nel suo diario che la Madonna manifestò con forza,
in quei giorni, il suo desiderio di portare le bambine a pregare come si
deve, con attenzione e devozione. Disse loro venerdì 18 agosto: «Io vi
precederò nella preghiera, voi mi seguirete». E, assicura la giovane,
«pregò molto lentamente», mentre le bambine la seguivano sforzandosi di
imitarne il modo, il tono e la pronuncia. L'esercizio verteva sulla recita del
rosario. «Tutto era pronunciato molto adagio». Alla fine, la Vergine chiese
loro di cantare la Salve Regina. Credo che dobbiamo porre molta attenzione a
queste frasi: «Pregò molto lentamente» e «Tutto era pronunciato molto adagio».
Abbiamo bisogno di imparare questa lezione.
Comportamento dei membri della Commissione
Il
12 agosto del 1961, un certo numero di membri di quella Commissione che si
diceva nominata dal Vescovo (o piuttosto dall'Amministratore apostolico), Don
Doroteo Fernandez, arrivò a Garabandal con l'incarico di studiare gli strani
fenomeni che avvenivano nel paese. La componevano due o tre sacerdoti e un
medico, accompagnati da un fotografo. Mi sembra che il loro comportamento nel
corso di quella serata non possa assolutamente presentarsi come emblematico per
questo tipo di commissione, sia per quel che riguarda l'osservazione dei fatti,
sia quanto a imparzialità, sia quanto a misura di gesti e atteggiamenti. Le
testimonianze a questo riguardo sono contundenti; specialmente quella del
titolare di una parrocchia asturiana, Don José Ramon Garcia de la Riva, che
seguiva in quel giorno gli avvenimenti con grande attenzione. Durante la marcia
estatica delle bambine lungo le viuzze del paese, i componenti della
Commissione, riuniti nella piccola sacrestia, parlavano e discutevano a voce
quasi alta. Don José Ramon Garcia, rimasto in preghiera presso l'altare
maggiore per chiedere a Dio di concedere la Sua luce al Vescovo e a tutti coloro
che avevano l'incarico di quello studio (non sapeva di averli così vicini) poté
quindi, suo malgrado, udire quello che dicevano. «Sentii distintamente queste
parole: chiuderemo la chiesa al culto; manderemo in vacanza Don Valentin (il
sacerdote incaricato di Garabandal) per un mese; daremo ordine al padre gesuita
(Ramon Maria Andréu) di andarsene; impediremo ai sacerdoti di salire fin qui; e
se tutto ciò che sta accadendo qui è da Dio, farà la sua strada». Frase
brillante, quest'ultima, in bocca a dei teologi! Come se fosse nei modi d'agire
di Dio imporsi ad ogni costo alle sue creature dotate di libero arbitrio! Dio
può aprirsi la strada nonostante tutti gli ostacoli frapposti dagli uomini, ma
può anche talvolta abbandonare certi progetti di misericordia per la durezza di
cuore di questi stessi uomini. In ogni caso, guai a coloro che, chiamati a
collaborare a questi progetti divini con la migliore disposizione di mente e
spirito, si oppongono di fatto ai Suoi disegni, troppo legati come sono a
vedute, istituzioni e criteri puramente umani. A partire dalla sera del 23
agosto 1961, l'umile chiesa di San Sebastian de Garabandal cessò di essere
teatro delle estasi delle bambine. Giunse infatti una Nota del Vescovo che
prescriveva che la chiesa dovesse restare chiusa alle bambine quando fossero in
stato di estasi. Fu Don José Ramon, rimasto al paese come supplente occasionale
di Don Valentin, a doversi piegare a questa ingiunzione. Le bambine si
mostrarono stupite, ma accettarono docilmente: «Posso testimoniare - affermò il
sacerdote asturiano - che a partire da quel giorno le bambine non tornarono più
in chiesa quand'erano in estasi: si limitavano a farne il giro esterno con chi
le accompagnava, recitando il rosario o cantando la Salve Regina. Le comunioni
estatiche dalle mani dell'Angelo non avvennero più all'interno del luogo sacro,
ma talvolta sotto il portico». Alcuni giorni dopo, il 26 agosto 1961, fu resa
pubblica la prima «Nota episcopale» firmata dall'Amministratore apostolico Don
Doroteo Fernandez, il quale, basandosi sul rapporto della Commissione,
avanzava questa affermazione: «Nulla finora ci obbliga a riconoscere il
carattere soprannaturale dei fatti avvenuti in questa località»; e condizionava
«il giudizio definitivo, ai fatti che si sarebbero prodotti in futuro». Non
sarebbe stato più opportuno evitare giudizi provvisori e attendere che
una questione così complessa, ed evidentemente ancora in pieno sviluppo,
giungesse ad un «esito» che avrebbe permesso un chiarimento globale? Prendere
così rapidamente posizione, pro o contro, anche in modo sospensivo,
predisponeva l'Autorità a restare sulla propria posizione per non doversi
smentire in seguito. La nota episcopale si faceva inoltre carico della volontà
della Commissione di mantenere nel loro isolamento i fatti di Garabandal.
quindi né sacerdoti, né religiosi, né semplici fedeli erano autorizzati a
recarsi al villaggio. Tuttavia, non diminuì l'afflusso dei visitatori, fra cui
continuavano ad esserci sacerdoti, molti dei quali provenienti da altre
diocesi. Per rivivere l'atmosfera che regnava nelle ultime settimane di
quell'estate del '61, ecco alcuni episodi significativi. 29 agosto: Conchita
cadde in estasi alle 11 e la si sentì chiedere: «Tutti i sacerdoti sono buoni?»
Alcuni istanti dopo fece un gesto di stupore. Don Valentin le chiese poi cosa
significasse quel gesto: la bambina rispose che non poteva dirlo. Ma alla fine
dovette cedere e dichiarare che la Vergine le aveva detto che,
sfortunatamente, «non tutti i sacerdoti erano buoni». Per comprendere la
reazione incredula della veggente, dobbiamo pensare alla grande considerazione
in cui, a Garabandal, piccoli e grandi tenevano i sacerdoti e a maggior ragione
i vescovi... L'indomani Conchita uscì in estasi da casa sua alle 12 e 10, fece
un giro per le vie del paese e, giunta accanto alla porta della chiesa, esclamò
(come udì lo stesso Don Valentin): «Ah! Credevo che tutti i gesuiti fossero
buoni!» Il suo giudizio si era basato, ovviamente, sui due religiosi che
avevano avuto a che fare con lei: i fratelli Andréu. Possiamo supporre che la
Madonna, rispondendo alle bambine abbastanza accorata, volesse avvertirle per
tempo delle sgradevoli esperienze che avrebbero presto vissuto. Voleva
prepararle (solo esse?) a quella difficile situazione, la crisi del sacerdozio,
che non avrebbe tardato a scoppiare, con gravi conseguenze per tutto il popolo
cristiano. In quei giorni era raro che le quattro bambine andassero in estasi
simultaneamente, ma esisteva sempre uno strano legame tra loro, tra quelle in
estasi e quelle rimaste fuori. Così, nel corso di molte visioni di Loli e
Jacinta, Don Valentin si avvalse di Conchita - che era presente in stato normale
- per porre loro delle domande. Ma, notò il parroco, «se Conchita le
interpellava a voce, le piccole in estasi non sentivano: era necessario porre le
domande mentalmente, allora rispondevano. Questo avvenne più di una volta». Ma
la Vergine non veniva solo per le veggenti. Veniva anche per molti altri: per
tutte le anime di buona volontà. Ella diede numerose, misteriose e
misericordiose risposte a tante domande angosciose ed intime. Quante
testimonianze di innumerevoli grazie ricevute potrebbero essere raccolte!
Furono quelli i veri e più grandi miracoli di Garabandal. Quotidianamente veniva
irradiata pace, consolazione, coraggio, fiducia nei cuori di molte persone; e
proprio tramite quelle estasi frequenti, inesplicabili per alcuni, da altri
considerate assurde, da altri infine disdegnate come un «gioco» infantile che
non poteva provenire dal Cielo, coloro che «cercavano Dio con semplicità di
cuore» (Sap 1, 1), coloro che avevano fede e desideravano da Lui qualche cenno,
ricevettero meraviglioso conforto. Si potrebbe compilare un'antologia di casi,
benché molti di essi, forse la maggior parte, resteranno sconosciuti. Ricordo
qui uno di essi, di cui parlò spesso Padre Ramon Maria Andréu che ne fu
testimone. Era l'inizio del settembre 1961. Un povero sacerdote, tormentato da
molto tempo circa la realtà e la validità della sua ordinazione sacerdotale,
giunse a Garabandal vestito in tenuta tutt'altro che sacerdotale. Si mescolò
agli astanti, chiedendo alla Santa Vergine, con le lacrime agli occhi, di
concedergli attraverso le ragazze una risposta inequivocabile alle angoscianti
perplessità che nutriva nei confronti della propria vocazione. La risposta venne
talmente chiara, che il penoso fardello dei suoi scrupoli sparì totalmente e
all'istante... Il povero prete corse in chiesa, si rifugiò in sacrestia, tirò
fuori da una borsa la tonaca e la indossò più emozionato che mai. Cadde poi in
ginocchio davanti al tabernacolo riuscendo a malapena a balbettare davanti al
Signore e alla Vergine tutta l'emozione e la riconoscenza che provava.
Il
caso di una giovane ebrea
Alla
fine di quell'estate del 1961 accadde un fatto che, più di ogni altro, mette in
evidenza l'azione «di salvezza» realizzata dalla Madonna a Garabandal. Domenica
27 agosto arrivarono per la prima volta a Garabandal una signorina di Burgos,
Asuncion de Luis, e una più giovane studentessa francese, Muriel Catherine C.,
che Asuncion ospitava provvisoriamente a casa sua. La giovane di Burgos era una
cattolica fervente e una grande devota della Vergine: a ragazza francese non
professava alcuna religione, poiché né suo padre ebreo, né sua madre protestante
si erano presi cura di insegnarle ciò che essi stessi non vivevano né
praticavano. L'indomani, lunedì 28 agosto, le due ragazze furono ammesse in casa
di Jacinta, che si trovava in cucina con i suoi genitori insieme a Mari-Loli e
i suoi; era presente anche Don Valentin, tutti in attesa dell'Apparizione,
poiché le ragazze erano già state chiamate. Asuncion de Luis spiegò brevemente
alle ragazze la situazione della sua compagna, chiedendo loro di intercedere
per lei presso la Vergine. E consegnò loro il suo rosario d'argento perché lo
facessero baciare dalla Madonna. Poco dopo ci fu l'estasi. Le persone presenti
sentirono ciò che le due bambine dicevano alla loro Visione, con il tono
caratteristico delle estasi, simile a leggero mormorio: era venuto «un Padre
a dir loro che ciò che vedevano era opera del demonio, e che per questo
dovevano usare l'acqua benedetta, perché scomparisse». Alla risposta della
Vergine, il loro viso, finora contratto, s'illuminò di un sorriso meraviglioso.
Cominciarono allora a parlare di Catherine: «Guarda, non è cattolica... Non è
neanche battezzata: su, aiutala, aiutala!... Ah! E a causa di suo padre... »
Venne poi la presentazione degli oggetti religiosi per il bacio
dell'Apparizione. Quando fu il turno del rosario d'argento di Asuncion, si
udì: «Ah! Lei (Catherine) ha imparato a pregare con questo rosario. E’
con questo che ha recitato le sue prime Ave Maria?» E, una dopo l'altra, le
due bambine presentarono il rosario da baciare alla Vergine, mentre ripetevano,
come sotto la spinta di una viva impressione: «Quello delle sue prime Ave
Maria... delle sue prime Ave Maria!» Quando tutti gli oggetti furono
baciati dalla Vergine, le ragazzine chiesero: «Adesso? - Bene». Loli
prese il flaconcino di acqua benedetta, preparata per scongiurare l'eventuale
presenza diabolica, tolse il tappo e ne gettò con forza il contenuto in aria...
«Allora - testimonia Asuncion de Luis - potemmo constatare tutti che l'acqua non
cadde dove avrebbe dovuto ma, eseguendo una misteriosa traiettoria, ricadde
tutta e soltanto su Catherine, al punto che ella esclamò: "Mi ha inzuppata!"
(pur essendo la quantità d'acqua molto esigua)». Lì per lì, nessuno poté
cogliere il motivo di questo mistero, ma un giorno si sarebbe chiarito. La
giovane ebrea francese, Muriel Catherine, nonostante fosse intimamente propensa
alla fede cattolica, non poteva ancora farne apertamente la professione. Era
ancora minorenne e per alcuni mesi dovette combattere con l'incomprensione e
l'opposizione dei suoi genitori, disposti a concederle tutto, tranne che
entrare nella odiata Chiesa di Roma: sarebbe stato un affronto per la famiglia.
Ma nel 1963 poté tornare in Spagna e inspiegabilmente ottenere il permesso di
soggiorno temporaneamente a Burgos, dove aveva trovato un lavoro... Il 20
ottobre ricevette solennemente il battesimo nella grandiosa cattedrale. Le
veggenti non avevano pregato invano per lei presso la Vergine. Più volte
durante la visione avevano ripetuto: «Ah! Allora a 21 anni, quando sarà
maggiorenne». Così, raggiunta la maggiore età, Muriel Catherine entrò a
pieno titolo nella famiglia dei figli di Dio, scegliendo il nome
franco-spagnolo così cristiano di Maria del Carmelo Catherine. Non potrebbe
questa storia intitolarsi «Dall'acqua di Garabandal all'acqua del Battesimo»?
Inoltre, non ci sarà un particolare significato profetico nascosto in questo
duplice evento? La Madonna si presenta a Garabandal come Beata Vergine del Monte
Carmelo, nome legato a Israele, e la prima persona non cattolica che attira alla
fede è proprio una figlia del popolo di Israele.
Notti di grazia
Sono mai state vissute notti così ricche di avvenimenti come quelle di
Garabandal in quel periodo? Tutto il tempo veniva trascorso o a seguire le
piccole in estasi pregando con loro, o in riunioni domestiche a commentare gli
eventi. Possiamo avere un'idea di queste notti grazie a questo breve racconto
di una testimone, Maria Herrero de Gallardo. «Il 12 settembre 1961, verso le 8
di sera, al calar dell'oscurità, le bambine in estasi attraversarono il paese e
presero il sentiero che scende a Cossio. Credo che fu quella l'unica volta che
le vidi incamminarsi verso quella direzione. Era la festa del Santissimo Nome di
Maria, di conseguenza la mia, ma innanzi tutto quella di Colei che, come
nessuno, ha reso glorioso quel nome. Avevo chiesto a Conchita di porgere gli
auguri alla Vergine da parte mia... All'improvviso le quattro bambine si misero
a camminare velocissime: era impossibile seguirle... Fortunatamente, poco dopo
si fermarono, poi continuarono accompagnate dagli astanti, pregando ad alta
voce. Giunte al piccolo ponte di legno che sovrasta il burrone in fondo al quale
scorreva a cascata il torrente, si fermarono di nuovo e, voltate verso i Pini,
proseguirono le loro preghiere. Sotto il cielo terso, costellato di stelle,
nella notte chiara e trasparente, le Ave Maria si sgranavano lentamente,
struggenti di infinita dolcezza. I quindici misteri del rosario si succedettero
così senza fretta; le bambine era abituate a pregare con grande calma quando
erano in estasi... Tutto invitava alla meditazione. Capì allora più chiaramente
perché Conchita chiamasse il "Cuadro" il suo "piccolo spicchio di Cielo".
Trovai anch'io, in quella notte, il mio piccolo angolo di Cielo nel corso di
quella preghiera, nel silenzio e nel raccoglimento». Le conversazioni si
alternavano alle preghiere. Ascoltiamo di nuovo la stessa testimone: «Una sera
dopo l'apparizione, mi ritrovai sola con Conchita nella sua cucina. Approfittai
dell'occasione per dirle: "Conchita, parlami della Vergine" (nessuna delle
bambine parlava spontaneamente delle visioni: sapevano mantenere il segreto).
"Cosa vuoi che ti dica? Oggi la Vergine è venuta senza il Bambino Gesù. Ed
era senza la corona; aveva i capelli lunghi, castani, con la riga in mezzo. Non
l'abbiamo mai vista con un velo sul capo; i capelli si muovono leggermente come
al soffio di una brezza. Particolare interessante: quando recita il Gloria
inchina il capo con una straordinaria reverenza. Un'altra cosa: la Madonna,
guardandoci, dà l'impressione che, più che a noi, guardi al mondo; e in che
modo! Nessuno di noi potrebbe guardare così "- L'hai vista qualche volta
vestita con l'abito del Carmelo?" - Solo un giorno, quello della festa della
Beata Vergine del Monte Carmelo, il 16 luglio. Viene sempre vestita di bianco,
con un manto azzurro - E che puoi dirmi di San Michele?" - Cominciò tutto con
lui. Venne per la prima volta il 18 giugno preceduto da un lampo e da un tuono
fragoroso che ci impressionò molto"».
La
presenza dell'Arcangelo
È
importante meditare sull'intervento dell'Arcangelo San Michele, che segna
l'inizio degli eventi di Garabandal, e sulla sua costante presenza in seguito.
Per le bambine, durante un certo tempo, fu semplicemente l'«Angelo», l'Angelo
che appariva loro e che talvolta dava loro la comunione quando era impossibile
riceverla dalle mani di un sacerdote. Così era per Conchita quando diede la
risposta citata. Ma la signora Herrero le fece notare con enfasi: «Non mi
stupisce che vi facesse impressione... Sai chi è San Michele? E il Principe
della Milizia Celeste, il vessillifero di Dio, il trionfatore di Satana e dei
suoi angeli ribelli!» «Ma io non sapevo tutto questo», rispose Conchita. Tutti
sappiamo che il Santo Arcangelo è nelle Scritture lo strumento di Dio per le
missioni più alte, il suo braccio destro nelle azioni decisive. A Garabandal
sembrava che, a parte il fulmine e il tuono del primo giorno, non avesse certo
per missione di impressionare... Ma una missione di pacificante misericordia può
essere preannunzio, se non raggiunge il suo scopo, di una forte azione di
giustizia. Forse siamo già entrati in quel periodo descritto nell'ultimo libro
delle Scritture: «Io vidi allora un Angelo che saliva da Oriente, portando il
sigillo del Dio vivente. Gridò a gran voce: "Non fate nulla contro la terra e il
mare... finché non avremo finito di segnare sulla fronte con il segno di Dio
tutti i suoi servi» (Ap 7,1-3) Questo segno divino di distinzione costituisce
l'ultima opera di misericordia, prima che suoni l'ora della giustizia. Così
l'Angelo che viene sotto spoglie pacifiche può, in seguito, incaricarsi di
un'altra missione alla testa degli angeli giustizieri. Sulle rive del Tigri, fu
detto un giorno al profeta Daniele: «In quel tempo si leverà Michele, il grande
principe che vigila sui figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di angoscia, come
non c'era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo. Allora il tuo
popolo potrà essere salvato, saranno salvati tutti coloro che si trovano
inscritti nel libro» (cioè «tutti coloro che saranno segnati») (Dan 12, 1).
Garabandal: momento senza dubbio importante nel processo della Salvezza. Nella
nostra epoca così difficile, la Vergine Madre e il grande Arcangelo che La
annunciò e La accompagnò vengono a noi per il nostro bene, per portarci un aiuto
straordinario adatto ai nostri tempi. Garabandal ci ha già rivelato molte cose;
molte altre restano da dire, dal momento che molte difficoltà sono sorte
dall'una e dall'altra parte. Una parte importante del suo mistero resta ancora
sconosciuta. I versi seguenti, composti qualche anno fa, esprimono bene il
sentimento carico di speranza, di preoccupazione, di fervore che avvolge
Garabandal: Camminiamo... Con gli occhi rivolti verso quei Pini solitari Che
sono per noi la speranza... Il piede fermo, lo sguardo in lontananza Là soltanto
dove si può raggiungere Dio Attraverso il cammino penitenziale del rosario.
Orizzonti lontani! Trono di Maria! Pergamo di profezia! Velo omerale che ricopre
le spalle del mistero Dove risplenderà un giorno la luce di Dio Inizio di un
giorno nuovo...
Capitolo quarto
18
OTTOBRE 1961: UNA DATA CHIAVE
La
grande attesa
Le
«meraviglie» di Garabandal, che erano quotidiane e si moltiplicavano con ritmo
crescente, tenevano con il fiato sospeso un gran numero di persone. E poi, certi
dettagli... Il 6 settembre, per esempio, il parroco Don Valentin fece molte
domande a Loli, in estasi, per mezzo di Conchita allora in stato normale.
Conchita chiese mentalmente alla sua compagna: «Don Valentin continua a dire:
"Non so, non so cosa bisogna pensare"... e si chiede quale sia la volontà della
Vergine in tutto questo». La risposta di Loli fu precisa e laconica: «Lo si
vedrà il 18 ottobre». Questa data era custodita nella memoria delle veggenti
sin dall'inizio, poiché già il sabato 24 giugno, festa di San Giovanni
Battista, l'Angelo l'aveva indicata loro sulla scritta posta ai suoi piedi:
essa terminava con le cifre romane: XVIII-X-MCMLXI. Sul momento, le ragazze non
avevano capito. Qualche giorno dopo, la Vergine Santissima stessa, alla sua
terza apparizione, quella del martedì 4 luglio, aveva chiesto alle bambine:
«Sapete cosa voleva dire la scritta ai piedi dell'Angelo?» E le quattro bambine
avevano risposto all'unisono: "No, non lo sappiamo". Portava un messaggio,
che vi dirò perché voi, il 18 ottobre, lo diciate a tutti». «E ce lo
disse», scrive Conchita nel suo diario. Quel giorno, Ella diede loro il testo
in forma succinta perché lo imprimessero bene nella memoria. Ma tuttavia
dovette in seguito dedicare molte apparizioni a spiegarne il contenuto e lo
scopo, perché quelle piccole montanare facevano fatica a comprenderlo
nonostante la sua apparente semplicità. Con grande sensibilità pedagogica,
questa ineguagliabile Madre e Maestra impartiva la spiegazione a piccole dosi,
intercalate nei dialoghi a sorrisi e tenerezze, senza mai manifestare noia né
fatica davanti alla loro libertà di linguaggio e al loro chiacchierìo (che molti
trovavano senza interesse). Durante tutta quell'indimenticabile estate del '61,
quanti visitatori poterono constatare i curiosi mutamenti negli sguardi delle
bambine, nel corso di una stessa estasi! Da visi trasfigurati e angelici a
volti oscurati e seri, da sorrisi gioiosi a occhi pieni di lacrime... Dipendeva
dalla Visitatrice Celeste che non era là solo per dire o ascoltare cose
gradevoli. La data di cui si parlava tanto fin dai primi giorni era ormai molto
vicina. Cosa sarebbe successo quel 18 ottobre 1961, giorno fissato per la
rivelazione di un segreto, per la pubblicazione di un messaggio? Le bambine
mantenevano il riserbo sull'essenza di ciò che vedevano e sentivano durante le
loro estasi, ma talvolta, nelle loro confidenze, si lasciavano scappare qualche
parola che riusciva a scatenare l'immaginazione e l'impazienza della gente. Per
esempio, vennero captate le parole di Conchita durante un'estasi del 3
settembre: «Come sarà bello il Miracolo! Come mi piacerebbe che lo facessi
subito! Perché non lo fai adesso? Su, fallo, almeno solo per coloro che
credono... A quelli che non credono, non fa né caldo né freddo». Con questo
genere di esortazioni, come non supporre che il 18 ottobre sarebbe stata la data
del grande miracolo atteso, o per lo meno di qualcosa di sorprendente, di
impressionante? Eppure, avvertimenti chiari delle bambine avrebbero dovuto
mettere un freno a questa attesa trepidante. A un visitatore che, al momento
della partenza, disse a Loli: «Arrivederci al 18 ottobre; quel giorno tornerò
perché credo ci sarà un miracolo e ci sarà molta gente», ella replicò con molta
vivacità: «Per favore, per favore, non si disturbi a venire per vedere un
miracolo. Non abbiamo annunciato niente di simile. La sola cosa che abbiamo
detto è che renderemo noto al pubblico un messaggio. Lei potrà conoscerlo più
tardi a Santander. Cerchi di capirmi bene, la prego, noi non abbiamo annunciato
nessun miracolo per quel giorno». Malgrado queste precise puntualizzazioni,
la voce si era sparsa: il 18
ottobre sarebbe successo qualcosa di meraviglioso. Non era forse un mese del
tutto particolare? Era il mese del rosario, pratica di devozione che la Vergine
aveva tanto raccomandato sin dal primo giorno, e che occupava sempre un posto
privilegiato nelle estasi delle bambine. La festa liturgica della Regina del
Santissimo Rosario si celebrava il 7 di ottobre, e quell'anno cadeva proprio di
sabato, il primo sabato del mese. Tante coincidenze mariane sembravano
provvidenzialmente riunite perché si producesse l'evento decisivo, dopo tanti
straordinari «fenomeni». Il rosario di quel 7 ottobre fu certamente il più
bello dell'anno a Garabandal. Ci fu di tutto: preghiere lente e ben scandite,
ardenti (sappiamo come pregassero le piccole in estasi), meditazione silenziosa
dei Misteri, canti che affioravano dal cuore molto più che dalle labbra; tutto
concorse a rendere esemplare questa preghiera comune. Quel rosario «di festa»
non durò meno di due ore e un quarto! Eppure nessuno ne sentì la fatica, le
bambine meno di chiunque altro, sprofondate come erano nella loro beata
contemplazione. Mentre quest'omaggio così commovente del suo popolo saliva a
Lei, la Madonna doveva forse sentire risuonare nel suo cuore, con forza
particolare, le antiche e profetiche parole del Creatore: «Mi ha detto: fissa la
tenda in Giacobbe E prendi in eredità Israele, E poni le radici in mezzo ai miei
eletti» (Sir 24, 8-12). Non veniva Lei a Garabandal espressamente per compiere
questo programma? Un nuovo Israele attendeva l'Anticipatrice di Dio per
raccogliersi intorno a Lei e consolidare l'Alleanza divina. Quello stesso 7
ottobre arrivarono a Garabandal il dottore e la signora Ortiz. Lui, prestigioso
pediatra di Santander; lei, Paquina de la Roza, donna di grande sensibilità e
dotata di sottile chiaroveggenza. Venivano decisi a trascorrere li le loro
vacanze, a dispetto della mancanza di comodità, per seguire da vicino quei
fenomeni che già li avevano fortemente coinvolti. Diventeranno così testimoni
d'eccezione di molti fatti. La loro preziosa testimonianza è essenziale per
cogliere meglio, oggi, gli eventi nel loro insieme Di tutti i medici che vennero
successivamente a Garabandal, il dottor Ortiz fu quello che «studiò» le bambine
con maggior attenzione e perseveranza, restando in contatto diretto con loro
man mano che si susseguivano le estasi. La sua conclusione fu che erano
perfettamente normali, e che quei fenomeni di cui erano protagoniste non
potevano avere una spiegazione naturale. Nelle loro annotazioni, i signori Ortiz
riportano, di quei giorni, non solo fatti importanti, ma anche dettagli
deliziosamente curiosi; come questo: Conchita e Loli - che non avrebbero potuto
in nessun modo presentarsi a un concorso di canto... - cantavano in estasi l'Ave
Maria, sulla porta della chiesa, in un duetto di mirabile precisione; o
quest'altro: Conchita, sorpresa da un'estasi mentre mangiava seduta accanto al
camino, restò incredibilmente bloccata con un bicchiere di latte in mano, né ci
fu modo di toglierglielo per tutto il tempo dell'apparizione. Altri episodi di
quei giorni furono di più elevato livello. La stessa Conchita ne fa cenno nel
suo diario: «Durante un'apparizione, mentre scendevamo dai Pini Loli ed io
circondate dalla folla, vedemmo come un fuoco tra le nubi. Anche la gente lo
vide, quelli che erano con noi e quelli che erano rimasti in paese. Quando quel
fuoco misterioso cessò, ci apparve la Vergine Madre. Le domandammo cosa fosse.
Ella ci disse: "E in quel fuoco che sono venuta"» Un altro segno celeste (Lc
21, li e 15) si manifestò il 12 ottobre, festa della Madonna del Pilar. Le
estasi delle bambine cominciarono sul finire del giorno e si protrassero fin
dopo la mezzanotte. Durante un'estasi, Loli e Conchita proruppero insieme in un
grido, mentre alzavano le braccia. «Istintivamente - scrive il dottor Ortiz - i
nostri sguardi si volsero verso il cielo e vedemmo avanzare da nord in
direzione sud (vale a dire verso i Pini), una stella di grande luminosità che
lasciava dietro di sé una scia che durò qualche secondo». Secondo le asserzioni
di Don Valentin, «la luce non poteva, in nessun modo, essere confusa con quella
di una stella cadente o una cometa». Questi fatti, probabilmente amplificati dal
racconto da persona a persona, fecero sulla gente una grande impressione, così
che veniva naturale chiedersi: «Quale sarà la conclusione di tutto ciò? Cosa
vedremo il prossimo 18 ottobre?». All'avvicinarsi di quella data, arrivarono
alcune personalità vicine alla gente di Garabandal: Padre Ramon Andréu, per
esempio, che fece il viaggio in compagnia di un ingegnere tedesco residente da
molto tempo in Spagna, Maximo Fòschler Entemann, che non era cattolico, ma
protestante di grande fede. Venendo dalla Castiglia attraverso il passo di
Piedras Luengas, furono vittime, prima di giungere a Garabandal, di un grave
incidente stradale da cui il Padre uscì con una caviglia fratturata. Nel corso
della notte, nella casa dove era ospitato, Padre Ramon si sentì molto male, con
nausea, sudori freddi, una forte infiammazione e dolori insopportabili alla
caviglia sinistra; anche il solo lieve peso della coperta gli era intollerabile.
Le ore della notte gli sembrarono interminabili... Ma, verso le 3 e mezzo del
mattino, si udì in strada un rumore strano e, poco dopo, Jacinta in estasi si
presentò davanti a lui e gli diede il crocifisso da baciare, mormorandogli
qualche parola... Nello stesso istante in cui baciava il piccolo crocifisso che
gli tendeva la veggente, il Padre sentì il dolore scomparire completamente. Ma
si guardò bene dal parlarne subito alle persone che accompagnavano Jacinta.
Perché? Per timore che tutto fosse effetto della tremenda emozione del momento;
più ancora - come confesso lui stesso più tardi - per paura di rendersi
ridicolo. (Come certi intellettuali, anche se consacrati, si tengono talvolta a
distanza dall'umiltà e dalla semplicità di cuore che Gesù aveva tanto
raccomandato!). Nelle ore successive della notte riuscì a riposare. All'alba di
domenica 15 ottobre, un medico si presentò per constatare le condizioni del
malato: si trovava anch'egli di passaggio a Garabandal e, la sera prima, aveva
suggerito di portare in ambulanza il ferito all'ospedale di Santander. Trovò il
Padre alzato, seduto sul bordo del letto. - Ma cosa sta facendo? - Cerco di
alzarmi... - Ma è impazzito? Mi faccia vedere! Il medico mise un ginocchio a
terra per esaminare meglio la caviglia ferita; alzò lo sguardo sul Padre e gli
disse: - Non capisco come possa scherzare così. Coraggio, mi mostri la caviglia
malata. Con apparente indifferenza, il Padre gli mostrò l'altra caviglia (quella
sana!). Il medico la esaminò con molta attenzione... la confrontò con l'altra,
e, alzando di nuovo lo sguardo verso il sacerdote, mormorò con un' espressione
difficile da descrivere: - Che cose strane accadono in questo paese! Quella
mattina, Padre Andréu celebrò la messa domenicale in parrocchia; e nessuno poté
rendersi conto, né dalla sua andatura, né dai suoi movimenti, del grave
incidente del giorno prima. Fu solo in seguito che confidò al suo compagno di
viaggio Fòschler ciò che era realmente successo: «Quando, ieri in piena notte,
Jacinta venne a farmi baciare il crocifisso, mi disse: "Padre, la Santa Vergine
mi ha detto che lei stava molto male, ma mi ha anche incaricato di dirle che è
guarito". E in quel preciso istante i miei dolori scomparvero». Il 17 ottobre,
Garabandal fu immersa in un'atmosfera di grande e luminosa speranza. Arrivò una
folla numerosa, ansiosa di ciò che sarebbe potuto accadere l'indomani. La
tensione dell'attesa era in alcuni colma di tranquilla certezza, in altri
vibrante di nervosa preoccupazione. Cosa sarebbe successo? E se non fosse
successo niente? Uno dei più inquieti, in continuo e ansioso andirivieni per le
vie del paese, era il parroco, il buon Don Valentin Marichalar. Si sentiva
coinvolto in prima persona. Neanche i genitori delle veggenti erano molto
tranquilli: non potevano dubitare della sincerità delle loro figlie, ma si
trovavano di fronte a eventi così straordinari, talmente fuori dalla loro
comprensione... In mezzo a tante ansie e tanti dubbi, le bambine erano le più
serene. Non avevano alcun dubbio sulla realtà delle loro visioni; avevano
completa fiducia nella Vergine.
Il
18 ottobre
La
notte fra il 17 e il 18 ottobre piovve senza sosta. Nel buio e nel silenzio, su
tutta la distesa del versante cantabrico si poteva udire l'immensa e sorda
sinfonia dell'acqua che scrosciava instancabilmente: le cateratte del cielo
parevano inesauribili. Tuttavia, prima che la luce del giorno riuscisse a
perforare lo spessore della bruma, molte auto misero in moto i loro motori. Ecco
il racconto che Maria Herrero de Gallardo ha fatto del suo viaggio: «Quel 18
ottobre 1961, quando si levò l'alba, pioveva a dirotto su tutta la provincia di
Santander. Partimmo di buon ora da Santander ma, fin dalle alture di Carmona,
fummo costretti ad accodarci a una fila di macchine che ci precedeva e che si
dirigeva come noi verso San Sebastian de Garabandal. A Cossio, riuscimmo
finalmente a parcheggiare l'auto in un piccolo slargo. Ma avevamo davanti a noi
sei terribili chilometri da fare a piedi. La pioggia incessante aveva
trasformato la salita in un pantano scivoloso. Tenendo con una mano l'ombrello,
e usando l'altra per attutire le continue scivolate, proseguimmo il nostro
cammino. Ricordo quella salita come un vero calvario che durò più di tre ore».
In mezzo a tanta pena e nonostante le sofferenze sopportate, dalle labbra e dai
cuori dei pellegrini salivano le parole del Salmo: «Verso Te, Dimora Santa,
Verso Te, Terra di Salvezza, Pellegrini, viaggiatori, andiamo verso Te! » Il
villaggio si popolò di folla. La gente non smetteva di affluire da ogni parte.
Qual era l'atmosfera? «La folla - scrive ancora Maria Herrero de Gallardo -
invadeva le strade in attesa dell'evento e tutti speravano in qualcosa di
veramente straordinario. Eppure, pochi giorni prima, Loli e Jacinta mi avevano
avvertita che non bisognava aspettarsi nessun miracolo; esse avevano soltanto
detto che sarebbe stato reso noto il messaggio ricevuto. Nonostante tutto,
nessuno accettava di lasciarsi dissuadere. Le ore passavano lentamente... Il
cattivo tempo peggiorava; la gente si riparava come poteva: in chiesa, nelle
case, sotto i portici. Gli abitanti del paese si comportarono con i visitatori
nella maniera più affabile e ospitale: dettero prova di molta carità e
pazienza. Sebbene avessi trovato rifugio in una casa, non riuscivo a sottrarmi
all'atmosfera animata delle vie e viuzze. Si sentivano gruppi di persone
esprimersi in diverse lingue, anche se lo spagnolo, naturalmente, predominava.
Il comportamento di quel pubblico non era uniforme. Molte donne si comportavano
con eccessiva agitazione e un po' troppa disinvoltura; gli uomini, in generale,
mostravano maggior rispetto, come anche i giovani, accorsi numerosi. Coloro
che erano saliti al paese con fede autentica, si mostravano felici, animati,
pieni di speranza; si dedicavano alla preghiera senza preoccuparsi
dell'inclemenza del tempo (molti di loro non avevano probabilmente neanche
mangiato). Davanti a ognuna delle case delle veggenti, erano appostate due
guardie civili a cavallo, per impedire l'entrata ai numerosi curiosi che
cercavano ad ogni costo di conoscere, baciare le bambine e parlare con loro».
L'ora x
Fin
da metà pomeriggio, la gente cominciò a prendere posto nei luoghi in cui si
pensava dovesse prodursi il grande evento. Ma a questo proposito vi era una
grande divergenza di vedute: alcuni pensavano che sarebbe successo ai Pini,
altri alla «Calleja», altri infine (e sembravano i meglio informati), in chiesa.
Molti dei membri della Commissione nominata dal Vescovo si trovavano in paese
loro malgrado ed erano piuttosto corrucciati. Non tutti erano presenti come
avrebbe richiesto il loro compito, forse a causa del maltempo. Quelli che erano
presenti si mostrarono estremamente scontrosi non vedevano l'ora che tutto
finisse al più presto. La notte si avvicinava: non si poteva prevedere ciò che
sarebbe successo con tutta quella folla, in piena oscurità (nonostante le
lampade tascabili e le lanterne), su quei pessimi sentieri, con un tempo così
inclemente. Ciò che accadde è descritto chiaramente nel diario di Conchita:
«La Santa Vergine ci disse, durante l'apparizione del 4 luglio: "Sapete cosa
rappresenta la scritta ai piedi dell'Angelo? Ebbene! Si tratta di un messaggio
che vi darò il 18 ottobre e che trasmetterete, a vostra volta, alla gente". Ci
spiegò, in seguito, il significato di questo messaggio e come avremmo dovuto
comunicarlo, il 18 ottobre, sotto il portico della chiesa; Don Valentin avrebbe
dovuto ripeterlo la sera, alle 10 e 30, ai Pini». Ma queste istruzioni non
furono seguite. I componenti della Commissione ritennero di potersi attribuire
il diritto di modificare il programma stabilito dal Cielo... e fecero
autoritariamente pressione su Don Valentin perché ne accelerasse e
semplificasse lo svolgimento. Verso le 8 di sera, Don Valentin, per
sottomettersi ai desideri della Commissione, andò a cercare le bambine.
Rapidamente, la notizia si sparse ovunque: «Ai Pini, ai Pini... » «Ci avviammo -
prosegue nel racconto Maria Herrero - inciampando nell'oscurità, affondando in
una specie di alluvione di fango, di pietre e di rami caduti dal versante dei
Pini. Cadevamo, talvolta rotolavamo, camminavano a quattro gambe, aggrappandoci
alle grosse pietre del suolo e ai rovi ai lati del sentiero. Nonostante le
continue cadute e scivoloni, nessuno, che io sappia, si era ferito, o contuso:
non è sorprendente? Devo confessare che terminai la salita di cattivo umore non
trovando in cima un posto di mio gradimento. Alla fine riuscii a piazzarmi in
un luogo strategico per essere in grado di vedere bene, sebbene non fossi in
prima fila: la visibilità era abbastanza buona grazie a molte lanterne e lampade
accese. Dopo qualche minuto di attesa apparvero, a una certa distanza, le
quattro fragili figure delle bambine, circondate da diverse guardie civili a
cavallo». Improvvisamente il tempo mutò: «La tempesta di pioggia e nevischio che
ci bagnava fino alle midolla e che toglieva ogni visibilità cessò di colpo; un
forte vento sgombrò le nubi scure e pesanti, e apparve la luna. Una luce pallida
rischiarò tutto: i Pini, i sacerdoti, le bambine, le guardie civili. Confesso
che fu per me uno spettacolo impressionante». Molti, in quel momento,
credettero con certezza che il miracolo tanto atteso stesse per verificarsi...
E invece non accadde nulla. O, piuttosto, ci fu soltanto la proclamazione del
messaggio, annunciata dalle bambine, ma in forma ben diversa da quella
prescritta dalla Vergine. Le veggenti consegnarono a Don Valentin l'umile
foglio su cui figurava il testo del messaggio, firmato da tutte e quattro.
Secondo le istruzioni della Madonna, Don Valentin avrebbe dovuto proclamarlo
lui stesso ai Pini, ma «lo lesse per sé e ce lo rese perché lo leggessimo
noi» (diario di Conchita, pag. 38): Il signor parroco del paese non
ebbe il coraggio di proclamare al pubblico quel breve testo perché giudicato da
lui troppo puerile. La gente aspettava qualcosa di grandioso, di sensazionale,
ma questo... La nostra mancanza di rettitudine ci ha resi complicati, per cui
restiamo indifferenti di fronte alle cose semplici. «Distinguevo chiaramente -
continua Maria Herrero - la voce infantile di Conchita che leggeva il
messaggio». Due uomini rilessero successivamente, a voce alta, il messaggio,
perché non si era sentita bene la voce della bambina. Così fu reso noto ciò che
era stato stabilito. Dalla notte di Garabandal si proiettava sulla notte del
mondo la luce di poche parole, chiare e precise, che avrebbero lasciato forse
insoddisfatte le anime complicate o orgogliose, ma che avrebbero offerto ai
cuori semplici e aperti materia di profonde riflessioni sulla Salvezza:
«E’
necessario fare molti sacrifici, molta penitenza, visitare spesso il Santo
Sacramento ma prima di tutto bisogna essere molto buoni. E se non lo faremo, vi
sarà per noi un "castigo"; già la coppa si sta riempiendo, e, se non cambiamo,
il castigo sarà grandissimo».
Queste
poche righe sembrarono insufficienti per soddisfare l'ansia miracolistica dei
presenti o fare sensazione. Per molti queste parole non avevano un grande
significato; eppure erano un nuovo e impellente richiamo per la nostra Salvezza.
La
delusione
All'immensa curiosità che aveva preceduto quell'indimenticabile notte si
sostituì uno sgradevolissimo senso di delusione. Il racconto di un testimone ci
servirà a comprendere i sentimenti di molti presenti. Ci serviamo ancora degli
scritti di Maria Herrero de Gallardo: «Dopo aver udito il messaggio che la gente
trasmise di bocca in bocca, mi sentii fortemente delusa. Che significato aveva
tutto questo? Sembrava tutto così puerile. Tuttavia conoscevo abbastanza le
bambine per pensare che non stessero improvvisando né mentendo. Allora? Rimasi
perplessa e di cattivo umore». Come molti altri se ne andò precipitosamente da
quel luogo. Tanti sforzi penosi, tante ore di attesa e di fatica... per cosa?
Tutti pensavano di aver commesso una ingenua sciocchezza: nessuno poteva
immaginare che gli eventi di Garabandal avrebbero avuto un tale epilogo.
Nessuno, forse, sentì tanto bruciante questa sensazione di delusione quanto
Padre Ramon Maria Andréu. In quel luogo aveva ricevuto più benefici di chiunque
altro; si ritrovò - come pochi - duramente messo alla prova. «Un immensa
amarezza interiore mi invase all'improvviso, brutalmente. Mi trovavo perso
nella notte, nel vero senso della parola, in mezzo a una moltitudine di ombre
che salivano e scendevano, con l'anima turbata da una tremenda afflizione,
sommerso da una sensazione insopportabile di solitudine, comprendendo
improvvisamente quanto fosse ridicolo tutto ciò... Una sola cosa restava chiara
e indelebile nella mia memoria: la morte del mio povero fratello, Padre Luis,
poco più di due mesi prima. Credo di non aver mai conosciuto nel corso della mia
vita una tale desolazione. Sentii il desiderio violento di andarmene il più
presto possibile lontano, in America. E mi dicevo: "Cosa ci fai qui? Queste
bambine sono solo delle povere malate. E tutto ciò è solo una commedia di
montanari ritardati..." Con lo sguardo interrogavo il Cielo. Avrei voluto veder
prodursi il grande miracolo (che le bambine non avevano mai annunciato per il 18
ottobre), ma non succedeva niente e la mia delusione era totale». Sciolto il
raduno ai Pini, il Padre cominciò a camminare come alla deriva, fra le vie del
paese. All'improvviso vennero a chiamarlo da parte di Loli. Questa gli disse
che sapeva del dolore che aveva provato interiormente: la Madonna glielo aveva
rivelato mentre scendevano dai Pini... Da li, Padre Ramon andò a casa di
Conchita che gli confermò interamente tutto ciò che aveva detto la sua
compagna: «Sì, la Madonna mi ha rivelato tutto quello che lei ha
pensato e i luoghi precisi dove lei ha dubitato. Lei ha sofferto molto. Ma ora
mi ha incaricato di avvertirla che questa sua esperienza le servirà affinché in
futuro se ne ricordi e non dubiti più». «L'indomani - il Padre lo raccontò
più di una volta - su una foto particolareggiata dei Pini e dei dintorni,
Conchita indicò con il dito ciascuno del luoghi dove ero stato, e ciò che avevo
pensato in ognuno di quei luoghi. Non fece nessun errore. Come conseguenza,
vissi quindici giorni quasi come un sonnambulo, sotto l'influsso di una
terribile sensazione: mentre credevo di essere completamente isolato, ero stato
controllato nell'intimo dei miei pensieri; e questi pensieri erano stati svelati
in dettaglio a quelle bambine, dalla misteriosa Persona che dicevano di vedere».
Non tutti ebbero la grazia accordata a Padre Andréu. Una folla numerosa scese,
in condizioni estremamente precarie, lungo i difficili sentieri di Garabandal.
E quanti portavano nel loro cuore la ferita di un'oscura notte di delusione!
Uniamoci alla nostra testimone Maria Herrero: «Una valanga di persone scendeva
in fretta, a gran velocità, scivolando e spingendo. In aggiunta a questa
confusione, si scatenò un temporale come non ne avevo mai visti: i rombi di un
tuono assordante risuonavano nella valle, i fulmini striavano il cielo buio
della notte accecandoci con il loro bagliore. Non si sentivano più, come durante
la salita, preghiere e canti. Quante volte avevo invocato San Michele! Dovetti
percorrere scalza l'ultimo chilometro prima di Cossio; a contatto con quel
pantano pietroso, le scarpe si erano rotte e fui costretta a buttarle via. E
nonostante questo, che crediate al prodigio o no, non riportai la minima
escoriazione o la minima ferita. I piedi erano intatti come se fossi scesa su un
tappeto. Quando, a un ora molto avanzata della notte, mi ritrovai finalmente
nella mia camera a Santander, piansi, desolata. La pagina di Garabandal mi
sembrava definitivamente chiusa». Termina così il suo racconto: «Tutti gli
avvenimenti di quel giorno sono rimasti profondamente impressi nella mia
memoria, come l'immagine di una giornata di "illusione e penitenza": pallida
immagine di ciò che ci riserverà il giorno del Giudizio. Ogni dettaglio
sembrava essere stato previsto per metterci alla prova: furono veramente momenti
di purificazione. Nulla mi ha mai procurato una tale impressione del timor di
Dio come quel giorno». A dir la verità, quel 18 ottobre 1961 tanto a lungo
atteso, così diverso da quello che molti speravano, è senza alcun dubbio uno dei
momenti culminanti del grande mistero di Garabandal, una data chiave, una
giornata con un non so che di Sinai (Es 19,16). Questa data segna, per
Garabandal, la prima ammonizione escatologica del Cielo al mondo d'oggi; questo
mondo così ostinato nella sua ribellione. Nello stesso tempo, avvenne una sorta
di selezione naturale tra le file dei testimoni, una prima «cernita» tra gli
entusiasmi facili, non sempre limpidi e autentici dell'inizio. Non era stato
annunciato nessun miracolo. Ma praticamente tutti lo aspettavano... Ora, il
miracolo non avvenne! Eppure possiamo porci la domanda: «I fatti si sarebbero
svolti in questo modo se i rappresentanti dell'autorità diocesana avessero
fedelmente compiuto la loro missione e se si fosse agito in accordo con le
istruzioni che le bambine riferivano di aver ricevuto? » Sottomissione e umiltà
aprono le porte ai miracoli del Cielo. Al contrario, le chiude la nostra pretesa
di ritoccare i Suoi disegni secondo il nostro giudizio e il nostro «buon senso».
In questo campo dobbiamo obbedire, non tracciare noi la strada o fissare noi i
programmi. «Distruggerò la sapienza dei sapienti, annullerò l'intelligenza degli
intelligenti» (1 Cor 1, 19).
Capitolo quinto
IL
PRIMO «INVERNO» DI GARABANDAL
Dubbi e discordie
A
partire da quella memorabile data del 18 ottobre comincia per Garabandal un
lungo inverno. Inverno in senso proprio, perché la cattiva stagione era alle
porte: pioggia, freddo, gelo, neve...; ma anche inverno in senso figurato,
perché il mancato miracolo aveva come paralizzato l'intero villaggio. Due giorni
dopo, il 20, si sentì Jacinta esclamare in estasi: «Ora più nessuno ci crede,
sai? Così ora sarai costretta a fare un miracolo molto, molto grande perché
tutti ricomincino a credere...» In risposta la Madonna sorrise e le disse:
«Vedrai, crederanno». Ad acuire quella sensazione confusa di sconfitta, si
aggiunse una nuova Nota, resa pubblica dal Vescovo e firmata
dall'Amministratore apostolico della diocesi, Don Doroteo Fernandez.
Quest'ultimo, con i membri della Commissione, senza perdere tempo a studiare con
ponderatezza gli eventi gli eventi, senza raccogliere le dichiarazioni giurate
dei testimoni di prima fila, con una fretta che non riusciamo a spiegarci ma che
la storia - e Dio - giudicheranno, emise un nuovo giudizio negativo circa la
soprannaturalità dei fatti. La Commissione sostenne il suo giudizio su una
serie di osservazioni: alcune discutibili, altre inaccettabili. A dispetto
della nuova atmosfera venutasi a creare, le visite a Garabandal, sebbene in
forte calo, non cessarono completamente. I fenomeni che le bambine erano ormai
abituate a conoscere proseguivano senza notevoli rallentamenti. Esistono
testimonianze interessanti su questo periodo, specialmente quella di una
persona coinvolta fin dal principio negli eventi: Placido Ruiloba di Santander,
la cui convinzione nella realtà delle apparizioni non fu esente da crisi e
dubbi... «Ero rimasto impressionato da quel messaggio del 18 ottobre... Il
contenuto del messaggio, perfettamente ortodosso, tormentava la mia coscienza.
Io stesso ammettevo che, effettivamente, abbiamo una grande necessità di
diventare migliori e la buona volontà a questo riguardo non mi faceva difetto.
Tuttavia mi attanagliava sempre il dubbio sui fatti di Garabandal, e quando
salivo lassù - cosa che facevo di frequente - mi sforzavo di discernere tutto
ciò che poteva rivelarsi negativo in questa faccenda, non per puro spirito di
contraddizione, ma con la preoccupazione di far luce sulla verità. Ebbene, uno
di quei giorni d'autunno del 1961 (non ricordo esattamente la data) arrivai al
paese molto preoccupato a causa degli avvenimenti che avevano sconvolto quel
luogo. Vi giunsi di notte, poiché le giornate si erano considerevolmente
accorciate. Le bambine al mio arrivo erano già in estasi. Restai apposta in
disparte, in un luogo abitualmente fuori dal passaggio delle note marce
estatiche. Sempre tormentato dai dubbi, dissi mentalmente: "Vergine Santissima,
guarda la quantità di persone che sono venute fin qui. Se tutto questo fosse
solo una menzogna... guarda quanto male potrebbe risultarne! Ti chiedo, per
dimostrarmi chiaramente che tutto quello che accade qui proviene proprio da Te,
Ti chiedo che, sebbene molto in disparte come sono adesso, una delle bambine
venga a portarmi il crocifisso da baciare"». Il signor Ruiloba racconta ancora
come dal luogo dove si trovava potesse osservare bene ciò che succedeva, e come
Conchita, rimasta sola in estasi... tornò infine a casa sua. «Provai allora una
terribile delusione, constatando che la mia preghiera non era stata esaudita e
che, di conseguenza, tutti i miei dubbi sembravano fondati. Stavo assaporando
dentro di me questa amara soddisfazione, quando... » vide con sorpresa la porta
della casa aprirsi, alcune persone uscire e, dietro, la ragazza nella sua
caratteristica posizione di estasi... «Venendo dritta verso di me, giunse al
luogo dove ero rimasto nascosto e si pose davanti a me. Per tre volte mi diede
da baciare il crocifisso che aveva in mano! La risposta era così chiara che
tutti i miei dubbi svanirono, almeno temporaneamente». Il signor Ruiloba fece
bene a mantenere questa riserva: «almeno temporaneamente»: a Garabandal,
infatti, si manifestò in più occasioni quella incredulità delle anime che già
Gesù aveva rimproverato: «Se non vedete continuamente dei segni e dei
prodigi, non credete» (Gv 4, 48). Il signor Ruiloba, che stentava a convincersi
pienamente, ebbe la possibilità di assistere a un altro prodigio nel corso di
una marcia estatica di Jacinta, Loli e Conchita insieme. Il tempo era brutto,
come spesso in quella stagione, e le vie del villaggio erano coperte di fango.
«Conchita si trovava tra le altre due ragazze. All'improvviso, il crocifisso che
teneva tra le sue mani appoggiate al petto, cadde. Ella non dovette
accorgersene, poiché la marcia continuò per venticinque o trenta metri. Allora
si udì la bambina dire: "Ah! devo raccoglierlo? Dov 'è? dimmi dove si trova".
Senza cambiare posizione, le tre veggenti tornarono camminando a ritroso
fino al luogo dove era caduto il piccolo crocifisso. Conchita, sempre con la
testa rivolta verso l'alto, si abbassò, con il braccio teso verso il basso. La
sua mano si trovava a cinquanta centimetri da terra, quando gli astanti,
trasalendo d'emozione, videro la piccola croce emergere dal fango ed elevarsi
fino alla mano della bambina. Lei lo strinse con effusione e lo ripose tra le
sue mani sul suo petto. Non appena terminò l'estasi, andai ad esaminare
scrupolosamente le mani di Conchita e il suo crocifisso. Posso affermare - e
sono pronto a sostenerlo dovunque - che né sulle mani, né sul crocifisso c'era
la minima traccia di fango». Si era sperato che il 18 ottobre facesse
definitivamente luce sui fatti strani di Garabandal o che svelasse la chiave di
questo enigma complicato, causa di disorientamento per molti; c'erano infatti
molte prove a favore e alcune a sfavore. Ahimé, il 18 ottobre lasciava le cose
così com'erano, salvo forse il fatto che aumentò la confusione di molti fedeli.
Come si sarebbe risolta la situazione? Non dobbiamo stupirci che le bambine
abbiano allora chiesto, come mai prima, un miracolo o una prova
inconfutabilmente convincente. Conchita scrisse sul suo diario: «Nel corso
delle apparizioni non abbiamo mai smesso di chiedere alla Madonna di compiere un
miracolo, ma Lei non rispondeva nulla, sorrideva soltanto. E noi di rimando
ribadivamo: "Su, fallo perché la gente creda, dato che ora nessuno crede più...
"Ma la Vergine Santissima continuava a sorridere». Sembrava che la Madonna
non avesse premura di giungere ad una conclusione, che avrebbe chiarito ogni
cosa. Era venuta di Sua spontanea volontà, con l'intenzione di fare una lunga
visita e di convivere per un po' di tempo con i suoi figli, come indica in modo
significativo la data della sua prima apparizione (festa della Visitazione); la
Madonna «visita per restare con i suoi figli» (Lc 1,56), comunicando
quotidianamente mediante le quattro veggenti elette e facendo loro
sperimentare, abbondantemente, fino a che punto Ella è la Madre delle
madri, la nostra premurosa e meravigliosa Madre del Cielo. Ciò che insegnava
alle ragazze, ciò che faceva fare loro, ciò che chiedeva loro, in verità ci
riguarda tutti; ciascuno di noi deve considerare tutti i messaggi della Vergine
come rivolti a se stesso.
Le
apparizioni si fanno più rare. La penitenza si intensifica
Durante il mese di novembre di quel 1961, in pieno autunno, due date furono
memorabili, il 4 e il 18. Il 4, le estasi cominciarono fin dalle 8 del mattino.
La Vergine chiese alle quattro ragazze di alzarsi più presto ogni mattino,
d'ora in poi, per andare alla «Calleja» a recitare «il rosario dell'aurora».
Nessuno meglio della loro Madre del Cielo poteva misurare il sacrificio che
avrebbe rappresentato per quelle piccole sicuramente assonnate il fatto di
alzarsi ogni giorno così presto, e, per di più, in quel periodo dell'anno... Ma
sappiamo che questa fatica fu loro espressamente chiesta per aiutare con le
preghiere e i sacrifici i «poveri peccatori». Maximina Gonzalez, zia e madrina
di Conchita, scriveva il 19 novembre alla famiglia Pifarré di Barcellona: «Le
apparizioni continuano ugualmente, benché siano ora meno movimentate: le
bambine non corrono più come prima. Non sappiamo quali saranno gli sviluppi, ma
tutto si è fatto più serio. Adesso viene meno gente a causa del 18 ottobre e del
maltempo; ma se la gente non viene, poco importa. Le piccole, nonostante amino
dormire, già da qualche tempo si alzano alle 6 della mattina per andare a
recitare il rosario lassù ai Pini. Se questo non venisse dalla Vergine, non si
alzerebbero così leste; costa tanto uscire anche a noi e alla gente». Il giorno
prima della data di questa lettera, il 18 novembre (si nota a Garabandal una
certa predilezione per il 18), un mese esatto dopo la memorabile giornata del
messaggio, fu annunciata «ufficialmente» alle bambine una pausa invernale delle
apparizioni. La Madonna diede alle bambine una specie di congedo: non perché
non l'avrebbero più rivista, ma perché l'avrebbero vista meno di frequente. A
ciascuna di esse fissò una data o le date di un nuovo incontro: la speranza di
vedere arrivare questa data avrebbe reso più sopportabile il lento svolgersi
della stagione invernale. Don José Ramon Garda de la Riva, parroco di Barro de
Clanes (Asturie), conserva una lettera di Conchita datata 25 novembre 1961,
nella quale la bambina scrive: «Non ho più avuto apparizioni da otto giorni.
La Vergine mi ha detto che, al più presto, sarebbe tornata il giorno
dell'Immacolata Concezione. Se non viene quel giorno, non la rivedrò prima del
27 gennaio. Mari-Cruz non la vedrà più fino al 16 gennaio e Jacinta non prima
del 16 dicembre; Maria-Dolores, non so...» Il medesimo sacerdote possiede
ugualmente un'altra lettera di Jacinta datata 27 novembre, che fornisce dettagli
più precisi: «Ora la Madonna mi appare solo di quando in quando. Il 6 mi ha
chiesto di recitare al mattino un rosario al "Cuadro" e fino al 16 dicembre non
la vedrò più... Conchita, Maria-Dolores e Jacinta la aspettano in gennaio. Così
tutti i giorni recitiamo molti rosari augurandoci che la Madonna faccia un
miracolo affinché tutti credano». Qualche giorno più tardi, Mari-Cruz scriveva
da parte sua: «Esco tutti i giorni a recitare il mio rosario alla "Calleja" alle
sei del mattino... Dal 19 novembre le nostre estasi sono cessate. Ne
aspettiamo di nuove: (seguono le date di ciascuna). Nel frattempo viviamo come
tutti gli altri bambini: andiamo a scuola, giochiamo, diciamo le nostre
preghiere quotidiane... ». Loli da parte sua confidava al parroco di Barro il 3
dicembre: « Sono triste nel non veder più la Madonna...; spero di rivederla a
gennaio, ma non so se da qui ad allora tornerà a farmi visita... » E la Madonna
tornò. Dispongo di un interessante resoconto scritto della signora Maria Josefa
Lueje, residente a Colunga, nelle Asturie: «Mi recai a Garabandal per la seconda
volta il 18 dicembre 1961. Da Cossio facemmo il percorso a piedi: in quel
periodo il sentiero era impraticabile e la salita diventava un atto di eroismo.
Poco prima di arrivare al paese, riunimmo in un sacchetto di plastica tutto
quello che avevamo portato per essere presentato al bacio della Vergine: rosari,
medaglie, crocifissi... Li demmo a Loli che non era sicura (ci disse) di avere
un'apparizione. Questo ci rattristò, ma bisognava rassegnarsi. Ci apprestammo a
passare la notte in veglia, com'era ormai abitudine. Il padre di Loli, Ceferino,
si impietosì di noi e, dato che non eravamo in molti, ci fece entrare nella sua
cucina a causa del gran freddo della notte. Di buon mattino, verso le 4, Loli
saltò su dalla sedia dove si trovava e cadde in ginocchio al suolo con un rumore
impressionante. Però questo non fu nulla in confronto al cambiamento avvenuto
sul suo volto: quel volto, rustico e rotondetto, si trasformò, si affinò fino
ad assomigliare a quello di un angelo. Uscì poi per il paese, accompagnata dal
padre e da noi tutti. Entrò in una casa dove si trovava un vecchio in coma da
qualche giorno; Loli lo segnò con il crocifisso: il malato riprese conoscenza e
riconobbe i suoi figli. Vedemmo in seguito la bambina scendere, con la testa
completamente rivolta all'indietro, la scala irregolare e ripida: non capivamo
come facesse a non cadere sfracellandosi a terra. Ci portò quindi fino al
portale della chiesa. Lì recitammo il rosario. Credo di non averlo mai recitato
così in tutta la mia vita. Ritornando verso la casa, incrociammo Jacinta e suo
padre che andavano a recitare il rosario al "Cuadro" come tutte le mattine, di
buon ora. Era impressionante vedere quelle creature inginocchiate per terra,
senza riparo, sulla neve, sopportando temperature così rigide, ancora nel cuore
della notte. Nella Garabandal di allora regnava un vero fervore, si faceva
veramente penitenza. Io non posso dimenticare tutto ciò che vidi e che mi
procurò tanto bene, riavvicinandomi molto a Dio». Conchita conservava la
speranza che la festa dell'8 dicembre non passasse senza che la Madre del Cielo
avesse per lei qualche attenzione: infatti non fu delusa. «Il giorno
dell'Immacolata Concezione, la Vergine Santissima venne a farmi gli auguri per
il mio onomastico. Sorrideva molto e le sue prime parole furono: "Buon
onomastico!" Venne in serata; mi dissero che rimasi a lungo in estasi, ma a me
sembrò tutto molto breve. Poi Ella se ne andò perché io potessi andare a
cenare. Tornò un'altra volta e mi dissero che: - ero andata nel luogo della
prima apparizione, - ero scesa a ritroso fino a casa, - ero uscita per recitare
il rosario per le vie del paese, - avevo visitato tutti i malati del borgo, -
avevo dato loro il crocifisso da baciare. Di tutto ciò, potete star certi, non
mi rendevo affatto conto: lo so perché me lo dicevano dopo. E ora, fino al 27
gennaio, non la rivedrò più» (Da una sua lettera al parroco di Barro, 13
dicembre 1961). Così, quell' 8 dicembre, giorno del suo onomastico, Conchita fu
oggetto di delicate attenzioni da parte della Madre del Cielo. Queste
attenzioni, tuttavia, non si limitarono a lei soltanto, poiché Maria ha a cuore
molti figli... Dai pochi cenni che abbiamo dato (e che potremmo moltiplicare) è
facile capire come si svolse il primo inverno a Garabandal, o per lo meno come
lo vissero le bambine. Cominciavano ogni giornata con il sacrificio e la
preghiera. Molto presto, quando non ne avevano assolutamente voglia, si alzavano
dal letto e si avviavano al buio e al freddo a riallacciare ogni mattina la
loro conversazione con il Cielo. Il luogo della «Calleja», che nei mesi
precedenti aveva conosciuto numerosissimi assembramenti, accoglieva ora un
piccolo gruppo di persone che, silenziosamente, battendo i denti talvolta per il
freddo e a volte per la paura, si ritrovavano per offrire al Signore e a Sua
Madre le primizie della loro vita quotidiana. A quell'ora non c'era altra
compagnia e protezione se non quella degli Angeli custodi. La neve imbiancava
il «Cuadro» e i dintorni, e si vedeva solo il fiato dei devoti in preghiera
nell'aria glaciale. Ave Maria piena di grazia, il Signore è con Te; Tu sei
benedetta... Santa Maria Madre di Dio e Madre nostra, prega per noi
peccatori... Peccatori! Poveri peccatori! Quanto bisognava pregare per loro,
implorare la misericordia del Signore, offrendo per loro quella penitenza alla
quale essi non pensavano!
L'oggetto di preghiere e sacrifici
Ma
quelle preghiere non erano sempre recitate, quei sacrifici non erano sempre e
solo offerti in favore dei peccatori. Sin dall'inizio delle apparizioni la
Vergine aveva manifestato un interesse particolare, specialissimo, per coloro
che costituiscono una parte vitale della Chiesa: i sacerdoti. Nessuno poteva
allora sospettare la terribile crisi che presto sarebbe scoppiata nel mondo
ecclesiale... Ora, questa crisi di vocazioni, che nessuno ancora prevedeva,
preoccupava già la Madre in modo angosciante. Ecco la testimonianza del dottor
Celestino Ortiz di Santander, che assistette a tante manifestazioni annotandole
con precisione: «Un giorno, dopo l'estasi, chiedemmo a Maria-Dolores: "Cosa ti
ha detto l'Apparizione?" "La Madonna mi ha detto di fare sacrifici per la
santità dei sacerdoti, affinché conducano molte anime sui sentieri di Cristo; mi
ha detto che il mondo diventa ogni giorno sempre peggiore ed ha bisogno di
sacerdoti santi che riportino le anime sulla retta via... In altre
occasioni, la Vergine ha chiesto che si preghi specialmente per i preti che
vogliono abbandonare il sacerdozio affinché perseverino. In caso contrario, che
grande dolore per Lei! » Lassù in montagna, nel solitario paesello, durante quel
freddissimo inverno, abbondavano le occasioni di fare penitenza. Un altro
illustre medico di Barcellona, il dottor Ricardo Puncernau, raccolse dalla
bocca di Ceferino, padre di Loli, questo racconto curioso: «Eravamo in pieno
inverno. Quel giorno non c' era nessun visitatore al paese. Il freddo era
pungente, nevicava e c'era tormenta. A casa ci eravamo coricati come di
consueto. Verso le 3 del mattino, sentii Mari-Loli alzarsi dal letto e
vestirsi. - Dove vai a quest'ora? - chiesi dalla mia camera. - La Madonna mi
chiama al "Cuadro". - Sei matta? Come puoi uscire con il freddo che fa? - La
Madonna mi chiama. - E se ti assale qualche lupo? Beh, fa' quello che vuoi, ma
né io né tua madre ti accompagneremo. La bambina terminò di vestirsi, la udimmo
aprire e chiudere la porta di casa dietro di sé... Se fossi stato davvero certo
che fosse la Vergine, non mi sarei mosso dal letto: la Madonna si sarebbe presa
cura di lei. Ma come sempre ero assalito dai dubbi e non potei restare a letto:
ci alzammo, mia moglie ed io, ed uscimmo alla ricerca di nostra figlia. La
ritrovammo là, al "Cuadro", in mezzo alle raffiche di neve, inginocchiata, in
estasi. Faceva un freddo spaventoso. Pensando che fosse gelata, con la mano le
sfiorai le guance: erano calde come se si fosse appena alzata dal letto.
Restammo accanto a lei, esposti alle intemperie, per più di un'ora, morti di
freddo, mentre lei sembrava totalmente insensibile e soddisfatta, sprofondata
nella contemplazione della sua Visione. A quanto pare, eravamo noi genitori che
dovevamo fare penitenza». Un'altra notte, molto simile a questa, ebbe per
protagonista Conchita; fu una notte indimenticabile per sua madre Aniceta. Lei
stessa me la raccontò. Alle 2 e mezzo la bambina, che aveva già ricevuto le
inequivocabili «chiamate», cadde in estasi... Poco dopo uscì di casa. Suo
fratello Aniceto, detto Cetuco, che si trovava con lei in cucina,
accompagnandola ebbe solo il tempo di prendere una lanterna e seguirla. Era una
bianca notte di neve, e il freddo era molto intenso. Come scivolando nell'aria
in direzione della collina, su quel biancore irreale, Conchita risalì
rapidamente il sentiero ripido dei Pini. Cetuco non poteva seguirla a una tale
velocità; e quando, ansimante, giunse in cima, lei era già lì inginocchiata in
estasi. Qualche tempo dopo, senza fiato per la salita penosa nell'oscurità e
sulla neve, arrivò la madre. La povera donna restò perplessa di fronte alla
scena che si offriva ai suoi occhi. Là, ai piedi di un albero, i suoi due figli
erano inginocchiati nel suolo fangoso in preghiera: Conchita, assorta nella sua
Visione, conduceva la preghiera, Cetuco rispondeva con grande devozione. Poteva
fare altro se non unire la sua voce a quell'insolita preghiera? Erano mattutini
mariani come di certo mai nessuno aveva visto fino ad allora. Passò un certo
tempo, poi l'atteggiamento della bambina lasciò intendere che l'estasi stava per
terminare. Sua madre si affrettò a partire per prima, per aiutarla eventualmente
durante il ritorno. Precauzione inutile: la veggente, senza uscire dal suo
rapimento estatico, in ginocchio e a ritroso, fece una meravigliosa discesa
sulla neve, aggirando tutti gli ostacoli. All'evocazione di tali episodi - che
non sono gli unici - si resta stupefatti nel leggere come persone serie siano
giunte a dire che tutto a Garabandal aveva una spiegazione naturale..., che
tutto, o quasi tutto, era dovuto solo all'interesse dei genitori per le bambine
e a una ricerca di notorietà e di esibizionismo da parte di queste ultime, le
quali, secondo alcuni, cadevano in estasi solo quando si sapevano circondate da
un pubblico di curiosi! Durante i mesi di gennaio e febbraio 1962, poche
giornate paiono degne di nota. Si assistette al ripetersi difatti incredibili,
come quelli che abbiamo appena descritto; eppure questi fatti sembravano sempre
nuovi. Poco a poco le estasi delle bambine ripresero il consueto ritmo anteriore
al 18 di novembre. È importante, tuttavia, sottolineare una singolarità di
queste settimane: l'interesse mostrato dalla Madre del Cielo verso tutti i Suoi
figli in situazioni penose: malati, anziani, moribondi, deceduti di recente...
Testimonianze come queste abbondano: «Stanotte stessa, le bambine hanno pregato
molto per tutti i malati... » «Dopo essere cadute in estasi e aver pregato al
"Cuadro", visitarono le case dei malati, dando loro il crocifisso da baciare e
pregando con loro... » «Quel giorno (31 gennaio) dopo il rosario in chiesa,
Mari-Cruz in estasi percorse il paese, visitando molte case dove dava il
crocifisso da baciare; andò poi anche dal nonno di Jacinta, Leoncio (quasi
moribondo), e vi restò un quarto d'ora circa, pregando con lui, dandogli il
crocifisso da baciare... Poco dopo, arrivarono Loli e Conchita che fecero la
stessa cosa e restarono con lui per un'ora. E qui tornarono in sé e si sedettero
sul bordò del letto... » Le attenzioni verso il povero «zio Leoncio», che spesso
perdeva conoscenza, non cessarono neppure quando terminò i suoi giorni in questo
mondo. Si legge in una annotazione di Don Valentin dell'8 febbraio 1962: «Alle 9
di sera, Mari-Loli in estasi uscì da casa sua, raggiunse la casa di Leoncio,
dove si trovava la sua spoglia mortale, e diede il crocifisso da baciare a
quasi tutte le persone presenti del paese. Pregò davanti al feretro e poi se ne
andò... » Tutti questi interventi della Madonna a Garabandal avevano lo scopo di
mostrarci come vivere la nostra fede nelle diverse circostanze della vita,
soprattutto quelle di maggiore sofferenza.
Capitolo sesto
RIFIORISCE LA SPERANZA
Tempo di Quaresima
La
Quaresima, tempo forte della liturgia e della vita cristiana, sarebbe cominciata
tardi, in quell'anno 1962. Il Mercoledì delle Ceneri, giornata densa di
significato, cadeva il 7 marzo. Gli abitanti di Garabandal sapevano che la
Quaresima è un tempo di penitenza, per cui tentavano di imporsi qualche
mortificazione secondo le antiche tradizioni. Tuttavia, alla luce di quello che
succedeva, quelle penitenze tradizionali acquisivano per tutti, o almeno per
molti, un significato particolare. Fu così che la richiesta di un miracolo - non
nuova per altro nelle preghiere estatiche delle ragazze - divenne supplica
quotidiana. Il 12 marzo, si udì chiaramente questa supplica nel corso d'un
colloquio di Loli con il defunto Padre Luis Maria Andréu. Due giorni più tardi,
il 14, Jacinta ripeteva con insistenza alla Madonna: «Su, compi il miracolo,
così la gente finalmente crederà». E Maximina Gonzàlez scriveva fin dal 7 marzo
alla signora Asuncion Pifarré: «La notte scorsa Jacinta e Mari-Loli chiedevano,
come sempre, un miracolo: "Dai! dicevano, fai un miracolo. Lo farai? Dai!
Vengano splendori, poiché la gente non crede. Fa' un miracolo affinché tutti
credano... Dopo l'estasi abbiamo chiesto loro cosa avesse risposto la Santa
Vergine; esse replicarono che, per tutta risposta, la Vergine sorrideva».
Eppure numerosi miracoli si erano prodotti a Garabandal e continuavano a
prodursi, ma non erano sufficientemente spettacolari agli occhi della gente.
Probabilmente le bambine non avrebbero insistito tanto se la Madonna non avesse
lasciato loro intendere che alla fine sarebbe giunta una grande «prova» circa la
verità di questi eventi. «Crederanno! Crederanno!», era solita ripetere in tono
profetico - anche se un po' afflitto - la misteriosa Apparizione. L'umana, la
troppo umana impazienza dei fedeli era spiegabile: i
mesi passavano e non succedeva nulla di decisivo. Di queste settimane di
Quaresima, scandite da meraviglie «ordinarie», la giornata del 18 marzo,
vigilia di San Giuseppe, fu particolarmente luminosa. Domenica 18 marzo
arrivarono a Garabandal due preti in abiti civili: uno dei due era il celebre
Padre José Silva, fondatore della «Città dei Ragazzi» di Orense. Durante il
pomeriggio e la notte dal 18 al 19, non smise di seguire da vicino le ragazze in
estasi, ferme o in movimento, a volte importunandole e sforzandosi di cogliere
quanto più possibile dei loro misteriosi dialoghi. I genitori delle piccole
veggenti dovettero richiamarlo all'ordine, così come il brigadiere della
guardia civile. Alla fine, un sacerdote in abito talare, notando che questi
rimproveri non sortivano effetto, e vedendo che Jacinta aveva persino rischiato
di cadere, spinse malamente Padre Silva credendo si trattasse di uno
scocciatore qualunque. Nello stesso istante, Jacinta si voltò e pose il
crocifisso sulla bocca dei due sacerdoti, che si guardarono, si capirono, si
abbracciarono e si avviarono insieme verso la chiesa, dove si confessarono
reciprocamente fra le lacrime. Siccome non avevano l'autorizzazione per
celebrare la messa all'interno della chiesa, decisero di farvi un'ora di
Adorazione notturna. La cosa era difficile per una questione di permesso e di
chiavi: della chiesa, della sacrestia, del tabernacolo. Alla fine, tutto si
risolse: i due sacerdoti fecero un'ora di Adorazione «sui generis». Uno dei due
testimoniò poi: «Abbiamo recitato il rosario come non mai in vita nostra, quasi
tutto con le braccia aperte a forma di croce». E il brigadiere della guardia
civile, Juan Alvarez Seco: «Potemmo fare l'ora di Adorazione, in alcuni momenti
con le braccia aperte a forma di croce. In seguito facemmo quasi tutti la Santa
comunione. Fu meraviglioso». Maximina, in una lettera del 21 marzo alla
famiglia Ortiz di Santander, scrive: « C'erano qui molti sacerdoti... L'altra
notte, alle 3 del mattino, nel corso di un'ora di Adorazione, chiesero ad
alcuni dei presenti di commentare i misteri del rosario. Il primo fu il signor
Matutano. La gente piangeva commossa. Il Marchese di Santa Maria si scusò di non
poterlo fare a causa dell'emozione che lo attanagliava. I Padri parlarono molto
e Padre Silva notò: "Che peccato per colui che, ammesso a contemplare tutte
queste meraviglie, si rifiuti poi di meditarle. Io giuro davanti a Dio: credo
che tutto questo sia vero''. Parlarono moltissimo... » Pochi giorni più tardi,
un'altra giornata meravigliosa: quella del 25 marzo, festa dell'Annunciazione
della Vergine Santissima (che dà inizio al punto più alto della storia:
l'Incarnazione del Figlio di Dio). In quell'anno coincideva con la terza
domenica di Quaresima. Sim6n, il buon padre di Jacinta, qualche giorno più tardi
confessava al dottor Ortiz: «Avevo spesso pensato che, a causa della data, quel
giorno sarebbe stato particolare. E così avvenne. Le tre bambine, Conchita,
Mari-Loli e mia figlia, che fino ad allora avevano sempre recitato il rosario,
quel giorno lo cantarono dall'inizio alla fine. All'inizio dell'Apparizione
solo un piccolo numero di noi le accompagnava, ma poco a poco la gente uscì di
casa e alla fine, quasi tutto il paese era presente. Provavo una gioia immensa;
in effetti, conosco bene mia figlia, so quanto sia timida e per questo pensavo:
deve sicuramente contemplare qualcosa di meraviglioso per cantare in quel modo.
La mia gioia e la mia emozione in quel giorno furono così intense quasi avessi
visto l'Apparizione stessa! » Anche Maximina dà la sua testimonianza: «La
domenica, giorno dell'Annunciazione, le estasi cominciarono alle 9 e mezzo e si
conclusero a mezzanotte. Le ragazze cominciarono il rosario cantando. Poi
riferirono che la Madonna chiedeva a tutti di partecipare: cantavamo tutti, non
so se potete immaginare la nostra straordinaria emozione. Sempre cantando
scendemmo poi al cimitero e, in ginocchio, recitammo un mistero sul portale
d'ingresso. All'improvviso, Conchita passò il braccio attraverso la griglia del
portale con il crocifisso in mano: sembrava che volesse offrirlo da baciare. Si
commossero persino i cuori più duri... Poi, sempre cantando sino alla fine,
tornammo al paese. Intonammo la Salve Regina, il cantico "Cantiamo l'amore
degli amori" e altri canti che le bambine inventavano nella loro estasi... E
dicevano: "Ah! quanto è contenta la Madonna per la presenza di così tanta gente!
Come sorride! Come ci guarda tutti!"»
«Le
mie vie... » dice il Signore
Mentre la gente incalzava le bambine a chiedere un miracolo (un miracolo
spettacolare, perfettamente convincente secondo criteri umani), non riusciva a
discernere i numerosi miracoli che si realizzavano, più incredibili e importanti
per la salvezza delle anime di qualsiasi altro prodigio straordinario. Di
questi miracoli, ricchi di grazia salvifica ma non abbastanza vistosi, pochi
sono giunti a nostra conoscenza: e ciò si spiega a causa del loro carattere
eminentemente intimo. Come, per esempio, il caso di una signorina di Segovia.
Tutti sapevano della sua condotta «mondana»: scoprì a Garabandal la sua vera
vocazione, e, serenamente ma irrevocabilmente, entrò nell'Ordine delle Figlie
della Carità. Il fatto successe alla fine del gennaio '62, in seguito ad alcuni
segni da lei ricevuti durante l'estasi di Loli. Nessuno avrebbe potuto prevedere
quel cambiamento interiore che si manifestò la notte stessa. Il giorno seguente
la madre della signorina confidava a una sua amica: «Dev'essere successo
qualcosa di eccezionale a mia figlia: ha pianto tutta la notte! E non ricordo di
averla mai vista piangere prima d'ora». Qualche tempo dopo, l'ingegnere tedesco
già ricordato, Maximo Fòschler, trovò a Garabandal la fede. La scrivo in
corsivo per indicare che non si tratta di una fede qualsiasi, ma della fede
cristiana per antonomasia, quella cattolica, la sola che io consideri veramente
piena. (Scrivendo questo, non ho intenzione di manifestare nessuna disistima
per altre credenze, se sono professate con retta intenzione). Con rettitudine,
l'ingegner Fòschler praticava la religione protestante nella quale era stato
cresciuto ed educato da genitori pii. Salì a Garabandal non a causa di dubbi
religiosi, ma per l'amicizia che lo legava alla famiglia Andréu. Ne abbiamo già
parlato. All'epoca della sua prima visita, accadde l'incidente d'auto al Col de
Piedras Luengas, seguito dall'inspiegabile guarigione della caviglia fratturata
di Padre Ramon. Perché tornò di nuovo a queste alture all'inizio del 1962?
«Padre Ramon Maria Andréu doveva iniziare un corso di Esercizi Spirituali a
Loyola il 19 marzo: ci teneva molto che vi partecipassi anch'io. Francamente,
non avevo gran voglia di andarci: mi chiedevo cosa potesse farci un protestante
in un santuario come quello di Loyola. Per questo decisi di tornare a Garabandal
nella speranza di trovare una soluzione. Arrivammo al villaggio sabato 17
marzo. Formavamo un bel gruppo di amici di Madrid, insieme con mia moglie e uno
dei miei figli. Vedemmo una prima estasi di Mari-Loli alle 9 di sera: intesi
che quest'estasi sembrava interamente dedicata a mia moglie, a mio figlio ed a
me. Raccontare nei dettagli cosa successe renderebbe il resoconto
interminabile. Il giorno successivo, seconda domenica di Quaresima, alle 6 del
pomeriggio, assistemmo tutti al rosario che per me fu veramente emozionante ».
Durante questo rosario, l'ingegner Fòschler chiese insistentemente che se tutto
quello proveniva dalla Vergine, gliene fosse data una prova tangibile, senza
equivoci, più precisamente durante un'estasi di Jacinta (che da molti giorni
non ne aveva), una prova per lui, lui solo. Durante le prime ore della notte,
Mari-Loli ebbe un'apparizione, da sola, con una marcia estatica per le vie del
paese: Maximo Fòschler pensò che gli esercizi a Loyola non rientrassero nel suo
destino. Improvvisamente, a notte già avanzata, venne annunciato che Jacinta
aveva avuto la «chiamata» e alle 3 precise cominciò la sua estasi. Per un po',
l'ingegnere si mescolò tra coloro che accompagnavano la marcia estatica; ma,
vedendo che non succedeva niente, niente di ciò che aveva chiesto, si ritirò
rattristato nel piccolo bar di Ceferino. Alcuni minuti più tardi vi giunge la
bambina in estasi; si fa strada in mezzo agli astanti e va diritta verso
l'ingegner Fòschler dandogli da baciare il crocifisso con il quale lo segna
consecutivamente per tre volte: lui, e nessun altro... «La risposta del Cielo
era evidente per me: il giorno dopo, 19 marzo, arrivavo a Loyola per cominciare
i primi Esercizi Spirituali della mia vita». Quello che successe in seguito, il
lettore può immaginarlo: Maximo Fòschler entrò solennemente nella Chiesa
cattolica, con il battesimo del 31 marzo, e il giorno seguente, 1 aprile,
riceveva commosso la sua Prima Comunione. Le grazie del Signore verso questa
persona a Garabandal non terminarono con la sua conversione al cattolicesimo.
«Nel corso di altre visite, mi successero molte cose; non posso raccontarle
tutte nei dettagli... Ma non posso tacere quanto segue: Un giorno Mari-Loli,
all'uscita da un'estasi, mi prese in disparte e mi comunicò quello che la
Vergine Santissima le aveva detto di me... Con la timidezza propria delle
ragazzine e con la poca cultura che aveva allora, Loli mi parlò a lungo con
grande naturalezza. Mi raccontò tutta la mia vita, gli eventi, le situazioni,
dai primi anni fino a quel giorno... Assolutamente nessuno al paese poteva
conoscere tali dettagli... (alcuni erano sconosciuti persino a mia moglie; io
stesso ne avevo dimenticati molti, che mi tornarono in mente mentre li sentivo
ricordare dalla bambina)». Anche questo fatto ha una «spiegazione naturale»,
secondo l'opinione più volte ribadita, ma mai provata, della famosa Commissione
d'inchiesta? O era un gioco da bambine, come si volle pretendere? La gente
persisteva a chiedere un miracolo per credere. Non possiamo non fare la
seguente osservazione: la prima conversione alla fede fu quella di una giovane
israelita; la seconda quella di un protestante; la terza? Ci piacerebbe poterlo
scrivere: quella di un cristiano ortodosso (vale a dire di un fedele delle
Chiese orientali scismatiche). Allora per una grazia provvidenziale si
troverebbero simbolicamente raccolte in correlazione con il mistero di
Garabandal, le tre più importanti fedi dei «fratelli separati» che per Maria,
nostra Madre, dovranno un giorno riunirsi in Gesù per realizzare il desiderio a
Lui tanto caro: che si faccia un solo gregge sotto un solo Pastore. Ma se ancora
ignoriamo se un ortodosso si sia mai convertito alla nostra fede a Garabandal,
sappiamo però che le bambine, fin dall'inizio, salutarono la Celeste Apparizione
nell'antica lingua liturgica dei cristiani d'Oriente, recitando più di una
volta l'Ave Maria in greco. Ora, nel disegno di Dio, tutti i dettagli hanno il
loro significato e la loro portata.
Il
tempo del Mistero Pasquale
Per
il cristiano, la Quaresima si conclude con una settimana che, per la sua densità
liturgica e religiosa, è celebrata come Settimana Santa. Non deve stupire
il fatto che il carattere penitenziale proprio di tutta la Quaresima raggiunga
il suo punto culminante in quest'ultima settimana. Da sempre i figli della
Chiesa l'hanno vissuta così. Anche la Vergine Santissima ha tenuto a
sottolinearlo in quella Settimana Santa del 1962 passata con i suoi a
Garabandal. E’ sufficiente ricordare un fatto: «Durante la Settimana Santa,
la Madonna mi chiese di andare alle 5 di mattina (a recitare il rosario alla
"Calleja"). Ci sono andata perché la Vergine chiede sempre che si faccia
penitenza» (Conchita nel suo diario). I giorni della Settimana Santa
concentrano la nostra attenzione sui diversi quadri del grande Mistero Pasquale:
Passione e Trionfo, Morte e Vita, Annientamento ed Esaltazione. Il Signore Gesù
ha voluto viverli pienamente. Ma è necessario che anche noi ricordiamo e
riviviamo quei misteri personalmente e comunitariamente, foss'anche soltanto
nel momento della loro commemorazione annuale nella liturgia. La Chiesa da
sempre si è mostrata molto attenta a questo riguardo, nelle sue celebrazioni
cultuali. Ma anche il popolo cristiano è sensibilissimo a queste celebrazioni,
in maniera particolare nelle nostre regioni spagnole. Di qui la proliferazione
di confraternite e di gruppi che rappresentano le scene della Passione,
processioni, predicazioni, figurazioni sceniche sacre. La Settimana Santa a San
Sebastian de Garabandal, piccola e povera parrocchia, non poteva rivaleggiare
con quella di altri luoghi del nostro paese, ma quella del 1962 si svolse in un
ambiente veramente unico. Per la prima volta nella sua storia, il piccolo
villaggio vide affluire numerosi stranieri che vennero a trascorrervi i giorni
«santi». Alcuni giungevano da terre molto lontane. Era evidente che non venivano
per il paese in sé, ma perché una «Misteriosa presenza» vi si manifestava, e
venivano a cercare ciò di cui tutti abbiamo bisogno, ciò a cui diamo il valore
più alto. Fu così che nelle prime ore del pomeriggio di quel Venerdì Santo, il
20 aprile, giunse a Garabandal una signora di Barcellona, molto nota in Spagna
per il suo talento di scrittrice e per la sua posizione sociale, vincitrice di
molti premi letterari: la signora Mercedes Salisachs de Juncadella. Saliva a
Garabandal con un interrogativo impresso nel suo cuore sensibile di madre: cosa
ne era stato di suo figlio Miguel, tragicamente morto in un incidente alla
tenera età di 18 anni? A questo figlio aveva rivolto un affetto tutto
particolare e più di un volta aveva trovato in lui un prezioso confidente. La
sua tragica scomparsa era stata per lei un colpo terribile che l'aveva
lasciata per lungo tempo psichicamente e spiritualmente prostrata: smarrimenti,
ribellioni, perdite di fede si succedevano in lei con una violenta intensità.
Con una gran pena la signora Mercedes aveva tentato di uscire dalla sua
prostrazione per tornare alla normale pratica cristiana. Ma non poteva
strapparsi dal cuore quella domanda straziante: dov'è, e come sta ora lui?
Finché un giorno sentì parlare di ciò che accadeva in quel luogo appartato della
montagna cantabrica. Pensò subito: se il Cielo comunica con quelle bambine di
Garabandal, non potrei trovare lassù, tramite loro, la risposta che cerco
tanto? Il Giovedì Santo si mise in cammino (un lungo cammino, non solo di
chilometri) verso Garabandal. L'importante era accedere a Garabandal con una
disposizione di umiltà interiore. Bisognosa, terribilmente bisognosa di
ottenere una grazia speciale che la viaggiatrice non poteva a nessun titolo
rivendicare, doveva rimettersi semplicemente e totalmente all'immensa bontà di
Dio. La sera stessa del suo arrivo al paese, il Venerdì Santo, porse alle
bambine la domanda che la angosciava: «Quando vedrete la Madonna, chiedetele di
mio figlio». «Che succede a suo figlio?», chiese una di loro. «E morto!» Non ci
furono altre spiegazioni, e non fu fatto il nome del ragazzo... Nel corso
dell'estasi, fu subito chiaro che le ragazze stavano parlando alla loro Visione
della donna e del figlio. Tuttavia, né il pomeriggio di quel giorno, né durante
le lunghe ore di veglia che seguirono, giunse una risposta a quella madre tanto
angosciata. Credette persino di percepire un rifiuto: «Tutte le volte che la
bambina in estasi mi dava il crocifisso da baciare, lo sottraeva poi palesemente
alle mie labbra. Se tutto questo era vero, l'idea che la Vergine rifiutasse
apposta i miei omaggi mi faceva soffrire crudelmente... » Successe poi qualcosa
di ancor più crudele quando la signora Mercedes riuscì a parlare con le due
bambine uscite dall'estasi: «Allora, non vi ha detto niente?» «Sì, la Madonna mi
ha risposto, ma al momento non posso dirle niente» (parole di Loli che Jacinta
ripeté poi). Lasciarono la signora Mercedes di ghiaccio. Davanti a lei aveva le
ore della notte per rimuginare i suoi tristi pensieri: la sua posizione di
fronte a Dio, la possibile situazione di suo figlio. Una vera notte da Venerdì
Santo! Non sappiamo se quella donna riuscì, nella sua afflizione, a prendere
sonno quella notte: sappiamo invece che il giorno seguente non le portò grande
consolazione. Il calendario indicava il 21 aprile: Sabato Santo. Liturgicamente,
era giorno di moderata serenità e di santa speranza. L'orazione che si recitava
ad ogni ora dell'Ufficio divino esprimeva questi sentimenti, ma per la signora
di Barcellona ogni slancio di speranza consolatrice sembrava bandito. «Il
Sabato Santo non fu per me migliore del giorno precedente. Nonostante la
cordialità che mi prodigavano gli abitanti e perfino le mamme delle bambine,
tutto il paese era ostile ai miei occhi. Mi sembrava che quei tratti di
amabilità fossero dovuti alla pietà, oppure al timore che aveva risvegliato
negli astanti l'evidente isolamento al quale la Vergine mi aveva condannata. A
me importava poco ciò che pensava la gente; quello che mi faceva davvero
soffrire era percepire l'imperturbabile disdegno che, visibilmente, il Cielo mi
testimoniava». Alla fine, al termine delle proprie riflessioni silenziose,
toccata dalla grazia divina, la donna assunse il vero atteggiamento cristiano:
«Accettavo tutto, mi sottomettevo completamente alla volontà di Dio». Si sentì
considerevolmente sollevata; anche se non del tutto libera dalla sua angoscia
interiore, prese la decisione di non rivolgere più domande al Cielo e di non
aspettarsi più il minimo segno dalle bambine. Nel corso delle prime ore della
notte, non ci furono processioni attraverso il paese, ma alcuni indimenticabili
cammini estatici. Le quattro bambine, tenendosi per mano, percorsero con passo
leggero tutte le vie, seguite da una folla che portava lampade, pregando e
cantando inni... Quella singolare processione si concluse verso le 22 e 30. A
quell'ora cominciava in chiesa la solenne veglia pasquale, officiata
quell'anno da un gesuita: Padre Félix Corta, venuto al paese per le
confessioni e le cerimonie liturgiche della Settimana Santa. Le vie erano
deserte così come le case, con qualche rara eccezione: abitanti e stranieri si
raccolsero in chiesa per celebrare i riti della veglia pasquale che si sarebbe
conclusa con gli «Alleluja» della gioiosa messa della domenica di Pasqua. Un po'
più tardi, le donne del paese si raccolsero di nuovo, per recitare, secondo un
antico costume, un rosario prima dell'aurora. La signora Mercedes ricorda:
«Malgrado la stanchezza, mi sentii spinta ad unirmi a loro. Cantando e
pregando, cominciammo a percorrere le viuzze: l'atmosfera di devozione che
regnava era impressionante! Non ricordo un mattino di Pasqua più fervente di
quello. Stavamo per incominciare il terzo mistero quando avvenne l'insperato...
» Loli arrivò al braccio della Marchesa Rosario de Santa Maria per comunicare
finalmente la risposta tanto attesa della Vergine: quel figlio tanto compianto
godeva in Cielo di una felicità totale. «Il seguito sono incapace di
descriverlo. Ricordo solo con precisione che baciai Loli come se fosse Miguel
stesso. Poi, mi ritrovai nelle braccia di Rosario che pure piangeva e mi diceva
cose che non ero in grado di capire. La gente faceva circolo intorno a me; tutti
mi guardavano spaventati ed emozionati». La scena dovette essere certamente
molto commovente, poiché il brigadiere della guardia civile, Juan Alvarez Seco,
ha lasciato scritto qualche anno dopo: «La scena che successe vicino alla
cabina del trasformatore rimase bene impressa nella mia memoria e credo che non
si cancellerà mai. Penso che sarà la stessa cosa per quanti ne furono
testimoni». Loli non poté trasmettere integralmente alla signora Mercedes il
messaggio celeste a causa del suo pianto e della sua commozione. Lo fece più
tardi quando si ritrovarono in casa, dopo l'indimenticabile rosario. «La
Vergine mi ha anche detto che suo figlio è molto, molto felice e che è tutti i
giorni con lei. Io sapevo già che suo figlio era in Cielo; lo sapevo già da ieri
perché la Madonna me lo aveva rivelato, ma dovevo tacere perché Ella me lo
aveva ordinato: "Dighelo solo domani dopo la Messa di Pasqua" ». Certamente una
strategia così sottile non poteva essere frutto della mente della bambina.
Durante il Venerdì e il Sabato Santo, giorni in cui si rivive il mistero della
Passione, la Vergine aveva fatto passare quella donna attraverso lunghe ore di
umiliazione, di sofferenza e di oscurità. Sarà solo con gli «Alleluja» della
messa pasquale che le accorderà questo insperato e celeste regalo. Ecco come
Mercedes Salisachs conclude il suo racconto: «Quando tutto si concluse in quel
bel mattino, mi pareva di camminare sulle nuvole... » Se nel caso precedente
possiamo dire che vi fu una sorta di incontro con la grande gioia della Pasqua,
nell'episodio che segue assisteremo ad un incontro tutto personale con il
mistero. Nei luoghi e all'ora in cui quella signora catalana faceva le
esperienze che abbiamo appena riassunto, un altro distinto visitatore del paese
viveva le sue con non meno forte emozione. Si trattava di un noto medico di
Vitoria: il dottor José de la Vega. Uomo pio ma poco incline all'entusiasmo
religioso, salì a Garabandal come molti altri per semplice curiosità, per
vedere cosa accadeva lassù. E quello che succedeva produsse su di lui un effetto
tale che si ritenne obbligato, in coscienza, a farlo conoscere. In un giornale
della sua città, El pensamiento Alavés, apparve un articolo con la sua
firma, il 27 aprile 1962, venerdì di Pasqua. Tutto l'articolo è improntato a una
serena e intima convinzione personale: è un articolo che non si basa sul
«sentito dire», né tantomeno su una visione superficiale della realtà. «Dal 18
giugno scorso, possiamo dire che la Madonna percorre quotidianamente le vie
tortuose di un piccolo villaggio perso in mezzo alle cime dei Picchi d'Europa
(per essere esatti, le cime di Garabandal non sono proprio i Picchi d'Europa, ma
sono molto vicine ad essi). Un intero paese, di appena 70 famiglie, vive da mesi
in pieno sconvolgimento. Quattro bambine, quasi ogni giorno una o più volte, a
ore fissate in precedenza, pregano, parlano, baciano la Vergine immerse in
estasi. Le loro famiglie ne sono vivamente turbate. Ho trascorso con loro la
Settimana Santa. Ho ascoltato gli abitanti e i visitatori. Ho conversato con le
bambine prima e dopo le loro visioni. E siccome professionalmente non trovo
spiegazione a ciò che io stesso ho visto, mi sento spinto a credere al miracolo.
- Ma lei, ha visto la Madonna? - mi chiederanno alcuni - No, io non ho visto la
Madonna, ma ho sentito la Sua presenza con l'anima e con il cuore. Un padre
gesuita che mi accompagnava mi diceva all'inizio. "La vedo scettico, dottore".
"No, padre, sono solo completamente sconcertato. Il mio desiderio più grande
sarebbe quello di sperimentare la stessa cosa che provano le bambine e quelli
che le accompagnano, ma lei sa meglio di me che la fede è un dono che Dio non
concede a tutti nella stessa misura. Qualche ora dopo questo dialogo, per la
seconda volta, potei seguire da vicino un'apparizione. Era l'alba del Sabato
Santo. Pioveva senza sosta e l'intero paese era un miscuglio di fango e
pietre. Con le lampade in mano, seguivamo con passo lento le veggenti che, in
estasi, percorrevano le strade. Le mani giunte sul petto, stringevano un
crocifisso, con la testa completamente rivolta all'indietro e gli occhi fissi al
Cielo... Talvolta si inginocchiavano, pregavano, baciavano la croce... La metà
degli abitanti e tutti i forestieri le seguivano affascinati». Racconta poi le
diverse tappe di quella marcia estatica, già a noi nota per via di altri
racconti simili di tanti visitatori di Garabandal, e vi aggiunge la propria
esperienza e quella di sua moglie. Termina così: «Tornerò a Garabandal come vi
tornano tutti quelli che ci sono andati. Porterò con me amici e medici e
chiederò loro di cercare una spiegazione al mistero di queste quattro piccole
montanare. Ma più ancora, chiederò a Dio che mai nessuno possa privarmi
dell'emozione che ho provato quel mattino di Sabato Santo: è così bello credere
al miracolo! ».
Capitolo settimo
ERSO LA PIENEZZA
Tempo pasquale: l'Angelo della Comunione
Il
mercoledì di Pasqua, 25 aprile, Maximina Gonzalez scriveva una lettera
alla famiglia Pifarré di Barcellona, in cui è annotato un particolare
interessante: «Era molto tempo che le bambine non vedevano più l'Angelo. Ieri
sera hanno parlato a lungo con la Madonna. Noi non le capivamo, ma le vedevamo
molto felici: la Madonna stava dicendo loro che l'Angelo sarebbe ritornato per
dar loro la Comunione nei giorni in cui non ci fosse stata la Santa Messa...
Così, adesso, avrebbero visto più spesso l'Angelo. Infatti qui a Garabandal non
abbiamo messe all'infuori della domenica. Oggi l'Angelo ha dato loro la
comunione alle 5 del mattino. Le abbiamo viste inghiottire l'ostia dopo aver
porto la lingua; quindi in continuazione hanno recitato una estacién, e
tutto questo sempre in estasi... » Mi pare che dall'ultima estate, l'Angelo non
era più tornato a dar loro la comunione. Qui, conviene porsi due domande: Perché
questo intervento soprannaturale per delle bambine, non sante ma creature di
buona volontà, affinché potessero ricevere il Signore tutti i giorni o quasi?
Perché il Cielo si cura che questo accada specialmente in tempo pasquale? A
Garabandal si realizzò, prima di tutto e con una profusione senza precedenti,
una splendida Epifania mariana. In essa Maria volle mostrarsi pienamente
Madre nostra; volle che questa maternità fosse sentita e vissuta fin
quasi alla sazietà (se si può parlare di sazietà in simili realtà). Ma Maria non
è per noi un «fine», e tanto meno nessuno la ricerca per se stessa. Gli incontri
con Lei e il nostro accedere - come le bambine - alla sua scuola di formazione
dovrebbero farci incontrare veramente Gesù... Nessuno potrà comprendere lo
strano e complesso «mistero» di Garabandal senza valutare la sua dimensione
essenziale così sintetizzabile: «A Gesù attraverso Maria». Ora Gesù è per noi,
qui e ora, Presenza Eucaristica nel Santissimo Sacramento, sull'altare. E’ per
questo che a Garabandal, sin dal 18 giugno 1961, data di inizio degli eventi,
non ci fu apparizione o estasi che non avesse connessione o riferimento a
questa ineffabile presenza del Signore nell'Eucarestia. L'avvocato di Palencia,
Luis Navas Carrillo, che molto spesso si recò a Garabandal osservando i fatti
con viva attenzione, scrisse: «Chiesero alle bambine perché nelle loro estasi
andassero così spesso verso la chiesa, sapendo che l'avrebbero trovata chiusa
(secondo le disposizioni dell' autorità diocesana stabilita nell'agosto del
1961). Risposero candidamente: "Perché alla Madonna piace stare vicino a suo
Figlio Gesù"». Ritroviamo qui, a illuminare questo aspetto delle apparizioni,
una delle fondamentali esortazioni del primo messaggio: «E necessario
visitare spesso il Santo Sacramento». Ma l'Eucarestia non è soltanto la
presenza reale e continua di Gesù fra noi; essa è anche e principalmente il
«pane di vita» (Gv 6,51) di cui devono nutrirsi le anime. E’ per questo
motivo che a Garabandal l'attenzione delle veggenti e degli spettatori è stata
subito attratta verso la comunione: in essa si realizza il grande incontro
personale con il Cristo Salvatore. Scrive Conchita nel suo diario: «L'Angelo
San Michele all'inizio delle apparizioni ci dava delle ostie non consacrate,
perché avevamo già mangiato... era venuto per insegnarci a fare la comunione.
Poi, un giorno, ci chiese di andare ai Pini l'indomani, a digiuno. Obbedendo ai
suoi ordini, giungemmo ai Pini, dove l'Angelo ci apparve con un ciborio d'oro e
ci disse: "Vi daò la comunione, ma stavolta le ostie sono consacrate. Recitate
il Confesso a Dio onnipotente..." Noi lo recitammo e in seguito ci diede
la comunione. Poi ci chiese di fare il ringraziamento e di recitare con lui la
preghiera Anima di Cristo. Infine terminò dicendo: "Tornerò domani". E
scomparve». Questa prima comunione, ricevuta dalle mani dell'Angelo, pare
avvenne agli inizi di luglio del 1961. E sicuramente questo episodio che
Conchita raccontò nel novembre 1967, alla pittrice Isabel De Daganzo di Burgos:
«Ricevemmo la prima comunione dalle mani dell'Angelo, MariCruz ed io, ai Pini,
alle 5 del mattino. Alle 6 fu la volta di Loli e Jacinta che la ricevettero un
po’ più giù, in un luogo chiamato la "Campuca", vicino all'attuale cappella di
San Michele e alla pietra che la gente ormai chiama "la Pietra dell'Angelo"».
Questo fatto si rinnovò per parecchie settimane (anche se non sempre allo stesso
modo) come Conchita stessa scrive nel suo diario: «L'Angelo venne a portarci
la comunione per molti giorni». Ma questi fenomeni dovettero
interrompersi probabilmente all'inizio dell'autunno, al più tardi a partire dal
18 ottobre 1961. Maximina dice infatti nella sua lettera ai Pifarré di
Barcellona: «Mi sembra che dall'estate scorsa l'Angelo non sia più tornato per
dare la comunione». Perché, dunque quel ritorno al fervore eucaristico durante
il tempo pasquale del 1962? Due caratteristiche distinguono il tempo liturgico
pasquale: da un lato la celebrazione prolungata del trionfo di Gesù sulla morte;
dall'altro, l'ardente desiderio della Chiesa di stimolare i fedeli ad una
migliore comprensione di quel mistero attraverso la partecipazione
all'Eucarestia. E nell'Eucarestia infatti che il Cristo «nostra Pasqua»
realizza e perpetua il suo sacrificio per noi come «Agnello di Dio che toglie i
peccati del mondo». Questo precetto della Chiesa esorta a «comunicarsi almeno
una volta all'anno durante il tempo pasquale». La promessa fatta dalla Madonna
alle bambine, nel corso delle estasi del Martedì di Pasqua, era dunque
significativa: «L'Angelo verrà ora a darvi la comunione tutti i giorni quando
non ci sarà la Santa Messa al paese». La promessa si realizzò, come conferma
un'altra lettera del 4 maggio 1962 di Maximina, tranne che per Mari-Cruz (non se
ne conosce il perché). «E’ stupefacente vederle arrivare (Loli e Jacinta alle 6
del mattino e Conchita alle 8) alla porta della chiesa dove hanno luogo le
estasi; cadono in ginocchio per terra e, in estasi, recitano il Confesso a
Dio onnipotente... terminando con una preghiera a Gesù Sacramento. E’ una
grossa emozione per me vederle!... » Le annotazioni scritte di Don Valentin sul
fenomeno delle visioni ripresero il 12 maggio 1962, dopo una lunga
interruzione. Questi appunti parlano, molto spesso, di queste comunioni
misteriose per le mani dell'Angelo. Potremmo definire gli eventi di Garabandal,
nella primavera del 1962, come un continuo passaggio dal Mariano all'Eucaristico
e dall'Eucaristico al Mariano. Questa annotazione del sacerdote, datata 12
maggio, è assai «sintomatica»: «Alle 8 del mattino, come al solito, Conchita
andò con sua madre e molta gente alla "Calleja" a recitare il rosario. Lo
recitò in stato normale. Andò poi alla porta della chiesa dove cadde in estasi e
recitò il Confesso a Dio onnipotente... Dopo la preghiera, uscì
dall'estasi e disse che l'Angelo le aveva dato la comunione. Il tutto era durato
una quindicina di minuti». Il giorno dopo, 13 maggio, era anche il 45°
anniversario della prima apparizione di Fatima. E possibile che a Garabandal
nessuno se ne ricordasse. Ma vuoi il caso, vuoi la Provvidenza, questa data non
passò inosservata. Dagli appunti di Don Valentin sappiamo che il tempo era
pessimo: «pioveva e grandinava». Al calar della sera Jacinta e Loli entrarono in
estasi: sotto la pioggia e la grandine percorsero il paese, cantando cantici e
recitando preghiere. Giunsero alla casa di un certo Jeronimo, morto il giorno
prima, lì pregarono con i presenti per i vivi e per i defunti. Salirono in
seguito ai Pini, dove recitarono con calma il rosario e scesero poi a ritroso
verso il paese... Quella veglia notturna si protrasse a lungo; verso mezzanotte,
Conchita uscì nuovamente di casa in estasi e percorse di nuovo le vie, recitando
il rosario e dando da baciare il crocifisso. Raramente si è risposto in modo
tanto esemplare alla richiesta fondamentale di Fatima: «Fate penitenza, pregate,
chiedete perdono per i peccatori... » Le diverse annotazioni di questo periodo
confermano abbondantemente i fatti. Il 15, festa di Sant'Isidoro, patrono dei
contadini in Spagna, «verso le 8 del mattino, Conchita andò come al solito alla
"Calleja" per recitare il primo rosario; poi da lì si recò fino al portico
della chiesa; cadde in estasi e l'Angelo le diede la comunione. . . » Il 16:
«Oggi Conchita è andata ai Pini alle 9 del mattino. Dice che l'Angelo le ha dato
la santa comunione...» A proposito di questi fenomeni così tipici di Garabandal,
conviene fare qualche osservazione, poiché fin dall'inizio suscitarono
disaccordi. Conchita stessa scrive nel suo diario: «Quando lo dicevamo alla
gente, alcuni non ci credevano, soprattutto alcuni sacerdoti, perché - dicevano
- gli angeli non possono consacrare. Quando rivedemmo l'Angelo, glielo riferimmo
e lui ci precisò allora che prendeva le ostie nei tabernacoli, che le prendeva
sulla terra (non le portava dal Cielo) già consacrate. Lo dicemmo alla gente, ma
qualcuno dubitava ancora». Questa obiezione che gli angeli non hanno poteri
sacerdotali si dissipò molto presto per alcuni. Ma per altri continuò a sembrare
un fenomeno fuori luogo: dal momento che c'erano dei sacerdoti, che senso aveva
l'intervento degli angeli? Non era una specie di inutile spreco di azioni
soprannaturali o miracolose? Era evidente che l'Angelo agiva sempre a titolo
suppletivo, come «ministro straordinario» per rimediare all'assenza del
sacerdote, ministro ordinario della comunione. Ora, questa assenza era
frequente a Garabandal, poiché il parroco risiedeva a Cossio, dove celebrava
abitualmente la Messa. Nei pochi giorni feriali in cui la Messa veniva celebrata
nel paese di San Sebastian, le bambine difficilmente potevano assistervi, per
via del loro orario scolastico e delle faccende domestiche. Un testimone
eccezionale di tutto questo, Don José Ramon Garcia de la Riva, ex parroco di
Barro e ora di Lugas (Asturie), afferma nelle sue memorie: «Ho potuto
constatare che l'Angelo non dà la comunione alle bambine quando il parroco o un
altro sacerdote autorizzato per esercitare il ministero a Garabandal è
presente e officia il rito. Lo annoto qui come risultato di uno studio che ho
intrapreso e che ho potuto verificare a più riprese». Più di una volta, queste
comunioni furono occasione di grandi lezioni per le bambine. Jacinta non
dimenticherà mai una lezione che ricevette fin dall'inizio. Un giorno, mentre si
trovava inginocchiata fra due delle sue amiche, pronta a ricevere l'ostia, vide
l'Angelo passare oltre. Gli chiese il perché con le lacrime agli occhi e le fu
risposto che le veniva rifiutata la comunione a causa di una risposta villana
data a sua madre. «L'Angelo tornò a darmi la comunione solo quando mi fui
confessata». Termineremo questo capitolo con qualche dettaglio sulle
circostanze di queste stupefacenti comunioni estatiche. I luoghi dove furono
più spesso somministrate furono: la pietra della «Campuca», i Pini e le porte
della chiesa... Quanto all'ora, come se volesse dar prova di osservare
scrupolosamente la disciplina della Chiesa, l'Angelo non dava mai appuntamento
oltre le ore della mattina. Per ciò che riguarda il «rito», si seguiva quello in
vigore per la comunione al di fuori della Messa: l'Angelo le invitava dapprima a
un po' di riflessione, a pensare «a Colui che stavano per ricevere»... Seguiva
poi la recita penitenziale dei Confesso a Dio onnipotente, per la
purificazione dell'anima... la comunione e infine, per evitare una partenza
affrettata, l'Angelo esigeva l'azione di grazie che si coronava con la recita
dell'orazione Anima di Cristo. La durata era abitualmente di una
quindicina di minuti. Garabandal, su questo e su altri punti, veniva a portare a
tempo debito i richiami del Cielo a certe deviazioni nefaste che già si stavano
diffondendo nella Chiesa.
Le
notti delle grida
Alle soglie della grande festa eucaristica del 1962, quella del Corpus Domini
che cadeva giovedì 21 giugno, ci furono a Garabandal due notti che non saranno
dimenticate facilmente. Tre giorni prima della festa, si produsse un evento che,
a mio avviso, non fu sufficientemente compreso: la ripresa del ruolo attivo
dell'Arcangelo San Michele nello svolgersi degli eventi. Non si trattava più per
lui di venire soltanto a dare la comunione alle bambine, secondo un modo
divenuto ormai abitudinario; veniva a prendere attivamente parte a una specie di
rilancio di tutti gli eventi. Il 18 giugno, Don Valentin annota: «Al calar della
sera, Mari-Cruz si recò al "Cuadro", dove cadde in estasi... Poi camminò per il
paese. Poco dopo Jacinta e Loli uscirono a loro volta di casa, andarono pure al
"Cuadro" dove caddero in estasi. Dissero di trovarsi in presenza dell'Angelo».
Don Valentin si rendeva conto della novità del fatto? Per molti mesi San Michele
era come sparito, o si presentava solo per compiere, silenziosamente, un
ministero occasionale. Oggi tornava per giocare un ruolo nuovo Don Valentin si
rendeva conto della data in cui l'Angelo riappariva? Il 18 giugno! Un anno
prima, in quello stesso luogo, l'Arcangelo e le bambine si erano incontrati per
la prima volta. Quanti avvenimenti si erano susseguiti da allora, e quanti
altri ancora sarebbero accaduti! Il giorno seguente, martedì 19 giugno, il
sacerdote annotò un'altra volta: «alle 10 e 30 della sera, Jacinta, Mari-Loli e
Mari-Cruz ebbero un'apparizione al "Cuadro"... Già prima Loli e Jacinta vi erano
andate di corsa e, arrivate, erano cadute in ginocchio in estasi; videro
l'Angelo che disse loro di tornare più tardi alle 10 e 30. Tornarono al paese e
all'ora indicata risalirono con Mari-Cruz». Questo secondo colloquio con
l'Angelo dovette essere impressionante e terribile, a giudicare da alcune
parole delle bambine e dalle lacrime che versavano: «Non dirci così!... Portaci
via!... Che si confessino... Che si preparino!... » La breve nota, poco
dettagliata, di Don Valentin, che talvolta annota soltanto in modo sintetico
parole riferite da altri, non dà un'idea precisa di quello che dovette essere
quell'incontro al «Cuadro». Eloisa de la Roza, cognata del dottor Ortiz, si
trovava in quella stessa ora in casa di Conchita, la' quale non era andata con
le sue amiche: sua madre non aveva acconsentito a lasciarla uscire perché le
faceva male un ginocchio. Era già notte avanzata, quando arrivò il signor
Ruiloba, in preda a una viva emozione, che disse loro senza preamboli: - Ma non
avete sentito le grida che lanciavano le altre tre bambine nella «Calleja»? -
No. - Era spaventoso. Don Valentin dice nelle sue annotazioni che «questo
episodio durò 50 minuti» e che, alla fine, spinte dalle angoscianti domande
degli astanti, le ragazze dissero che avrebbero messo per iscritto il racconto
della loro estasi. Io possiedo una fotocopia del breve testo firmato da due
delle quattro bambine, datato 19 giugno 1962. Non è molto quello che dice, ma è
importante quello che lascia intravedere: «La Madonna ci ha detto (o piuttosto
ci ha fatto dire dall'Angelo) che a torto non ci preoccupiamo del Castigo,
poiché verrà senza che ce lo aspettiamo. Perché il mondo non è cambiato, e Lei
ci ha già avvertito due volte. Non lo ascoltiamo, e il mondo va peggio. Bisogna
cambiare molto, e niente finora è cambiato. Preparatevi, confessatevi: che il
castigo presto e molto grande verrà se il mondo non cambierà... Che tristezza
che il mondo non cambi! Se non cambia, un castigo grandissimo verrà presto».
Firmato: Mari-Dolores Mazon, Jacinta Gonzalez. Le bambine cercavano con queste
righe scritte in forma ripetitiva, malgrado la loro povera capacità di
espressione, di inculcare in maniera pressante le due o tre esortazioni udite e
vissute (e con quale intensità!) nel corso della loro angosciante estasi.
Garabandal, quella notte, dopo le urla impressionanti della «Calleja», non
dovette riposare tranquillamente. Ma erano in arrivo ore peggiori. Mercoledì 20
giugno il giorno cominciò luminoso. Il mattino Conchita... Ma sentiamo il
racconto di Eloisa de la Roza, cognata del dottor Ortiz: «Accompagnavo Conchita
su ai Pini dove lei sperava che l'Angelo le avrebbe dato la comunione. Pregavamo
e aspettavamo... ma la cosa andava per le lunghe. La madre della ragazza,
Aniceta, si voltò impaziente verso il paese e vide davanti a casa sua una
persona che le sembrava essere un frate o un sacerdote: "Sembra che porti dei
cordoni bianchi", disse. Allora Conchita si alzò e si affrettò a scendere: noi
la seguimmo... » Il nuovo arrivato era Padre Félix Larrazabal, francescano,
superiore della casa-collegio che l'Ordine aveva allora nel piccolo paese di
San Pantaleon de Aras (nella provincia di Santander). Don Valentin lo conosceva
molto bene. Veniva a Garabandal per occuparsi spiritualmente della parrocchia
in occasione della festa del Corpus Domini. La signora Eloisa prosegue: «Il
Padre celebrò la Messa in chiesa e ci diede la comunione. All'uscita, Aniceta
commentò: "Che ragione c'era di farci aspettare tanto lassù? Ogni volta che
viene un sacerdote al paese per dare la comunione, l'Angelo non viene ». Passò
la giornata. «Nelle prime ore della notte - continua la nostra testimone - mi
stavo recando a casa di Mari-Cruz per riprendere un rosario che le avevo
lasciato, quando per strada appresi che le ragazze si trovavano già nella
"Calleja" e allora mi avviai in quella direzione in tutta fretta... Ma non potei
arrivare fin là. Le bambine, all'uscita dall'estasi nella quale avevano appena
visto l'Angelo, fecero sapere da parte sua che nessuno doveva oltrepassare
l'ultima casa del paese; le veggenti avrebbero dovuto rimanere sole nella
"Calleja" al riparo da ogni curiosità; si sarebbero potute sentire ma non
vedere». Eloisa si aggregò al gruppo di persone che, tremanti e silenziose,
seguivano da lontano lo svolgimento di una nuova estasi delle piccole.
«Lanciavano delle grida spaventose -. scrive - che l'oscurità e il silenzio
della notte rendevano ancor più impressionanti... Si colsero delle esclamazioni
come: "Aspetta! Aspetta! No, no! Si confessino tutti! Ahimé! Ahimé!". Venne il
momento in cui la gente cominciò a chiedere perdono a confessarsi pubblicamente.
Padre Félix Larrazabal, molto emozionato, pregava ad alta voce e noi tutti lo
seguivamo... Osservai che quando per un motivo qualunque lui interrompeva la
preghiera, le bambine ricominciavano a piangere e a urlare in modo ancor più
angoscioso... Si placavano solo quando la preghiera ricominciava». Quanto durò
tutto questo? Nelle annotazioni di Don Valentin si dice che l'apparizione si
concluse verso le 2 del mattino. Secondo il racconto di Eloisa, «le bambine,
tornando allo stato normale, dissero alla gente che sarebbero rimaste sul posto
tutta la notte per pregare. - E noi, cosa facciamo? - Quello che volete! Nessuno
di noi si mosse; rimanemmo lì a pregare con loro fino alle sei del mattino. A
quell'ora mattutina il Padre si recò in chiesa seguito da tutto il paese e
cominciò la sfilata delle confessioni... Credo che si confessò tutto il paese.
E, secondo l'opinione di tutti, furono confessioni di una sincerità e di un
pentimento veramente straordinari». Alcuni mesi più tardi, la madre di Jacinta
diceva a Maria Herrero de Gallardo: «Sentivamo piangere le bambine in mezzo a
tali e tante grida e tale e tanto orrore che istintivamente mi alzai per correre
verso mia figlia per vedere cosa le stesse succedendo: fui con forza respinta
indietro. Finita la visione, le piccole vennero verso di noi con il volto tutto
bagnato di lacrime. Chiesero a tutti di confessarsi e comunicarsi, lasciando
intendere che rischiavamo di imbatterci in qualcosa di terribile... » Un uomo
scettico del paese, poco incline a lasciarsi dominare dalla paura e
dall'emozione, il muratore Pepe Diez, affermava ancora anni dopo in mia
presenza: «Non potete immaginare cosa fu; non ho mai vissuto nulla di simile».
Cosa possono aver visto allora le bambine? Il 7 ottobre dello stesso anno 1962,
Maria Herrero si arrischiò a porre la domanda a Mari-Loli. Questa, malgrado la
sua ripulsione a parlarne, poté solo dire balbettando: «Oh! Era orribile a
vedersi! Eravamo spaventatissime... Non trovo parole per descrivere ciò che
vedemmo. Vedemmo, per esempio, fiumi che diventavano sangue... fuoco che cadeva
dal Cielo... e qualcosa di ben più spaventoso che non posso ancora svelare. Il
messaggio che ricevemmo allora ribadì che noi non ci preoccupavamo del castigo,
mentre esso verrà quando meno ce lo aspettiamo. La Madonna chiese che tutti si
confessassero e si comunicassero». Quello che la bambina rivelò non è molto.
Quelle poche parole, tuttavia, devono bastarci per sapere cosa ci aspetta e
quindi comportarci di conseguenza. Di fronte all'orribile spettacolo che
avevano contemplato, le ragazze pregarono la Madonna di portare con Lei i
bambini (Loli e Jacinta avevano allora dei fratellini più piccoli) e risparmiare
loro tali sofferenze. Ma la Madonna disse loro che quando queste cose sarebbero
successe i bambini sarebbero stati adulti.
Miracolo eucaristico o frode sacrilega?
Dopo due veglie come quelle delle «notti delle grida», possiamo immaginare quale
fervore avrebbe regnato a Garabandal per il Corpus Domini del 1962...
L'indomani di quella festa avvenne un evento che ha suscitato, forse più di ogni
altro, discussioni e perplessità: sto parlando del cosiddetto «Miracolo
dell'Ostia». Conchita scrisse nel suo diario: «Siccome insistevamo tanto presso
la Vergine e l'Angelo affinché operassero un miracolo, il 22 giugno, mentre
stavo per ricevere la santa comunione dalle mani dell'Angelo, egli mi disse: -
Sto per fare un miracolo, non io, ma Dio, per mio tramite e il tuo. Io gli
dissi: - In cosa consisterà? E lui replicò: - Mentre ti darò la comunione,
l'ostia santa sarà visibile sulla tua lingua. - Ma quando mi dai la comunione,
l'ostia è visibile sulla mia lingua - dissi pensosamente. Mi ribadì allora che
la gente non vedeva l'ostia, ma che il giorno del miracolo l'avrebbero vista».
Conchita rimase probabilmente un po' delusa per un miracolo in cui non
trovava nulla di spettacolare. Si arrischiò a dire: «Ma questo miracolo sarà
poca cosa ("es muy chicu ")». L'Angelo si limitò a sorridere. Per alcuni
giorni la bambina restò con la curiosità di conoscere la data di questo «piccolo
miracolo» («milagrucu»). Alla fine, il 29, festa degli Apostoli Pietro e Paolo,
mentre si trovava ai Pini (forse attraverso una locuzione interiore) udì una
voce che le diceva: «Il 18 luglio si realizzerà il miracolo, il piccolo
miracolo, "el milagrucu" come lo chiami tu». Il 29 giugno era ancora
considerato giorno festivo in Spagna. Cadendo quell'anno di venerdì, apriva un
periodo di tre giorni festivi: venerdì, sabato e domenica; molte persone
provenienti da diverse località ne approfittarono per recarsi a Garabandal. Tra
loro c'era anche un certo Luis Navas Carrillo, avvocato di Palencia. Voglio
tuttavia evidenziare due punti significativi che meritano di essere menzionati.
Il primo è la speciale attenzione della Vergine verso i ministri di Dio (il
clero stava infatti per attraversare la peggiore crisi che abbia conosciuto la
Chiesa nel corso della storia); il secondo è l'opera di misericordia
particolare nei confronti di una giovane uruguaiana, Concepcion Zorrilla, membro
della compagnia del famoso teatro parigino delle «Folies Bergère». La notizia
che un miracolo stesse per accadere si propagò progressivamente. Conchita lo
disse dapprima alle sue tre compagne; poi, d'accordo con loro, al sacerdote
asturiano José Ramon de la Riva. Quest'ultima comunicazione venne fatta ai Pini,
nel pomeriggio del 2 luglio. Ma il sacerdote asturiano se ne andò senza sapere
la data in cui il miracolo sarebbe avvenuto, poiché Conchita non era ancora
stata autorizzata a rivelarla. Dovette attendere qualche giorno, per svelare il
segreto: «Io lo dissi al paese - scrive nel suo diario - ho anche
scritto delle lettere... » Ho avuto occasione di leggere alcune di queste
lettere: sono redatte in stile telegrafico: «L'Angelo mi ha detto che il 18 di
questo mese si vedrà l'ostia nell'atto della comunione». Un destinatario di
queste lettere fu il dottor Ortiz, di Santander. Questi, allarmato di fronte a
tale annuncio, salì a Garabandal per mettere al corrente la piccola di alcune
considerazioni. Nel corso della loro conversazione, Conchita espresse questa
riflessione: «Ma questo miracolo mi sembra veramente molto piccolo! Più tardi
verrà quello della Vergine, quello si, sarà un miracolo! Allora non si
dubiterà più». Il dottor Ortiz ricevette da Conchita l'incarico di invitare Don
Francisco Odriozola, sacerdote di Santander: un invito speciale perché si
recasse a Garabandal il 18 luglio. Don Odriozola non tenne assolutamente conto
di questo invito. Era il membro più influente della Commissione d'inchiesta e
si impegnava, ogni giorno di più, nella sua ostile opposizione ai fenomeni che
accadevano nel paese... Il paese stesso, a cominciare dal suo parroco, Don
Valentin, sentiva crescere il timore e la diffidenza verso l'evento annunciato.
Leggiamo nel diario di Conchita: «Don Valentin, che aveva dei dubbi sulla
realizzazione del miracolo, mi disse di non scrivere più altre lettere. Così
pure un abitante del paese, Eustaquio Cuenca... La gente di Garabandal non
credeva». Il 18 luglio era un mercoledì. E già fin dalla domenica
precedente arrivarono visitatori che desideravano essere testimoni del
miracolo. Tra loro c'era di nuovo Luis Navas Carrillo che ricominciò a prendere
regolarmente appunti. Conclude con questa osservazione: «Trassi la conclusione
che se spesso la semplice curiosità costituisce, all'inizio, il solo motivo
della visita a Garabandal, questa curiosità deve ben presto cedere il posto a
quello che si prova qui e che spinge, a poco a poco, alla preghiera e al
sacrificio, fino a gustare la pace e la serenità di un Piccolo Tabor». Ma le
veggenti non vivevano sempre la calma del Tabor. Il signor Navas Carrillo si
stupì del fatto che non ci fosse per loro nessuna eccezione né dispensa dai
lavori quotidiani: «Mi ricordo che un giorno eravamo andati a letto dopo l'alba,
verso le 6 del mattino; alle 10 Maria-Dolores si trovava già in chiesa per la
Messa. Poco dopo la vidi al lavoro. Faceva la spola tra la casa e il prato con
le spalle che sparivano sotto una enorme gerla di foraggio». Una breve nota
dello stesso Navas Carrillo ci descrive l'ambiente del paese verso la fine della
serata del 17, vigilia del grande e atteso avvenimento. «Durante il giorno
arrivarono molte auto. Le case si riempivano, diventava difficile trovare un
letto per la notte. Ancora una volta i fienili del paese furono messi a
disposizione perché tutti potessero trovare riposo». Il 18 luglio fu doppiamente
un giorno di festa: per i visitatori, perché speravano di assistere a un
fenomeno meraviglioso, secondo quanto Conchita aveva annunciato; per la gente
del paese, perché era per loro «il gran giorno dell'anno», la loro festa
patronale. In tarda mattinata, ci fu in chiesa la Messa solenne cantata e
celebrata, con diacono e suddiacono, come si faceva prima dei numerosi
mutamenti conciliari. «Era bello - disse il signor Navas - vedere tante
comunioni, specialmente di molti forestieri giunti al paese. Fu necessario
spezzare a più riprese le ostie, perché tutti potessero comunicarsi». Le ore
della giornata scorrevano lentamente: dapprima cariche di speranza, poi, nel
pomeriggio, di crescente tensione. «E man mano che il tempo passava - ci dice
questo testimone - la nostra inquietudine cresceva, al punto da tramutarsi, alla
fine, in vera angoscia». «Imputavamo quel ritardo - forse anche l'annullamento
del prodigio annunciato - al ballo che si stava svolgendo in paese (non
dimentichiamo che era la festa patronale). E il tempo passava. Facevamo mille
congetture. Quanto a me, non potevo dimenticare cosa era successo il 18 ottobre
precedente... Mi faceva soffrire l'idea che la fede e le buone disposizioni di
molte persone, soprattutto di quelle che venivano a Garabandal per la prima
volta, potessero essere così calpestate». Calata la notte, molti curiosi
cominciarono ad abbandonare il paese. Era soprattutto all'interno e attorno alla
casa di Conchita che si aspettava, in attesa del miracolo. La bambina si
mostrava fiduciosa, senza apprensione, ma, intorno a lei, l'atmosfera si
caricava di inquietudine e di nervosismo. Alla fine, a notte inoltrata,
«l'Angelo mi apparve, restò un po' con me e come gli altri giorni mi disse:
"Recita il Confesso a Dio onnipotente e pensa a Colui che stai per
ricevere..." Poi mi diede la comunione e mi disse di recitare l'Anima di
Cristo, di fare il ringraziamento e di tenere fuori la lingua con la Santa
Ostia, fino a quando se ne fosse andato e fosse venuta la Madonna... »
(diario di Conchita). La bambina ebbe dunque l'impressione che tutto si
svolgesse all'interno di casa sua, senza che lei si fosse spostata. In realtà,
alcuni poterono assistere alla scena all'esterno della casa... «La vidi
scendere le scale - testimonia la signora Ortiz - con le mani giunte sul petto,
la testa rivolta all'indietro, la bocca socchiusa, con un'espressione di
felicità veramente meravigliosa». Accanto alla donna, un gesuita, professore
all'Università di Comillas e specialista in materia di spiritualità, il Padre
Bravo, poté contemplare la bambina e non sapeva cosa dire, riusciva solo a
ripetere: «Che meraviglia! Che meraviglia! » In estasi, Conchita usci in
strada. E attorno a lei, la gente faceva ressa. Suo fratello Miguel, piuttosto
robusto, e il solito Pepe Diez si misero da ciascun lato per proteggerla. Dopo
aver svoltato l'angolo del gruppo di case, la bambina cadde in ginocchio in
mezzo alla strada, aprì la bocca e tirò fuori la lingua come se stesse per
comunicarsi. E... Il fatto è indubitabile, attestato e confermato da numerosi
testimoni: sulla lingua della piccola, tirata fuori con grazia sul labbro
inferiore, si vide per qualche istante un'Ostia bianca. Benché fosse buio, la
scena era sufficientemente illuminata da una moltitudine di lampade elettriche;
fu quindi possibile scattare alcune fotografie. Per alcuni il miracolo fu
indiscutibile fin dal primo istante. Altri, specialmente quelli che non erano
in prima fila tra gli osservatori, sollevarono subito dei dubbi, oggi non ancora
dissipati. Dopo la comunione, la ragazza intraprese una marcia estatica. La
prima fermata fu la «Calleja», dove un gruppo di persone aspettavano il
miracolo. Tra loro si trovava anche il nostro amico, Luis Navas. Da lì, Conchita
scese a ritroso verso il villaggio... Per due volte andò fino alla porta della
chiesa, recitò il rosario percorrendo le vie, visitò il cimitero e infine cantò
la Salve Regina, dopo aver fatto baciare alla Visione molti oggetti che
le erano stati affidati. Poi tornò a casa sua in stato normale. La signora
Ortiz le disse: «Come devi essere contenta, Conchita! Finalmente il miracolo è
arrivato! » «Sì, ma la Madonna mi ha detto che molti, nonostante abbiano visto,
non crederanno». La Commissione d'inchiesta del Vescovo di Santander (nessun suo
membro si degnò di salire a Garabandal per osservare e constatare direttamente
quel che poteva succedere) si irrigidì nella sua posizione, sostenendo che
nessun fenomeno miracoloso poteva essere provato e attribuendo alla
suggestione, all'allucinazione e al-l'isteria collettiva ciò che gli astanti
dicevano di aver visto... Persino davanti a prove evidenti, come i negativi
delle fotografie che erano state scattate, nego i fatti e si rifugiò
nell'ipotesi di una frode. «Conchita, aiutata da qualcuno, aveva montato tutto
questo con grande abilità, ed ella stessa aveva preparato ciò che in seguito
avrebbe mostrato sulla sua lingua» Ma le testimonianze di quelli che erano stati
più vicini alla ragazza, nel momento decisivo, erano schiaccianti. Come quella
del muratore Pepe Diez, quella del giovane Miguel Gonzàlez e del saggio
agricoltore di Pesués, Benjamfi Gomez: «quando Conchita aprì la bocca per
comunicarsi, sulla sua lingua, esaminata con una potente lampada, non c’era
niente di niente, e all'improvviso apparve un'ostia di un biancore
immacolato»... Avrebbero rilasciato certamente questa dichiarazione nel modo più
categorico e sotto giuramento davanti a un tribunale ecclesiastico. Ma né questo
tribunale fu mai costituito, né essi furono invitati a deporre. Due uomini
venuti da lontano vissero quella notte durante il fatto dell'Ostia due
esperienze personali particolarmente intense: si tratta di Alejandro Damians di
Barcellona e di un medico francese di Parigi, il dottor Caux. Della lunga
testimonianza del signor Damians voglio riprendere solo qualche punto:
«Devo segnalare che, poco prima della mezzanotte, le nubi che in precedenza
oscuravano il cielo si dissiparono: una moltitudine di stelle, molto luminose
tra quei monti, cominciò a brillare intorno alla luna. Grazie a quella luce e a
quella delle pile tascabili che rischiaravano la strada, potevo vedere
chiaramente Conchita con la bocca aperta e la lingua fuori, nel classico
atteggiamento di chi sta per ricevere l'ostia. Era più bella che mai! La sua
espressione e i suoi gesti, lungi dal provocare il riso e dal sembrare ridicoli,
erano di un misticismo impressionante e commovente. All'improvviso, senza ch'io
possa descrivere come, senza che Conchita avesse modificato nulla del suo
atteggiamento o della sua espressione, la santa Ostia apparve sulla sua lingua.
E impossibile rendere l'emozione che provai in quel momento! E che provo tuttora
ricordando quell'istante... E’ qualcosa che mi prende il cuore, lo riempie di
tenerezza, rendendomi incapace di trattenere le lacrime che mi inondano gli
occhi. Non mi resi conto del tempo che era passato. Ricordo solo, come in un
sogno, le voci che mi gridavano di abbassarmi, e di aver sentito un colpo
violento in testa... » E cosa successe al dottor Caux? Il giorno dell'Assunta
dell'anno seguente, 15 agosto 1963, i due si incontrarono di nuovo a Garabandal
ed ebbero un dialogo che fu poi con cura messo per iscritto. Eccone i passaggi
essenziali, più interessanti: Damians: «Quello che provai interiormente non lo
potrò mai descrivere». Caux: «Mi dica, ha guardato per tutto il tempo?» Damians:
«Si, da quando mi sono trovato vicino alla bambina non ho mai smesso di
guardarla e posso giurare che non ho perso di vista la sua lingua nemmeno un
istante. Vidi formarsi l'Ostia sulla sua lingua con una rapidità che l'occhio
umano non può cogliere. Rimasi stupefatto e ammutolito con una commozione
profondissima. Senza rendermene conto, presi la mia cinepresa e filmai
rapidamente gli ultimi secondi del miracolo. La felicità che provai in quel
momento, non la cambierei certamente per un miliardo di pesetas, né per nessuna
cosa al mondo. Era una gioia così immensa, così profonda che né posso spiegarla
né condividerla con altri. Qualcosa di incredibile. Qualcosa per la quale darei
la mia vita e che non mi permise, poi, né di seguire le estasi della bambina,
né di andare con mia moglie, né di stare con nessuno. Potei solamente rifugiarmi
in un angolo e piangere in silenzio». Caux: «Sono contento di sentirlo.
Veramente. Ci sono ancora due cose che mi piacerebbe sapere: questa sua gioia
così grande era imputabile al suo stato di Grazia? Perdoni la mia
indiscrezione». Damians: «Le rispondo con molto piacere: sì, mi trovavo in
grazia di Dio; e la mia enorme emozione la produsse non il miracolo in se
stesso, non la vista della bambina con una cosa bianca sulla lingua, ma... - le
sto dicendo qualcosa di grande - quello che vissi, ciò che provocò quella
fortissima impressione, fu lo stare ALLA PRESENZA DEL DIO VIVO E VERO. Credo che
nessuno al mondo potrà procurarmi un emozione pari a quella che ebbi al VEDERE
LUI, nel momento più grande e più solenne della mia vita». Caux: «Lei non sa a
che punto mi rende felice da un lato e infelice da un altro. Io ho provato la
stessa sensazione, ma in senso inverso. Io avevo preparato tutto per filmare la
scena, era tutto a punto... quando tutto mi andò storto, per cui non potei
filmare proprio nulla. Soltanto all'ultimo istante, all'ultima frazione di
secondo sono riuscito a vedere l'Ostia che stava già sparendo inghiottita
dalla piccola. Nello stesso istante fui preso da un dolore spaventoso,
orribile, che mi affogava... IL DOLORE DI UN DIO PERDUTO: DI UN DIO CHE ERO
RIUSCITO AD INTRAVEDERE, PER VEDERLO SPARIRE. Fu solo in quel momento che
capii di essere in peccato mortale. Piangevo come lei, ma di dolore. Compresi
davvero che cosa fossero il peccato e l'inferno. Mia moglie cercava inutilmente
di consolarmi. Io non avrei saputo spiegarle niente e lei non mi avrebbe potuto
capire. Era qualcosa di troppo doloroso per essere condiviso e per riceverne
consolazione. Ebbi persino l'impressione, quella notte a Garabandal, che la
gente, il paese mi evitassero, come se avessero visto il mio peccato. Ora so
cos'è Dio e che cos'è l'inferno: non vedere Dio. Quella sensazione dell'inferno,
mi spinge a cercare di smuovere il mondo ed annunciare io stesso che cosa sia
successo e che cosa occorra perché le anime si salvino. La mia famiglia fu la
prima a credermi folle, benché ora non siano più dello stesso avviso. Ma le
assicuro che l'opinione degli altri mi importa ben poco: solo Dio mi importa».
In una lettera dell'aprile 1970, la Baronessa Marie-Thérèse le Pellettier di
Glatigny mi diceva: «L'altra sera a Parigi, il dottor Caux ci faceva delle
confidenze su ciò che aveva provato quella notte a Garabandal... Ci ha
assicurato che, nel momento preciso del miracolo, visse un'esperienza che le
parole umane non saprebbero tradurre: e cioè cosa voglia dire perdere Dio;
Caux percepì la realtà terribile dell'inferno nel preciso istante in cui fu
colto dall'orrore per il suo stato di peccato mortale. - Preghi per me,
signora, mi disse infine, perché io non ricada mai in peccato grave, ora che ho
fatto l'esperienza della sua terribile dimensione». Credo che questa pagina di
Garabandal sia di grandissimo valore, da qualunque punto di vista la si
esamini. Tuttavia, per un insieme di circostanze e di processi sommari che non
si riescono a spiegare, la più spessa cortina di dubbi e sospetti si è mantenuta
ostinatamente sul fenomeno che la genero. Testimoni come il signor Damians e il
dottor Caux non sono mai stati chiamati a deporre. La Commissione d'inchiesta si
trincerò senza aspettare oltre, nella convinzione che tutto era stato abilmente
montato da Conchita e dai suoi complici. Una domanda sorge allora spontanea:
perché non ci furono altre frodi analoghe, dal momento che esperienze come
quelle che vissero i due uomini ne sarebbero valse la pena?
Una
seconda estate a Garabandal
La
giornata del 18 luglio scatenò a Garabandal una vera effervescenza di commenti
e di atteggiamenti fra i più disparati. Durante gli ultimi giorni del mese di
luglio, e ancor più durante i primi giorni di agosto, l'afflusso dei visitatori
continuò ad aumentare. Arrivarono anche alcuni specialisti e persone
qualificate, che avrebbero cercato di spiegare e giudicare l'insieme dei
fatti: compito ingrato, in verità, poiché a Garabandal si è toccato con mano,
come raramente altrove, quanto siano insondabili i disegni del Signore (Rm 11,
33). I «saggi e i sapienti di questo mondo» (Lc 10-21) ne restavano sconcertati,
ed era già tanto se sapevano rifugiarsi in un silenzio discreto. Quella che
abbiamo denominato «dimensione eucaristica» di Garabandal acquisì durante
l'estate del '62 un'importanza speciale. Gli appunti di Don Valentin riportano
più volte questa annotazione: «Oggi le bambine dicono di aver ricevuto la
comunione dalle mani dell'Angelo». In data 2 agosto, festa di Nostra Signora
degli Angeli: «Conchita dice che dal 18 luglio, ogni volta che non viene
celebrata la Messa, l'Angelo viene a portarle la comunione, anche a Loli…» Se
queste comunioni passarono più di una volta inosservate, fu a causa dell'ora e
del luogo in cui si svolgevano. Merita una menzione speciale quello che successe
il 6 agosto, festa della Trasfigurazione del Signore. Nel corso della mattina,
dopo varie peripezie, giunsero tre frati di San Giovanni di Dio
(Fatebenefratelli), che avevano sentito parlare degli eventi di Garabandal. Si
informarono con più precisione al paese. Non era ancora mezzogiorno inoltrato
quando salirono ai Pini per mangiare alcuni panini. Appena avevano cominciato,
arrivò una ragazza con tre bambini; venendo a sapere che si trattava di
Conchita, la maggiore delle veggenti, cominciarono a porgerle delle domande e le
offrirono uno dei loro panini. «No, grazie, non possiamo prendere niente, perché
sono venuta qui per fare la comunione » Questa insolita risposta lasciò a bocca
aperta i tre frati che non erano al corrente di quel genere di comunione.
Qualche istante dopo, la ragazza si allontanò silenziosamente e lentamente dai
frati, poi cadde improvvisamente in ginocchio. «Due di noi si inginocchiarono
anch'essi, uno accanto a Conchita, l'altro a tre passi di fronte a lei per
osservarla meglio; il terzo, che aveva con sé la macchina fotografica, si
preparò a scattare qualche fotografia». Videro, colti dall'emozione, la scena
che tanti altri testimoni avevano già visto, quella delle «comunioni mistiche»
delle bambine. Ma accadde un fatto nuovo: la comunicanda, dopo la sua azione di
grazie, e sempre in estasi, con atteggiamenti e movimenti pieni di grazia,
presentò lo scapolare di ciascun frate al bacio dell'Angelo. Tornata poi allo
stato normale, disse loro che l'Angelo l'aveva condotta a fare la comunione ai
Pini a motivo della loro presenza e che, inoltre, l'Angelo le aveva consegnato
un messaggio per ciascuno di loro. Possiamo immaginare la loro impaziente
curiosità; ma dovettero tuttavia contenersi e accettare di aspettare, dal
momento che Conchita non era autorizzata a svelare immediatamente questi
messaggi. Il mese di agosto si concluse con un fatto che non è stato
sufficientemente messo in rilievo. Don Valentin lo riporta brevemente nelle sue
annotazioni con poche, succinte parole: «Loli ha un'apparizione a casa sua alle
5 e 30; dà alcuni oggetti da baciare alla Visione. Una signora inglese di fede
anglicana, con molta emozione, chiede il battesimo». Era mercoledì 29. La
conversione di questa signora inglese mi sembra molto significativa, se la
avviciniamo ad altri episodi simili: - la conversione di una giovane israelita;
- la conversione di un protestante; - la recita dell'Ave Maria nella lingua
liturgica dei cristiani orientali scismatici. Sembra che nel «mistero» di
Garabandal un'attenzione tutta speciale sia riservata ai nostri «fratelli
separati», affinché questa separazione sia felicemente superata per
l'intervento della materna bontà di Maria.
Principali eventi di settembre
Il
1 settembre cadeva di sabato, il primo sabato del mese, un giorno importante per
il significato che gli conferisce il Messaggio di Fatima... Dopo il rosario
della sera, in chiesa, Conchita cadde in estasi davanti alla porta dell'edificio
sacro. Due minuti più tardi, fu la volta di Loli e Jacinta e, altri due minuti
dopo, quella di Mari-Cruz. Era insolito che le ragazze avessero, tutte e quattro
contemporaneamente, un'apparizione nello stesso giorno e nello stesso istante.
Un pubblico numeroso le accompagnò nella loro marcia estatica. Salirono
dapprima ai Pini dove recitarono un altro rosario. A ritroso, intrapresero la
discesa verso il paese, si recarono al cimitero e fecero più volte il giro
della chiesa... Tre giorni più tardi si verificò un fatto inconsueto e di
importanza capitale. Nella notte del 4 settembre, Conchita ebbe un'estasi
prolungata, percorse le vie del paese fino al cimitero, dove cantò e pregò da
una parte all'altra. Sempre in estasi rientrò a casa, dove cadde in ginocchio e
cominciò a parlare. Uno degli astanti avvicinò alle sue labbra un microfono per
tentare di registrare le sue parole, appena percettibili... Dopo riascoltò la
registrazione: l'emozione fu grande. Si trattava del chiaro annuncio di un
miracolo. Annuncio che rapidamente diventò il principale oggetto dei commenti e
delle attese della gente. È attestato dunque che, in quei giorni di settembre
1962, per la prima volta venne annunciato, in modo chiaro, preciso e
incontestabile, un miracolo: un miracolo che non sarebbe stato affatto un
«piccolo miracolo». Dalle prime indicazioni, risultava che il miracolo: -
sarebbe stato molto grande; - sarebbe stato visto da tutti i presenti a
Garabandal e nei dintorni; - sarebbe stato visto dal Papa, in qualunque luogo
si trovasse in quel momento, e così anche da Padre Pio; - sarebbe stato
annunciato solo da Conchita. Un grande miracolo, a coronamento di tutti questi
eventi, è confermato in queste poche righe del diario di Conchita (secondo mie
informazioni, la bambina cominciò a scriverle nel settembre 1962 e smise nella
primavera dell' anno seguente): «La Vergine Santissima mi ha annunciato un
grande miracolo, che Dio Nostro Signore farà per Sua intercessione.
Poiché il castigo sarà grande, perché ce lo meritiamo, così anche il miracolo
sarà altrettanto grande, perché il mondo ne ha bisogno». L'annuncio del
miracolo fu sicuramente la grande novità di settembre; ma questo periodo non
manca d'interesse per altri motivi. Sarei quasi tentato di dire che questo mese
fu uno dei più ricchi di avvenimenti, così come testimoniano le precise note di
Don Valentin. A più riprese si parla in esse di: 1) Comunioni mistiche delle
bambine: «Abitualmente l'estasi non dura molto, ma è assai emozionante. La
bambina cade in ginocchio (sembra che il Cielo non sia assolutamente incline a
favorire la comunione in piedi). A voce molto bassa recita il Confesso a Dio
onnipotente, si fa il segno di croce, congiunge le mani sul petto, tira
fuori la lingua, inghiottisce qualcosa di invisibile, si rifà il segno di
croce, e infine recita a voce molto bassa l'Anima di Cristo. Poi
nuovamente si fa il segno della croce e torna allo stato normale. Sembra che le
preghiere dopo la comunione siano recitate dall'Angelo stesso... Le piccole
mantengono sempre il digiuno fino all'ora della comunione, secondo il vecchio
stile (vale a dire senza bere né mangiare niente dopo la mezzanotte
precedente)». 2) Estasi accompagnate da sacrifici: «Le bambine sogliono
aspettare a coricarsi sino alle 22 e 30; se a quell'ora non hanno ricevuto
nessuna chiamata, vanno a letto. Se ne hanno avuta una, aspettano l'Apparizione
tutto il tempo necessario, nonostante caschino dal sonno: la Madonna ha detto
loro che devono aspettare e fare dei sacrifici... Esse non mancano di farne,
poiché, durante la giornata, conducono una vita normale in casa loro, aiutando
le madri... La madre di Conchita mi ha detto che sua figlia dorme quasi meglio
su una sedia che nel suo letto; passa le notti seduta aspettando l'Apparizione;
dorme appoggiando la testa al muro. E il giorno seguente, immancabilmente,
riprende il suo lavoro. Le quattro bambine lavorano, lavano i piatti, puliscono,
vanno a fare il bucato al ruscello. Fanno tutto come le altre coetanee. La
mancanza di sonno e di riposo non compromette né la loro resistenza né il loro
aspetto». 3) Conversioni: «Nel corso di un'estasi notturna, nella notte fra il 5
e il 6 settembre, Loli ha pregato per una inglese non cattolica. Barbara era
pallida ed emozionatissima. Terminata l'estasi ha parlato con Loli; era
convinta che tutto avesse origine dalla Vergine e era ben decisa a farsi
cattolica». Quel mese di settembre fu un mese carico di speranze per tutta la
Chiesa per l'attesa dell'apertura del Concilio ecumenico Vaticano Il convocato
da Papa Giovanni XXIII. In quel Concilio, il Papa e tutta la Chiesa riponevano
enormi speranze... Già molti padri conciliari, con il loro seguito, si erano
messi in viaggio verso Roma. Alcuni di loro, provenienti dall'America Latina,
facevano sosta in Spagna: molti ne approfittavano per passare da Garabandal.
Cosa succedeva veramente lassù? Fu così che, per esempio, domenica 16 settembre,
due sacerdoti argentini giunsero al paese, osservarono con grande attenzione
quanto accadeva e rimasero colpiti spiritualmente da quei luoghi. Quei due
sacerdoti accompagnavano l'allora arcivescovo di Rosario, il cardinale
Caggiano. In quegli stessi giorni, il dottor Puncernau, neuropsichiatra di
Barcellona, che già prima aveva esaminato le veggenti, aveva ripreso le proprie
osservazioni sulle bambine... Il dottor Ortiz di Santander, che si trovava sul
luogo, lo avvicinò e gli chiese: «Ebbene, caro amico, quali sono le sue
conclusioni?» «Le bambine sono perfettamente normali, non ne ho il minimo
dubbio. E’ chiaro che i fatti non possono essere attribuiti ad alcuna malattia
psichica. È la terza volta che vengo qui per studiare il comportamento delle
veggenti; se avessi scoperto qualcosa di sospetto in loro, lo avrei detto».
Durante le estasi, alle bambine si permetteva di rivolgere ogni tipo di domanda
alla Vergine (dopo tutto, non si trattava di un incontro con la loro Madre?), ma
il dialogo verteva sempre su questioni molto importanti. «Com'è il Cielo?...
In Purgatorio, c'è il fuoco?... In Paradiso non si può entrare neanche con un
piccolo peccato?... Costa molto per un peccatore convertirsi?... Pregherò molto
perché vengano qui in molti e si convertano... E anche perché i buoni diventino
migliori... Sai, mio fratello ha molto mal di stomaco, non Ti chiedo di
guarirlo, ma soltanto di alleviare un po' il suo dolore» (Conchita, 25
settembre). «Vergine Santissima, fa' che non Ti abbandoni mai! Che Ti ami per
tutta la vita. Oh! che mai, mai ti lasci... Che Ti ami sempre, sempre fino alla
morte. Oh! Vergine Santissima, non abbandonarci» (Loli, la notte fra il 12 e il
13). Per Mari-Cruz le visioni e i dialoghi terminarono in quel mese di
settembre. Il 18 sarebbe stato il giorno della sua ultima «comunicazione» con il
Cielo attraverso il fenomeno straordinario dell'estasi. Erano già alcuni mesi
che aveva poche apparizioni; ma a partire da quel giorno cessarono
completamente. Perché? Soltanto il Cielo può dare una risposta. Si può solo
ipotizzare una spiegazione Il mistero di Garabandal, nonostante una delle
protagoniste fosse stata messa da parte e un'altra, Jacinta, avesse conosciuto
lunghi periodi senza estasi, non era ancora al suo termine. Quanto ancora
sarebbe durato il mistero? Quale ne sarebbe stato l'epilogo? «Estacion»:
preghiera costituita da un certo numero di Padre Nostro e di Ave Maria recitati
davanti al Santissimo Sacramento.
Capitolo ottavo
VERSO UNO STRANO EPILOGO
Garabandal e l'ultimo Concilio
Verso la fine di settembre ed i primi di ottobre del 1962, mai come prima si
concretizzava il detto: «Tutte le strade conducono a Roma». In effetti, tutte le
vie del mondo erano percorse da centinaia di Vescovi e dai loro consultori che
accorrevano all'appello del successore di Pietro. Anche il Vescovo di
Santander, mons. Eugenio Beitia Aldazabal, dovette partire. Ma prima di
lasciare la diocesi, in una data importante come quella del 7 ottobre, festa
della Beata Vergine del Rosario, pose la sua firma in calce a una Nota redatta
dalla Commissione con la quale i fatti di Garabandal venivano nuovamente
squalificati e si stringeva il cerchio ufficiale d'incredulità e di ostilità
verso di essi. Non si trattava di una «condanna» canonica, dal momento che
nessun processo canonico e nessuno «studio» degno di questo nome erano stati
avviati; e neppure si erano verificate nuove situazioni che consigliassero un
nuovo intervento della gerarchia. E allora? Forse, si voleva esprimere, una
volta per tutte, un giudizio definitivo su fatti che, a Roma, avrebbero potuto
suscitare domande imbarazzanti; e che, in quel momento, si scontravano
fortemente con quello «spirito di secolarizzazione» che - in certi settori della
Chiesa - aveva incominciato a prender fiato, sotto il pretesto del «cambiamento»
di cui il Concilio avrebbe dovuto essere l'alfiere. Il fatto è che Garabandal,
che si era presentato - e ciò appare più chiaro ogni giorno - in misteriosa e
stretta relazione con quanto avveniva a Roma (e ben presto nell'intera Chiesa),
a partire da quelle date dell'ottobre '62, ricevette alla vigilia del grande
evento conciliare quelli che molti speravano sarebbe stato il colpo di grazia.
Le conseguenze di questa nuova Nota episcopale - la prima del nuovo Vescovo,
mons. Beitia - non soddisfecero del tutto i membri della Commissione, ma furono
sufficienti a far scemare notevolmente l'afflusso dei visitatori. Sul retro di
un'immaginetta mandata al parroco di Barro (Asturie) il 25 ottobre, Loli
scriveva: «Vengono meno visitatori dal giorno della pubblicazione della Nota
vescovile, ma tutti i giorni viene gente». Don Luis Lopez Retenaga, del
seminario di San Sebastian (Guipùzcoa), annotava in un rapporto inviato due
mesi dopo: «La Nota del Vescovo di Santander ha seminato una strana confusione
fra i molti testimoni oculari dei fenomeni, giunti alla conclusione che
potessero essere stati causati solo da un intervento soprannaturale». Va tenuto
presente che in Spagna, a quell'epoca, la parola di un Vescovo era considerata
praticamente infallibile; per la maggioranza della gente il Vescovo era
l'incarnazione di tutta la Chiesa, era la Chiesa stessa...; opinione eccessiva
ma assai diffusa. Garabandal veniva dunque a trovarsi in una situazione di
quarantena gravida di sospetti. Ma che importanza aveva tutto ciò? Tutte le
luci erano ora puntate su Roma, dove, tra l'attesa e le rappresentanze del mondo
intero, stava per iniziare il grande Evento Cattolico del secolo... Vale la pena
ricordare ciò che accadde lassù, in quella piccola borgata dei monti cantabrici,
la sera stessa del giorno in cui il Vescovo firmava quella Nota così severa. Si
tenne una veglia del rosario in casa di Loli, in un'atmosfera d'intimità; e
Maria Herrero de Gallardo, già a noi nota, chiese all'improvviso alla bimba:
«Dimmi, Loli, quale Madonna vedi?» «Beh, c'è una sola Madonna, anche se la
chiamiamo in modi diversi: del Carmelo, del Pilar, del Rosario..» «D'accordo.
Ma come è la Madonna che vedi tu?» La bambina fece ancora una volta la
descrizione della Madonna che le appariva e concluse: «Soprattutto i suoi occhi
sono immensamente belli. Non esiste nulla di simile sulla terra! Non sono
paragonabili a niente e a nessuno di quaggiù. Posso solo dire che sono
bellissimi; non si può far altro che guardarli». Qualche ora più tardi, verso
l'1 e 30 della notte, Loli cadde in ginocchio nella cucina di casa. «Il suo viso
- dice Maria Herrero - era davvero trasfigurato; la testa rivolta verso l'alto,
i capelli ricadevano sulle spalle in maniera molto graziosa; i suoi occhi
guardavano estasiati. .. » Ad un certo punto dell'estasi, la bambina come di
consueto presentò al bacio della Madonna gli oggetti portati dai visitatori.
Tra questi c'era un piccolo messale che apparteneva alla signora Herrero:
questa si arrischiò a dire a Loli, terminata l'estasi: «Vista la rapidità con
cui hai presentato le pagine del mio messale al bacio della Vergine, non è che
le ha baciate troppo precipitosamente?» «Oh, no! Certo che no! La Santissima
Vergine non lo ha fatto con precipitazione. Ella fa tutto in modo perfetto».
Ottima lezione per tutti: fare ogni cosa grande o piccola con tutta la diligenza
possibile, senza precipitazione né negligenza. A Garabandal, da parecchie
settimane, si pregava per il Concilio: perché avesse un buon esito, per il bene
della Chiesa e del mondo. Durante una veglia di preghiera per quest'intenzione
(28 settembre), ci fu persino un'omelia di un Passionista in visita, Padre
Eliseo di Barcellona. L'avvocato Luis Navas, che si trovava lì, scrisse in
seguito nelle sue memorie: «In quel momento non invidiavo per nulla chi era
stato in luoghi rinomati come Lourdes o Fatima... Avevo lì la sensazione di
trovarmi sotto l'influenza più diretta, immediata e materna della Vergine». Per
molte persone che condividevano gli stessi sentimenti, era difficile accettare
che, senza mai addurre una sola prova, la Commissione si ostinasse nel
sostenere che i fatti di Garabandal non avevano alcun segno di soprannaturalità,
e che tutto poteva avere una spiegazione naturale. L'inaugurazione solenne del
Concilio era annunciata per l'11 ottobre, festa - allora - della Maternità di
Maria. Non so se la notte precedente Papa Giovanni XXIII avesse dormito molto,
lui che aveva convocato quel gran raduno ecumenico in cui aveva riposto tanti
sogni e tante speranze... A Garabandal quella notte ci fu una veglia. «Passai
l'intera veglia a casa di Conchita - scrive il parroco di Barro, Don José Ramon
de la Riva. - In quello stesso giorno, 10 ottobre, era stata pubblicata sulla
stampa la Nota del Vescovo. Io ero accorso questa volta a Garabandal con
l'ambasciatore di Spagna in Arabia Saudita: Alberto Mestas, mio parrocchiano.
Per occupare la lunga veglia facevamo il gioco delle domande... e Conchita
improvvisò questa: "Vediamo, chi indovina a che ora verrà la Madonna?" Ciascuno
disse un'ora: ma le ore passavano e non accadeva nulla. I presenti si
addormentarono (qualcuno si allontanò). Io mi impegnai a restare sveglio per
avvertirli quando si sarebbe verificata l'estasi. In verità quella notte non
riuscivo a prendere sonno ed ero persuaso che non ci sarebbero state estasi
fino alle 8 del mattino, ora annunciata per la cerimonia d'apertura del
Concilio, e così lo dissi subito a tutti. Quando la radiolina a transistor di
Conchita, che era accesa, cominciò a trasmettere la cronaca della cerimonia
solenne, guardai verso la bambina e mi resi conto che era appena entrata in
estasi». Sappiamo che la piccola parlò con la Vergine del grande avvenimento.
Le pose anche delle domande e ne ricevette delle risposte... Ma non è stato
possibile conoscere con esatta certezza le comunicazioni che fece allora il
Cielo: il Concilio doveva d'altronde rivelarsi molto complesso, sia nello
svolgimento, che nelle sue decisioni e conclusioni. Nel corso di quell'estasi,
fu posta la domanda che tutti si attendevano. - Perché il Vescovo ha pubblicato
quella Nota? Molte persone captarono questa domanda; ed è logico che tutti
tentassero poi di soddisfare la loro curiosità. - E cosa ti ha risposto la
Madonna? - La Madonna non ha detto niente, si è limitata a sorridere. I motivi
di quel sorriso furono forse le pretese degli uni e i timori degli altri.
Pretese di coloro che pensavano di poter spegnere con quella Nota la fiamma di
Garabandal; timori di coloro che soffrivano al pensiero che quella stessa
fiamma potesse veramente estinguersi. Quanto devono aver fatto sorridere il
Signore, a volte con indulgenza e a volte no, i nostri problemi. «Perché questo
agitarsi delle nazioni? Questa vana cospirazione dei popoli? Colui che regna
nei cieli li schernirà deridendoli…» (Sal 2, 1-4). È anche possibile che la
Madonna sorridesse, in quell'occasione, contemplando l'avvenire di Garabandal,
a dispetto di tutte le Note e di ogni genere di opposizione... l'inaugurazione
del Concilio.
Il
miracolo si profila...
I
familiari delle veggenti, gli abitanti del villaggio, i forestieri che
accorrevano da lontano cominciavano a provare una certa spossatezza di fronte a
fatti straordinari in sé, ma che non sembravano avere una conclusione chiara e
definitiva. Non si smetteva di esigere dalle veggenti un miracolo, veloce e
convincente. Anch'esse furono assalite da questa esigente impazienza;
chiedevano un miracolo in ciascuna delle loro estasi; alla fine di ottobre
cominciarono ad annunciarlo come sicuro in una data prossima. Poco dopo si parlò
anche di due miracoli, annunciati uno da Conchita, l'altro da Loli e Jacinta;
quest'ultimo sarebbe dovuto accadere per primo. Quello di Conchita sembrava più
lontano, ma più «serio», più sicuro. Fu oggetto di nuove comunicazioni, alcune
molto precise, nella notte fra il 24 e il 25 novembre. Placido Ruiloba di
Santander, che assisteva all'estasi di Conchita, ne raccolse alcune su un
magnetofono. Confermate e completate in seguito dalla bambina stessa, possono
essere così classificate: - il miracolo si produrrà alle 20 e 30, cioè
alla stessa ora della prima apparizione (18 giugno 1961); - durerà circa un
quarto d'ora; - si vedrà alto nel cielo e così chiaramente che non si potranno
avere dubbi sul suo carattere divino; - i malati venuti con fede saranno
guariti. Il dottor Ortiz, pure presente a quest'estasi, testimonia: «Dopo
l'estasi la bambina appariva raggiante... Insistemmo perché ci rivelasse la data
del miracolo, ma lei ci rispose che il momento non era ancora arrivato, di aver
pazienza; che solo lei poteva rivelare la data otto giorni prima che si
verificasse, ma che il miracolo sarebbe sicuramente venuto, perché la Madonna
l'aveva promesso e la Madonna non può mentire». In quell'autunno del 1962,
Garabandal viveva nel desiderio ardente, nella quasi-necessità di un miracolo.
Ma il Cielo non interveniva solo per non deludere delle aspettative, per quanto
giustificate fossero. Cercava soprattutto di invitarci a vivere sempre più
profondamente la nostra fede cristiana. In novembre, non poteva mancare
l'attenzione verso coloro che «ci hanno preceduti nel segno della Fede e che
dormono nel sonno della Pace». Le ragazze, nelle loro estasi, furono
frequentemente condotte al cimitero per recitare, con i loro accompagnatori, le
preghiere dei defunti. Su questi fatti abbiamo un bellissimo resoconto in una
lettera di Maximina, del 6 novembre, indirizzata alla famiglia Ortiz di
Santander: «A riguardo delle apparizioni, posso dirvi che tutto continua come
prima. Adesso, il rosario è sovente cantato per le vie del villaggio. Conchita
si reca spesso al cimitero e l'altro giorno ci è andata con lei Maria-Dolores.
Camminavano per le strade del paese cantando il rosario e ci portarono al
cimitero. Lì, smisero di cantare e si misero a pregare con grande devozione.
Mai nessuna di loro, durante le estasi, era entrata nel cimitero, ma quel
giorno Conchita aprì la porta ed entrammo. Non potete immaginare il grande
rispetto che ella ispirò a tutti! Andarono dapprima sulla tomba del padre di
Conchita: si inginocchiarono con grande devozione e appoggiarono la croce (il
crocifisso che portavano tra le mani) a terra, poi l'alzarono offrendola da
baciare alla Madonna. Sia l'una che l'altra facevano gli stessi gesti,
naturalmente senza guardarsi, con gli occhi fissi rivolti al Cielo. Andarono
poi sulla tomba di mio marito e anche lì si inginocchiarono: io ero molto
emozionata. Da lì, vennero verso di me e mi diedero il crocifisso da baciare,
lasciando che lo facessi a lungo. Andarono infine su un'altra tomba, quella di
mia madre. Come potevano riconoscere le tombe senza guardarle?» Nonostante
Maximina termini questo racconto epistolare con questa frase: «Noi non sappiamo
cosa significhi tutto ciò», mi sembra si possa cogliere questo episodio alla
luce della dottrina della Chiesa sulla comunione fra i morti e i vivi (Comunione
dei Santi). La Madonna si mostrava a Garabandal in qualità di Madre, Madre di
coloro che sono ancora quaggiù, Madre di coloro che se ne sono già andati. Madre
per le cose importanti, ma anche per quelle più ordinarie: come testimonia il
seguente fatto. Accadde in una notte di questo stesso novembre, una notte
particolarmente ventosa. In casa di Ceferino si svolgeva una veglia in attesa
dell'estasi di Loli. Verso le 3 del mattino, il vento raddoppiò la violenza
come premonizione di un temporale. Julia, la madre, chiese a sua figlia di
andare a raccogliere dei panni stesi fuori. Loli si alzò e si apprestò ad
obbedire: anche se si notava che le costava molto. Stava già andando verso la
porta, con una lanterna in mano, quando cadde in ginocchio in estasi, facendosi
più volte il segno con la croce; si rialzò subito ed uscì. Poco dopo, la si vide
tornare, sempre in estasi, con la biancheria fra le braccia. Cosa era successo?
La bambina lo spiegò poi: le costava molto obbedire a sua madre perché aveva
paura di uscire da sola a quell'ora e con quel tempo. La Madonna, vedendo la sua
buona volontà, ma anche la sua paura, era venuta per accompagnarla,
maternamente. In quei giorni di novembre, alcuni francesi in visita per la
prima volta a Garabandal poterono contemplare alcune estasi delle bambine. Il
più interessato fu Padre Materne Laffineur, specialista in questo genere di
fenomeni. Le testimonianze di ciò che videro e provarono allora sono riportate
nel libro L 'Étoile dans la Montagne. Tornarono, naturalmente. Ed
è a loro che dobbiamo in gran parte la diffusione dei fatti di Garabandal
all'estero. Vi hanno lavorato molto e bene. Possiamo legittimamente pensare che
il loro arrivo sul luogo delle nuove apparizioni del 1962 entrasse nei piani
della Divina Provvidenza, come elemento decisivo per farle conoscere. Ci hanno
lasciato una preziosa testimonianza di ciò che erano allora le notti di
Garabandal. «Quando, per via delle "chiamate", si aspettava la visita della
Madonna, né le ragazze, né i genitori andavano a dormire. Così abbiamo passate
molte di quelle veglie a casa di Conchita, con sua madre Aniceta, suo fratello
maggiore Serafin e qualche visitatore... Chi sarebbe in grado di rendere
l'incanto di simili momenti? Erano veramente uniche quelle notti di attesa.
Passavamo il tempo in preghiera, cantando e commentando l'inesauribile bontà
della Madonna, e ciascuno portava le sue più intime e indimenticabili
esperienze». Ma è comprensibile che simili notti di veglia, specialmente per
quelli che le avevano vissute più e più volte, da tempo, non erano sempre un...
«incanto»! Il 22 novembre Maximina scriveva a Eloisa de la Roza Velarde, cognata
del dottor Ortiz: «Sabato siamo saliti ai Pini recitando il rosario, pioveva
senza sosta. Poi siamo andati fino al cimitero, dove siamo sprofondati nel fango
fino alle orecchie. La domenica, idem, siamo saliti ai Pini sotto la neve, con
la gente incurante delle intemperie. In seguito, le bambine sono scese a
ritroso, in ginocchio, sulla neve e passando per i punti più difficili. Poi
siamo andati di nuovo al cimitero sotto la grandine e con un vento
violentissimo. Il martedì, stessa cosa; il mercoledì, la notte era migliore, ma
ancora decisamente glaciale». Il dottor Ortiz mi riferì un giorno quello che gli
aveva raccontato la figlia di Tiva: «La notte del 1 dicembre soffrivo di
violento mal di denti, al punto che dovetti mettermi a letto. Verso le 3 del
mattino sentii del trambusto in casa di Jacinta, mi affacciai alla finestra e
vidi la bambina uscire in estasi, nonostante la notte infernale per il freddo e
la pioggia. Mi fece pena e scesi per accompagnarla. Nel momento in cui stavo
per raggiungerla, si aprì la porta di casa sua e sua madre Maria uscì di
cattivissimo umore dicendo: "Quello che mi fai fare oggi, non lo rifarò più: la
prossima volta, barricherò solidamente la porta". Per strada, incontrammo
Maria-Dolores ugualmente in estasi e sola. Andai ad avvertire sua madre Julia, e
poco dopo camminavamo insieme, le due bambine davanti e noi tre dietro. Ci
fecero salire due volte ai Pini recitando il rosario, e, come al solito,
percorremmo il paese. La notte era veramente inclemente, e il malumore di Maria
non cessava. Julia tentava di calmarla: "Cosa possiamo farci? Sono le cose di
Dio. Oggi devo consolarti io, mentre altre volte eri tu a confortare me ». Le
veglie di Garabandal avevano molto fascino, ma spronavano innanzi tutto alla
penitenza. Era inevitabile che talvolta si facesse sentire la fatica. Luis Navas
Carrillo sentì una volta Conchita in estasi dire: «Perché non mi hai lasciato
cenare? Prima non mi facevi dormire, adesso non mi lasci mangiare. In Cielo
chiaramente non si ha bisogno di mangiare, vedendo Dio!... Ma io, siccome non
vedo Dio, ho bisogno di mangiare». Era lo sfogo molto spontaneo di una
figlia nei confronti di una Madre, seppur diversa da tutte le altre. Possiamo
immaginare ciò che stavano passando le persone che non avevano la fortuna delle
veggenti... nel corso di quelle veglie lunghe e ripetute. Tutti questi fedeli
nutrivano la speranza di un finale prossimo e prodigioso: il miracolo. Con la
speranza del miracolo avevano la forza di sopportare, pensando all'epilogo...
Nessuno avrebbe immaginato che tutto ciò potesse continuare indefinitamente. Il
tema del miracolo riempiva le conversazioni di Garabandal nelle ultime settimane
dell'anno. Si aggiunsero altre riflessioni in proposito, per esempio: «Poco
prima del miracolo, molte persone avranno smesso di credere, ma questo non
perché esso tarda a venire... » «Il giorno in cui si verificherà il miracolo,
sparirà il foglio firmato da Conchita a Santander quando la portarono laggiù
per estorcerle quelle confessioni strane, nel luglio del 1961». Entrambe queste
precisazioni furono raccolte dalla bocca di Conchita dopo un'estasi che si
verificò di primo mattino il 6 dicembre. Due giorni più tardi, festa
dell'Immacolata Concezione, la bambina festeggiava il suo onomastico e all'alba
ebbe il favore di un'apparizione della Madre del Cielo. Si poté registrare su
un magnetofono una parte di quello che la bambina diceva: alcuni discorsi sono
di un sorprendente infantilismo; se consideriamo che aveva già 13 anni
compiuti... Ma ci sono altri particolari: «Ho proprio voglia che venga quel
giorno... sai perché ne ho tanta voglia? La gente non crede...! Ah! E dopo,
quando ci sarà l'avvenimento del miracolo,... più nessuno crederà?... Basterà
una settimana?... Quando Ti vedrà la gente?» Pochi giorni più tardi,
assicurava a Mercedes Salisachs che un giovane paralizzato, di cui quella donna
si prendeva cura, sarebbe guarito il giorno del miracolo «ovunque si trovasse».
Una
divisione inattesa
Durante le ultime settimane del 1962, incominciarono una serie di crisi che
sarebbero scoppiate apertamente nel corso dei primi mesi dell'anno seguente. Il
28 dicembre Maximina, in una lettera a Eloisa de la Roza Velarde, dopo aver
lamentato l'assenza del sacerdote per Natale, dà così il quadro della
situazione: «Le apparizioni continuano come sempre; ma per ciò che riguarda il
miracolo, non abbiamo saputo più niente». Racconta poi l'emozione di due
asturiani (che alloggiavano in casa sua) in seguito a una prova ricevuta
attraverso le bambine e aggiunge: «A noi che viviamo qui non fa più sensazione
niente, perché siamo abituati a tutto. Speriamo di vedere qualcosa di più
importante, ma... non so quando lo vedremo. Non mi sembra che mentano in merito
al miracolo. Quello di Loli e di Jacinta dovrebbe aver luogo quest'anno, da
quello che abbiamo capito, ma quest'anno sta per finire... La cosa più
importante è che avvenga, ma temiamo che non succederà, né quest'anno, né
mai... » E’ evidente che alla fine del 1962 l'annuncio e l'attesa di due
miracoli occupava le menti di Garabandal. Da un lato «quello di Conchita» che
sembrava dovesse essere più importante, il definitivo; quanto all'altro, Padre
Luis Lopez Retenaga, della diocesi di San Sebastian, che era salito di nuovo con
il permesso episcopale a Garabandal nel febbraio del 1963, informava così il suo
Vescovo degli avvenimenti: «È la quarta volta che faccio visita a questa
borgata montana. All'epoca della mia precedente venuta alla fine dello scorso
anno, avevo raccolto voci circa la realizzazione, quasi imminente, di un
miracolo annunciato da Loli e Jacinta; ma non mi fu possibile, allora,
verificare l'autenticità di tali voci. Ma so che all'inizio del mese di gennaio,
poiché il miracolo annunciato dalle due bambine non si è realizzato, le
illusioni di molti sono svanite. Tanto i familiari come la maggior parte del
paese si sono sentiti defraudati e umiliati, e quella gente ha tramutato
l'ammirazione verso le due bambine in un atteggiamento di ripulsa e diffidenza,
facendole oggetto di continue mormorazioni. Conchita è il bersaglio preferito
di questi rimbrotti, poiché è sempre stata considerata come la responsabile o
la più colpevole di tutti gli eventi». Ci troviamo qui di fronte ad uno degli
episodi più impenetrabili e tuttora meno chiariti di Garabandal. Non l'ho
rifuggito, ho cercato di fare un po' di luce con le poche informazioni che avevo
fra mani. Fu così che scoppiò la crisi del 1963 che può essere considerata come
un primo epilogo di Garabandal. Conchita scrisse nel suo diario: «A noi
quattro, Loli, Jacinta, Mari-Cruz ed io, fin dall'inizio la Madonna aveva
predetto che ci saremmo contraddette le une con le altre, che i nostri genitori
non sarebbero più stati dalla nostra parte e che saremmo arrivate persino a
negare di aver visto la Vergine e l'Angelo. La Madonna ci aveva stupito molto
quando ci disse queste cose. E nel gennaio 1963 tutte queste profezie della
Madonna si sono realizzate, perché siamo arrivate a contraddirci le une con le
altre e abbiamo negato di aver visto la Madonna. Incluso un giorno in cui
l'abbiamo persino detto in confessione. Ma dentro di noi eravamo sicure che la
Madonna e l'Angelo ci erano apparsi, poiché... » Le bambine stesse non
comprendono quello che accade loro e restano sorprese di ciò che dicono e fanno,
e tutto questo contro il loro sentimento interiore. Si direbbe che una forza
strana e misteriosa le sospinga a comportarsi in questo modo. La Madre del
Cielo, che comprende bene cosa succede loro, riappare dopo qualche giorno,
piena di bontà. Tuttavia il processo di crisi si era ormai scatenato. «Il
padre di Loli, Ceferino, chiese che venisse una commissione di medici. Si
chiamavano: Alejandro Gasca, Félix Gallego e Celestino Ortiz. La stessa notte
del loro arrivo, cominciarono con un interrogatorio a Mari-Cruz, a Jacinta,a
Loli e anche ai loro genitori, chiedendo perché negassero di aver visto la
Madonna. Non so cosa risposero. Io so solo che dissero che ero stata io a
inventare il miracolo dell'Ostia e lo raccontarono a modo loro. Ovviamente in
questi momenti non si sa sempre ciò che si dice, e loro si lasciarono dominare
dal demonio. A partire da quel giorno non ebbero più apparizioni. Io sì, quella
stessa notte e fino al 20 gennaio. Da allora non ho più rivisto la Madonna»
(diario di Conchita). Fine dolorosa e veramente inattesa. Per Mari-Cruz tutto si
era concluso nel settembre precedente. Per Jacinta e Loli si concluse in quel
mese di gennaio 1963. Lo sappiamo da una lettera del 16 che Maximina scrisse al
dottor Ortiz: «Adesso è al corrente degli avvenimenti... Conchita è la sola che
continui a vedere la Madonna, se è vero che la vede» (persino la stessa Maximina
nutre dei dubbi). «Le altre negano di averla vista. Così lei stesso può
giudicare il risultato! » Anche noi possiamo renderci conto delle conseguenze di
un epilogo così sconcertante. Riferisce ancora quella stessa lettera del 16:
«C'è qui un gruppo di donne che godono per il fatto che questo affare delle
apparizioni non sia vero; lei sa bene che c'è molta invidia. C'è anche un altro
gruppo che ci crede più di prima. Io dico che Conchita, che è mia nipote, non
mente. Ma credo molto poco all'Apparizione. Mio Dio! Non le sembra che se tutto
questo non dovesse essere vero, potrebbe essere per moltissimi una causa di
perdizione? Può già immaginare la quantità di storie che circolano qui». Così
dunque, nel gennaio 1963, abbiamo, come si è detto, il primo epilogo di
Garabandal. Anche se Conchita avrà posteriormente qualche altra apparizione,
sarà tutto diverso rispetto al passato in cui, per un anno e mezzo, quel piccolo
angolo appartato della montagna divenne luogo di incontri e scambi quotidiani
tra il Cielo e la Terra: mai nella lunga storia della Chiesa si erano viste
simili cose.
Capitolo nono
GLI
ULTIMI TRE ANNI
1963: un anno di sospensione
Era
duro ammettere che la vicenda di Garabandal fosse conclusa: veramente e per
sempre. Un esito di quel genere non sembrava propriamente materno... come
Conchita scriveva in una lettera di febbraio alla signora Gallardo: «E’ già da
un po' di tempo che non vediamo più la Madonna... E non so quando tornerà,
poiché non si è congedata da noi e non ci ha detto niente... » Sembrava più
logico pensare a un'interruzione più che a un taglio definitivo.
All'improvviso, un nuovo fenomeno mistico venne a sostituirsi a quello delle
visioni e delle estasi: il fenomeno delle «locuzioni». Le ondate di disappunto
che scossero Garabandal in quel gennaio ‘63 si erano rivolte anche contro
Conchita, che, delle quattro ragazzine, sembrava la più convinta non solo degli
eventi passati ma anche sulla realizzazione di quelli annunciati. E subito... Ma
ascoltiamo Conchita: «Anch 'io ho dubitato un poco sull'evento di un
miracolo. Un giorno, mentre ero in camera mia in preda al dubbio... sentii una
voce che mi diceva: "Conchita, non dubitare; mio Figlio farà un miracolo". La
sentii dentro di me, ma talmente chiara che era come se l'avessi sentita con
l'udito. Eppure era un linguaggio senza parole. Mi lasciò in uno stato di gran
pace... in una gioia più grande ancora di quando vedevo la Madonna. Il primo a
cui l'ho detto è stato Placido Ruiloba di Santander; poi lui l'ha riferito ad
altri» (diario di Conchita). Il sacerdote già più volte citato, Don Luis
Lopez Retenaga, professore di teologia al seminario di San Sebastian
(Guipizcoa), scriveva nel suo terzo resoconto al Vescovo di Santander: «Mentre
ero per strada verso Garabandal, dove mi stavo recando per aiutare il parroco
durante la Settimana Santa (dal 7 al 14 aprile), venni a conoscenza di certe
voci riguardanti nuovi fenomeni che interessavano Conchita e Loli. Esse stesse,
durante la Settimana Santa, mi parlarono molte volte di' “visioni interne” che
sembravano avere. Potei esaminare separatamente l'una e l'altra e giunsi alla
conclusione che si trattasse di "locuzioni" Conchita disse che questo nuovo
fenomeno le era già capitato altre volte. Sembra che sia cominciato a marzo, nel
periodo in cui soffriva penosamente per la lunga assenza della Madonna, iniziata
a gennaio, e per i dubbi manifestati da così tante persone... Un giorno, stando
inginocchiata a casa sua in preda a queste angosce, udì la Madonna che le
diceva: "Non dubitare; mio Figlio farà un miracolo" La sua certezza al riguardo,
da allora, è evidente dalla grande pace di cui gode. Nella stessa occasione mi
conferma: "Odo, senza percepire voce", altre cose, per il bene della sua anima e
quella di altri... ». La prima «locuzione» di cui Conchita parla nel diario si
manifestò a marzo, all'inizio della Quaresima; trascorse un mese prima che ne
avvenisse una seconda: «I giorni passavano e lei (la Madonna) non tornava a
parlarmi! Mi faceva soffrire, ma la comprendevo: come aveva potuto Dio
accordarmi una felicità così grande, senza che me la meritassi? Ma in capo a un
mese ho sentito di nuovo quella voce di felicità interiore, senza parole, in
chiesa» (diario di Conchita). L'adolescente, con i suoi 14 anni appena
compiuti, era diventata una ragazza molto sveglia; è importante constatare che
viveva in quei mesi un periodo di fervore speciale. In una lettera di sua zia
Maximina, datata 11 febbraio, si legge: «Quando Conchita non deve andare nei
campi, passa praticamente tutta la giornata in chiesa. Al mattino va a recitare
il rosario, e alcune donne si aggregano a lei. Al pomeriggio, vi passa la
maggior parte del suo tempo, senza mai annoiarsi». Questo non significa che la
ragazza fosse diventata matta o che si fosse chiusa in sé. La stessa Maximina
le chiese un giorno: «Cosa ti piace di più, divertirti o stare in chiesa?»
Sempre pronta a scherzare, la ragazza rispose: «Mi piacciono molto tutte e due
le cose». Se queste erano le sue disposizioni spirituali immediatamente prima
delle «locuzioni», possiamo immaginare cosa sarebbero diventate dopo. Conchita
sembra farvi allusione quando scrive: «Queste locuzioni mi hanno fatto molto
molto bene. Preferisco le locuzioni alle apparizioni perché, nelle locuzioni,
mi sembra di avere la Madonna dentro di me». Sono quasi le ultime righe del
suo diario incompiuto. Passò un mese tra la prima e la seconda locuzione, e
quello spazio di tempo sembrava dover diventare l'intervallo abituale. In una
lettera del 7 luglio, Maximina scrisse alla famiglia Pifarré di Barcellona:
«Non so se vi ho già detto che Conchita e Loli ora hanno delle "locuzioni"; e
come se la Madonna parlasse loro senza che esse La vedano. Mi dicono che nel
corso di queste "locuzioni" provano una gioia immensa. Mi pare che le abbiano
una volta al mese... » E verso la fine dell'anno, il 28 novembre, la stessa
Conchita scriveva a Maria Herrero de Gallardo: «Mi chiedi di parlarti della
Vergine... Cosa posso dirti se ora non La vedo più? Io Le parlo (o meglio Lei mi
parla) solo una volta al mese. Questo mese però non ho ancora parlato con Lei:
domani o dopo domani mi parlerà». E Maria scrisse qualche tempo dopo sulla
pagina manoscritta della bambina: «Il giorno successivo, 29 novembre, ebbe la
locuzione che aspettava». Conchita dichiarò che le locuzioni si producevano
sempre quando era in preghiera, sia a casa sua, sia in chiesa. Loli affermò la
stessa cosa. Una risposta interessante fu data dalle due bambine alla domanda
posta da Don L0pez Retenaga: «Cosa scegliereste tra un'apparizione, una
comunione o una locuzione»? « La comunione! » risposero contemporaneamente. « Si
cerchi di cogliere - notò il sacerdote - il valore di quella risposta. Lo stato
di felicità e di gioia che portavano le apparizioni e le locuzioni contrastava
con l'aridità e la rigidità delle loro comunioni. Sì, soltanto una grande fede
poteva portare queste giovinette, senza formazione speciale, a formulare una
risposta così giusta». Nelle locuzioni, intervennero dapprima la Madonna, poi in
seguito, anche il Signore. Quelle della Madonna erano improntate ad un
affettuoso atteggiamento materno. Quelle del Signore... ascoltiamo Conchita:
«Le apparizioni e locuzioni della Madonna mi riempivano di felicità; ma le
locuzioni di Gesù erano ancora migliori. Non so, si trattava di qualcosa di
diverso, di superiore. Il Signore era molto serio e, quando mi parlava, sembrava
preoccupato per tutti; la Vergine, al contrario, sembrava preoccuparsi
specialmente per me» (dai suoi colloqui con Madre Maria Nievas, al collegio
di Burgos, il 9 e il 16 novembre 1966). Durante una locuzione che ebbe dopo
essersi comunicata, il 10 luglio 1963, il Signore disse che il miracolo sarebbe
venuto per convertire tutto il mondo (e non soltanto la Russia, benché questa
fosse specialmente designata...). In questa o in un'altra locuzione, il Signore
le parlò dei sacerdoti: «Bisogna pregare molto per loro: perché siano santi e
compiano bene il loro dovere; perché rendano gli altri migliori; che Mi
facciano conoscere a coloro che non Mi conoscono; che Mi facciano amare da
coloro che Mi conoscono ma non Mi amano». Anche a Loli, nel corso delle
locuzioni da cui era favorita, fu chiesta la stessa cosa. In una lettera
indirizzata a Padre Retenaga, datata 13 ottobre di quell'anno, troviamo queste
preziose confidenze: «La Vergine mi fa capire quando un sacerdote è in stato di
peccato, perché io possa pregare e fare dei sacrifici per lui... In una
locuzione durante la quale parlavo con la Madonna, Le chiesi di darmi una croce
affinché io soffrissi per tutti i sacerdoti. Ella mi comandò di compiere tutto
con pazienza e di essere molto umile, ché quello è più gradito a Dio... Aggiunse
anche: "Prega per i sacerdoti, ce ne sono che hanno bisogno ogni giorno di
maggiori sacrifici... In un'altra occasione, Le chiesi: "Perché i miei genitori
non credono?" Ed Ella mi rispose: "Perché tu devi soffrire, sì, devi soffrire
molto in questo mondo". "E quali sacrifici devo fare?""Devi essere più
ubbidiente"».
«Restano solo tre Papi»
Il
3 giugno una grande notizia si sparse velocemente in ogni parte del mondo: «E
morto il Papa». Tale notizia suscitò una viva emozione, poiché papa Giovanni
XXIII aveva acquisito grande popolarità. Anche le campane dell'umile chiesa di
San Sebastian de Garabandal suonarono a morto per lui... Fu allora che,
apertamente, Conchita disse a sua madre, e lo ripetè poi ad altre persone:
«Ora restano solo tre papi». - Ma come fai saperlo? - Me l'ha detto la
Madonna. - Allora sta per venire la fine del mondo? - La Madonna non ha parlato
di «fine del mondo», ma di «fine dei tempi». - E che differenza c'è? - Questo
non lo so; so solo che mi ha detto che dopo questo papa ce ne saranno solo altri
tre: poi giungerà la «fine dei tempi». E’ possibile che la Vergine abbia parlato
di questo argomento in diverse occasioni. Sappiamo con certezza che ne parlò il
mattino del 20 dicembre 1962 durante un'estasi di Conchita. Lo sappiamo con
assoluta certezza dalle precise annotazioni che scrisse allora un testimone di
riguardo, il signor Francisco Clapes Magmo, di Barcellona. Ne ho avuto conferma
da una lettera che Maximina scrisse il giorno stesso alla famiglia Pifarré,
nella quale si legge: «Oggi Conchita ha detto che ci saranno solo più tre
papi... » L'asserzione della Vergine venne come una rettifica a una domanda
fatta dalla ragazza a proposito di qualcosa che aveva udito ma non capito bene:
«Dice Mercedes (la scrittrice Mercedes Salisachs, lì presente) che secondo le
profezie di San Malachia sui papi, ne restano solo due». La Vergine rispose che
ci sarebbero stati ancora tre papi e non due; dopo di che, sarebbe giunta la
«fine dei tempi». Questo annuncio profetico non è mai stato smentito da
Conchita nemmeno una volta; al contrario, l'ha ripetuto, per iscritto e
oralmente, ogni volta che è stato necessario. Non è possibile pensare, vista la
sua precisione compromettente, che questa dichiarazione possa essere frutto di
delirio, o un inganno della ragazza. Così come la ragazza ha sempre detto di
non aver mai udito che, dopo i tre pontefici successivi a papa Giovanni XXIII,
sarebbe venuta la fine del mondo, bensì la «fine dei tempi»; e che lei ignora
quale differenza può esserci fra l'una e l'altra cosa. Chiarire questa
differenza non è facile, sebbene a me pare di comprenderla meglio ogni giorno
che passa. A Garabandal, fin dal 1963, siamo stati dunque avvertiti con
chiarezza: stiamo per giungere a ore decisive, forse le ultime che l'orologio
della storia segnerà... Ma al limite di queste ore, ci sarà data ancora una
grande e meravigliosa occasione di salvezza.
Il
miracolo
L'anno 1963 viene a confermare e precisare ulteriormente la profezia. Si
precisano nuovi dettagli. Don Luis Lopez Retenaga, redigendo il suo secondo
resoconto sugli eventi di Garabandal nell'aprile del 1963, riassume così ciò che
ha raccolto in merito: «Conchita afferma: - Che è a conoscenza del miracolo sin
dall'ottobre 1961. - Che la Madonna dapprima lo ha comunicato a lei sola. E che
lei stessa in seguito ne ha informato le altre ragazze. - Che sarà di giovedì
(giorno eucaristico) alle 8 e 30 di sera, e che durerà circa un quarto d'ora. -
Che quel giorno si verificherà un avvenimento nella Chiesa: il miracolo verrà in
seguito, in quello stesso giorno. - Che lei stessa annuncerà la data del
miracolo otto giorni prima. - Che, oltre a coloro che si troveranno nel paese o
nei dintorni, il Papa vedrà il miracolo dal luogo in cui si troverà e così Padre
Pio. La Madonna non ha precisato quale Papa. - Che i malati presenti saranno
guariti, ivi compresi i peccatori, poiché secondo la Madonna "sono anch'essi
suoi figli"».
L'ultima apparizione dell'anno
Il
1963 si conclude a Garabandal con una nuova visita della Madre del Cielo a
Conchita, nel giorno del suo onomastico, l'8 dicembre. Erano le 5 e 30 del
mattino. Il silenzio e l'oscurità avvolgevano il villaggio addormentato; faceva
freddo; nessuno si muoveva e non si sentiva alcun rumore. Conchita e sua madre
si trovavano davanti alle porte chiuse della chiesa; all'improvviso,
l'adolescente cadde in ginocchio: era cominciata l'estasi. Aniceta vide che sua
figlia dialogava, ma non le era possibile cogliere il dialogo. Più tardi
soltanto se ne conoscerà una parte da un resoconto della veggente: «La
Vergine mi ha innanzitutto augurato "buon onomastico" e poi mi ha detto:
"Tu non sarai molto felice sulla terra, ma lo sarai in Cielo". Poi mi disse
molte cose... mi parlò degli eventi futuri... Ma mi ingiunse di non rivelare
nulla... » Così, tra crisi, annunci, misteri e speranze, passò questo
sconcertante anno 1963, secondo del Concilio Vaticano Il, terzo degli eventi di
Garabandal. In quell'epoca, molti dei fatti non potevano essere capiti.
Tuttavia, l'ultima dichiarazione fatta a Conchita resta chiara e valida per
ciascuno di noi: ricercare la felicità sulla terra, qui e adesso... «hic et
nunc», significa inseguire un sogno utopistico.
1964: altro anno di interruzione
Le
veggenti continuarono a non avere altre apparizioni. In compenso, Conchita e
Loli ebbero ancora delle «locuzioni», sebbene molto rare. Con questo singolare
favore dal Cielo le ragazze acquisirono una notevole maturità spirituale. Il 4
febbraio, Maximina scriveva alla famiglia Pifarré: «Io non nutro più alcun
dubbio su quello che accade qui, perché sento Conchita dire cose alle quali non
so cosa rispondere e non mi azzardo a proseguire nella conversazione. L'altro
giorno, per esempio, disse che la sola croce che aveva era di non amare
sufficientemente Gesù; il resto, per quanto impellente potesse sembrare, non
importava nulla». E di nuovo, in una lettera del 23 marzo: «Conchita è molto
fervente; oggi mi ha detto che si augura di entrare in convento e che, se
potesse, le piacerebbe andare anche adesso. E se vedessi com'è bella! Ma sembra
che il mondo non la attiri; certo, come è naturale, le piace anche divertirsi,
ma sempre con i bambini più piccoli, con la mia piccina e altri della stessa
età». Frattanto il clima fra gli abitanti non migliorava; il paese migliorava
solo negli aspetti materiali. I testimoni francesi che hanno scritto il libro
L 'Etoile dans la Montagne confermano queste impressioni: «Le famiglie
cominciavano a esprimere un'invidia mal dissimulata; e a proposito delle
apparizioni non regnava l'unanimità... Non pochi vacillavano per il protrarsi
dell'attesa del famoso miracolo. Uomini e donne che avevano seguito
instancabilmente le quattro veggenti in estasi si mostravano ora incapaci
(eccetto alcuni anziani silenziosi e un certo numero di anime più ferme) di
attenersi a quello che molte volte avevano visto, udito e toccato. Una
popolazione con un appetito disordinato di fenomeni miracolosi stava cadendo
ora in una cecità spirituale e in una specie di indurimento tali da suscitare
stupore nei forestieri che provenivano da fuori... » Furono questi stessi
visitatori che mantennero accesa la fiamma di Garabandal. Sapevano infatti che
in quel luogo erano successe molte cose, serie ed importanti, che non potevano
essere vanificate da una semplice mancanza di continuità. Che cosa speravano?
Cosa cercavano ancora? Oltre ad incontri personali con il soprannaturale,
attendevano il «logico» epilogo a quelle manifestazioni che avevano suscitato
tante speranze e che si erano così stranamente e repentinamente interrotte. Il
coraggio e la speranza tornarono con l'annuncio che Conchita aveva avuto di
nuovo una visita della Madre del Cielo, l'8 dicembre, giorno del suo
onomastico: e quello che le era stato detto allora era di interesse vitale. La
bambina ne parlò a diverse persone e lo mise anche per iscritto: «Il giorno
dell'Immacolata Concezione, la Vergine mi ha fatto gli auguri per il mio
onomastico, e mi ha detto che il 18 giugno vedrò di nuovo l'Angelo Michele»
(lettera a Padre Laffineur del 12 gennaio 1965). Era significativo: il grande
Arcangelo non era mai entrato in scena per delle inezie: il suo annunciato
ritorno non sarebbe sicuramente coinciso con eventi secondari; colui che per
primo era venuto, quattro anni avanti, a segnare l'inizio di tutti questi
eventi, sarebbe tornato ora per concluderli.
1965: un 'importante comunicazione
Nel
pomeriggio della festa del 1 gennaio, Conchita salì ai Pini dove di nuovo ebbe
una apparizione. Vi era salita tutta sola; ma una parte della sua estasi fu
notata da due testimoni inattesi: Joaquina (12 anni) e Urbano (9 anni) che
scendevano dalla montagna diretti al paese con il loro piccolo gregge di pecore.
La notizia corse rapidamente di casa in casa. Non mancò di suscitare sorpresa,
poiché da mesi e mesi il paese era privo dello spettacolo delle estasi. La
giovane lo comunicò subito, a voce, a sua zia Maximina, e più tardi scrisse a
Padre Laffineur che durante questa estasi aveva contemplato di nuovo la Madonna
e aveva ricevuto una comunicazione di primaria importanza. «Il 1 gennaio ho
visto di nuovo la Madonna ai Pini. Sembrava avesse la stessa età della prima
volta, circa 18 anni. Portava un vestito bianco e un manto azzurro. Brillava di
una luce prodigiosa, che non feriva gli occhi e che l'avvolgeva completamente.
Non so se le apparizioni ricominceranno, sia per me sia per tutte e quattro. Ma
la Madonna darà un nuovo messaggio, poiché mi ha detto: "A quell'altro (quello
del 18 ottobre 1961) hanno fatto appena caso". La Madonna darà dunque un ultimo
messaggio» (lettera a Padre Laffineur). Questa comunicazione profetica
comprendeva anche un «avvertimento» che Dio stava per dare al mondo. Conchita
ne restò molto impressionata... Comunicò dapprima il suo segreto alla menzionata
Maximina Gonzàlez, di cui aveva piena fiducia, poi ne fece una breve relazione
scritta a Padre Laffineur. Tutto quello che Conchita ha detto da allora
sull'avvertimento può così riassumersi: 1) Porterà afflizione e sarà
impressionante. 2) Non verrà come castigo, ma con finalità di salvezza:
«Affinché i buoni si avvicinino ancora di più a Dio e i cattivi si convertano e
cambino». 3) Sarà un fenomeno di portata universale; poiché toccherà tutti
in ogni parte del mondo. 4) Si vedrà chiaramente che si tratta di «cosa di Dio»;
e gli uomini, davanti a questo, non potranno fare altro che invocare la
misericordia divina. 5) Avrà una duplice dimensione, esterna ed interna; tutti
lo vedranno «nel cielo» e, nello stesso tempo, ciascuno proverà in sé la
terribile esperienza di quel che è veramente il peccato: la perdita di Dio. 6)
Si produrrà sicuramente prima del miracolo, ma il giorno e l'ora non sono stati
rivelati. 7) Sarà probabilmente un periodo di misteriose tenebre, durante il
quale non ci sarà altro rifugio, altra consolazione che la preghiera. Per
quanto importante fosse questa comunicazione, si propagò solo debolmente e non
causò grande emozione... L'attesa più febbrile era rivolta verso l'altro
annuncio, quello del ritorno dell'Angelo nel mese di giugno. Per molti, più si
avvicinava la data, più il verificarsi di quell'annuncio era causa di
inquietudine. E se non fosse successo niente? Se fosse stato un nuovo
fallimento? Coloro che erano stati più strettamente coinvolti nelle apparizioni
si mostravano più ansiosi: il parroco Don Valentin, Placido Ruiloba, i genitori
delle veggenti... Il parroco, avendo saputo che Conchita spediva delle lettere,
la fermò un giorno per strada e le disse brutalmente: «Ma sei proprio sicura?
Non sarà una bugia o una tua immaginazione? » L'atmosfera del villaggio è così
descritta nel libro L 'Étoile dans la Montagne: «Tra le famiglie delle
veggenti dissensi e discussioni, a volte invidia; tra i paesani, critiche,
esitazioni, imprudenze, persino impertinenze riguardo la visita dell'Angelo.
Tuttavia serpeggiava una fiducia latente. Un desiderio più o meno dissimulato
di vedere ciò che sarebbe successo, dal momento che da due anni non si era piu
visto niente».
La
folla accorre di nuovo a Garabandal
La
notizia era arrivata a molti, in Spagna e all'estero: il 18 giugno si avrà una
nuova apparizione dell'Arcangelo San Michele che porterà un secondo messaggio,
ancora più importante. Il 17 era giorno di festa, la grande giornata eucaristica
dell'anno: il Corpus Domini. Sin dalla sera arrivarono a Garabandal i
visitatori, che continuarono ad affluire per tutta la notte fino al mattino
del giorno solenne. Abbondavano gli stranieri. Qualcuno li contò: 200 francesi,
10 americani, 6 inglesi, 4 italiani e alcuni rappresentanti di molti altri
paesi. Ci dovevano essere anche molti sacerdoti, ma erano riconoscibili solo i
dieci che indossavano l'abito. Secondo un testimone oculare, Padre Laffineur, il
comportamento di tutta quella folla, stranieri e spagnoli, «fu esemplare e pio,
rispettoso e penitente. Quasi tutti quelli che erano presenti si erano
comunicati durante una delle tre messe mattutine». Numerosa era anche la
presenza di giornalisti nonché di alcuni reporter della radio e della
televisione (italiana). A partire dalle 3 del pomeriggio, la folla in attesa
intorno alla casa di Conchita divenne impressionante: l'attesa sarebbe stata
molto lunga. Erano già le 22 quando un sacerdote dalla porta di casa annunciò:
«Da parte di Conchita, che tutti si dirigano alla "Calleja", nel luogo chiamato
"Cuadro"». Tutta la folla si diresse precipitosamente e incespicando verso il
luogo indicato. Laggiù, la calma a poco a poco si ristabilì... due cori
pregavano ad alta voce, alternando lo spagnolo al francese. Si pregava al buio,
sotto un firmamento stranamente luminoso di milioni di stelle scintillanti.
Finalmente, avvenne quello che tutti aspettavano: «Conchita, seguita da alcuni
sacerdoti e da sette guardie civili - scrisse il giornalista catalano Poch Soler
- risalì la "Calleja" in stato assolutamente normale: avanzava con lo sguardo
fisso, nonostante i flash dei fotografi non smettessero di bersagliarla. Una
guardia civile le chiese: "E qui, Conchita?" "No, è un po' più in su". E,
arrivando nel luogo segnalato, cadde in ginocchio sulle pietre taglienti del
sentiero: l'estasi era cominciata». Alla luce delle numerose lampade, sotto i
proiettori degli operatori televisivi, si poteva vedere perfettamente la
miracolosa trasformazione del suo viso. Dapprima era sorridente, ma in seguito
«mi spaventò terribilmente vederla piangere - ha scritto Padre Luna di Saragoza
- piangere come non avevo mai visto fare fino a quel momento. Dai suoi occhi
sgorgavano grosse lacrime, e la sentii dire con una voce rotta, affannosa: "No,
no... non ancora... perdono... perdono... perdono..." e poi con un angoscioso
spavento: "Sacerdoti? Vescovi?..." » Il giorno seguente vennero comunicati per
iscritto i principali punti del messaggio che era venuto a comunicare
l'Arcangelo San Michele.
Siete agli ultimi avvertimenti
«L
'Angelo ha detto: "Siccome non si è compiuto, non si è fatto sufficientemente
conoscere il mio messaggio del 18 ottobre, voglio dirvi che questo è l'ultimo:
- Prima la coppa si stava colmando, ora trabocca. - Cardinali, Vescovi e
sacerdoti camminano in molti sulla via della perdizione e trascinano con loro
moltissime anime. - All'Eucarestia si dà sempre minore importanza. - Dovete, con
i vostri sforzi, evitare la collera del buon Dio che pesa su di voi. Se Gli
chiederete perdono con animo contrito, Egli vi perdonerà. Io, vostra Madre, per
mediazione di San Michele, voglio esortarvi alla conversione. Questi sono gli
ultimi avvertimenti. Vi amo molto e non voglio la vostra condanna. - Pregate
sinceramente, e Noi vi esaudiremo. - Dovete fare più sacrifici. - Meditate sulla
Passione di Gesù».
Il
messaggio non è lungo, ma il contenuto è molto denso. Colui che lo legge con
semplice curiosità non ne trarrà alcun profitto: occorre meditarlo. In
questo messaggio c'è: - una denuncia della pessima situazione morale e
spirituale del mondo - un avvertimento di ciò che ci minaccia se non cambiamo -
un'esortazione ad operare questo cambiamento prima che sia troppo tardi. Le
reazioni furono diverse. Non pochi ebbero la conferma dei loro presentimenti;
altri furono positivamente «toccati»; gli scettici continuarono, come prima, a
dubitare, negare o combattere. La frase: «I sacerdoti camminano in molti sulla
via della perdizione» sollevò una tempesta in alcuni ambienti clericali. Il
Vescovo riaffermò la sua posizione in una quarta Nota, che non aggiungeva
niente di nuovo; salvo l'espressa dichiarazione che tutto quello che concerneva
Garabandal non conteneva «nulla di ecclesiasticamente condannabile, né nella
dottrina, né nelle raccomandazioni spirituali rivolte ai fedeli».
Congedo sotto la pioggia
Gli
osservatori più perspicaci ebbero subito l'impressione che i fatti del 18 giugno
erano l'epilogo, la chiusura degli eventi di Garabandal. Tutto ciò non sarebbe
continuato indefinitamente. Le protagoniste avevano smesso di essere delle
«ragazzine». La situazione cominciava ad essere molto diversa. Quelle quattro
ragazzine non avevano più motivo di restare nel loro paese ad attendere i
sorprendenti interventi dal Cielo. Avevano bisogno di vivere come tutti, di
pensare al loro futuro, realizzare concretamente la loro esistenza. Fino a quel
momento, ad eccezione di Mari-Cruz, avevano pensato di consacrarsi a Dio in
qualche congregazione religiosa. L'avevano detto o lasciato intendere in più
occasioni. L'8 settembre 1965, Conchita lo disse a Padre Laffineur nel corso di
un lungo e serio colloquio che ebbe con lui a Torrelavega (Santander): «Le mie
compagne ed io pensavamo al convento fin dai primi giorni delle apparizioni.
Nessun sacerdote ce l'ha messo in testa. Quando tutte e quattro avremo lasciato
il villaggio, sarà il momento migliore per salire a Garabandal: allora la gente
ci verrà solo per la Madonna». Il 30 settembre, le due amiche Loli e Jacinta
partirono per Saragoza. Un sacerdote di quella città, Don Luis Jesus Luna aveva
preparato tutto perché le due ragazze potessero entrare gratuitamente
nell'internato che le Suore della Carità di Sant'Anna dirigevano nella
cittadine aragonese di Borja. Le due ragazze avevano già 16 anni. Era la prima
volta che abbandonavano il loro paese, e, benché attratte in certa misura da
quella nuova vita, tuttavia ne soffrirono molto. Si dice che Loli, nel giorno
del suo congedo, inzuppò due fazzoletti di lacrime... Conchita le vide partire
anch'essa con gli occhi lucidi. Per settimane aveva creduto di poterle
precedere andando al Pensionato delle Carmelitane Missionarie di Pamplona, come
aveva detto ai suoi familiari. Ma sua madre, Aniceta, vi si oppose con una
ostinazione accanita. Non si opponeva al fatto che sua figlia diventasse una
religiosa, ma doveva partire alla data convenuta. Perché? Padre Luna voleva
portare Conchita a Roma, perché laggiù l'avrebbero ascoltata più che a
Santander, dove era appena arrivato un nuovo Vescovo, nemico giurato delle
apparizioni, Don Vicente Puchol Montis. Il viaggio a Roma era organizzato per
la prima quindicina di settembre, ma poi non poté realizzarsi a causa delle
manovre del Vescovo di Santander presso la curia romana. Fu necessario
rimandarlo «sine die», ma Aniceta decise che sua figlia non si sarebbe separata
da lei fino a quando non fosse andata a Roma. Cominciarono così per la povera
ragazza interminabili settimane, poi mesi di attesa. Talvolta si consumava
nell'impazienza, assaporando amaramente la sua solitudine. Spiritualmente, non
poteva contare su nessun aiuto, su nessun consiglio autorizzato, poiché
Garabandal era un paese pastoralmente abbandonato; talvolta sentiva il demonio
che si aggirava intorno a lei e le prove interiori non le mancavano. Il 30
ottobre, ultimo sabato del mese del rosario, Conchita si recò alla chiesa del
paese per fare la sua abituale visita al Santo Sacramento, e all'improvviso
senti dentro di sé un linguaggio che non poteva confondere, quella della Vergine
Maria. Non solo la Madonna le portò ineffabile consolazione, ma le fissò la data
di un nuovo incontro: «Sabato 13 novembre sali ai Pini e Mi vedrai di nuovo. Mi
porterai molti oggetti religiosi, io li bacerò perché tu li distribuisca, e mio
Figlio con questo mezzo opererà dei prodigi». Alla data indicata, al calar del
sole, sotto una pioggia battente, Conchita lasciò le persone che si trovavano
nella sua cucina di casa, e, senza dare spiegazioni, salì ai Pini.
«Pioveva... mentre salivo tutta sola alla collina, pentendomi dei miei difetti e
ripromettendomi di non commetterne più, poiché ero imbarazzata a presentarmi
così davanti alla Madre di Dio, alla quale queste mancanze causano tanto
dolore... Credo che in me questi peccati siano ancor più gravi, giacché io ho
avuto il privilegio di vederLa. Giunta ai Pini, tirai fuori tutti i rosari che
portavo con me. Sentii allora una voce molto dolce e chiara, quella della
Vergine Santissima (si distingue molto bene da tutte le altre!) che mi chiamava
per nome. Vidi allora la Madonna con il Gesù Bambino in braccio. Veniva vestita
come sempre e molto sorridente. Le dissi: "Son venuta a portarTi i rosari perché
Tu li baci". Ella rispose: "Lo vedo". Avevo un chewing-gum in bocca. "Conchita,
perché non sputi quel chewing-gum e non offri questo come sacrificio alla
gloria di mio Figlio?" Lo tolsi con vergogna dalla bocca e lo buttai per terra.
E continuò: "Ti ricordi quello che ti ho detto, il giorno del tuo onomastico,
che tu soffrirai molto sulla terra?... Ebbene, te lo confermo nuovamente. Però
tu abbi fiducia in Noi, e deponi tutto nei Nostri Cuori, per il bene dei tuoi
fratelli, così ci sentirai sempre accanto a te". Io Le dissi: "Quanto sono
indegna, o Madre, di tante grazie che mi accordate! E venite ancora verso di me
oggi per alleviare la pena della piccola croce che sto portando in questo
momento"... "Conchita, io non vengo solo per te, vengo per tutti i miei figli,
con il desiderio di attrarli tutti verso i Nostri Cuori... Ed ora, dammi da
baciare tutto quello che hai portato. Dopo aver baciato tutto, la Madonna mi
disse: "Mio Figlio, attraverso tutti i baci che ho dato a questi oggetti, si
servirà di essi per fare dei prodigi. Distribuiscili agli altri..."» La
Vergine si interessò poi delle richieste e petizioni che Conchita porgeva da
parte delle diverse persone che gliele avevano confidate ed aggiunse con un
intimo sfogo: «Parlami Conchita, parlami dei miei figli! Li proteggo tutti
sotto il mio manto». «Ma questo manto è piccolo, non ci stiamo tutti sotto».
La Madonna non poté fare a meno di sorridere. E in un altro momento
dell'indimenticabile colloquio, la Santa Vergine disse alla veggente: «Sai,
Conchita, perché non sono venuta io stessa il 18 giugno a recarti il messaggio
da rivelare al mondo? Perché mi addolorava dirvi quelle cose. Ma voi dovevate
saperle per il vostro bene e, se osserverete il contenuto del messaggio, sarà a
gloria di Dio. Io vi amo molto e desidero vivamente la vostra salvezza:
riunirvi qui, in Cielo, attorno al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo! Tu,
Conchita... potremo contare su di te?» «Se Ti vedessi sempre allora sì, ma
altrimenti... non so... perché sono molto cattiva». «Fa' da parte tua quel
che puoi e Noi ti aiuteremo, come aiuteremo anche le mie figlie Loli, Jacinta e
Mari-Cruz». In un altro momento: «Conchita, devi visitare più spesso mio
Figlio nel Tabernacolo. Perché non gli fai visita, e ti lasci prendere dalla
pigrizia? Egli vi sta aspettando giorno e notte... » La ragazza dovette
sentirsi molto commossa di fronte a questo materno rimprovero. Ci furono alcuni
attimi di silenzio che Conchita osò rompere con questo sfogo: «Ah, come sono
felice quando Ti vedo! Perché, Madre, non mi porti con Te?» «Ricordati di
quello che ti ho detto il giorno del tuo onomastico: presentandoti davanti a
Dio, dovrai mostrarGli le tue mani piene delle tue opere fatte in favore dei
tuoi fratelli e per la gloria di Dio... Ora, sono ancora vuote». «Mi
sembrava - scrisse Conchita in una lettera - che fosse stata con me solo
poco tempo, e alla fine mi disse: "Questa è l'ultima volta che mi vedi qui, ma
io sarò sempre con te, e con tutti i miei figli". Come ho detto
precedentemente, pioveva molto, ma la Madonna e il Bambino non si bagnavano
affatto, e neanch'io finché restai in Loro presenza. Ma non appena furono
scomparsi, sentii le gocce che mi bagnavano... » Questo fu l'episodio di
sabato 13 novembre 1965 a Garabandal, ultimo di una storia senza pari che noi
non siamo ancora in grado di valutare con sufficiente prospettiva. In maniera
ineffabilmente materna, la voce della Madonna era sfumata quando disse a
Conchita: «E l'ultima volta che mi vedi qui». Quello che era cominciato quattro
anni prima con un poderoso tuono, in una radiosa giornata di giugno, si
concludeva ora, senza rumore, in una scura serata di novembre: «Pioveva...
Salivo sola... » Non ci saranno più quegli incontri meravigliosi, in quel
luogo dove erano stati così numerosi. Quello era il finale. Il congedo sotto la
pioggia. Fino a quando? Quanto aveva familiarizzato la Vergine, Madre di Dio e
nostra, con tutti quelli di Garabandal e con quanti a Garabandal volevano
incontrarla! «Si interessava ad ogni nostra cosa - ricorderà Conchita
con gli occhi umidi... - Di tutto! persino delle nostre mucche!» Qualcuno
ha detto: «E’ la storia più bella dell'umanità dai tempi di Cristo. E stata un
po' come una seconda vita della Vergine sulla terra: e io non ho parole per
ringraziarLa di tutto questo» Da quell'addio sotto la pioggia, questi fatti
cominciarono a essere storia... Ma una storia che non si altera con il passare
del tempo, che non sbiadisce, perché resterà sempre qualche cosa di ineffabile
e di salvifico, che ritroveranno in quel villaggio coloro che vi si recheranno
con fede, allo scopo di trovare in se stessi la più alta speranza e il più
grande amore. «Non mi vedrai più qui, ma Io sarò sempre con te, e con tutti i
miei figli». E l'ultima e la più bella parola di Garabandal.
EPILOGO
Abbiamo dunque visto che sabato 13 novembre 1965 la serie dei «fenomeni» di Garabandal è terminata. Da quel giorno, infatti, non è successo più nulla. Ma ora si pone una domanda: quel giorno, la storia di Garabandal: - si è veramente conclusa? - o è stata solo interrotta? La mia personale impressione è che si tratti di una semplice interruzione. Mi pare infatti abbastanza evidente che la storia di Garabandal non ha avuto conclusione, rimasta troncata come un dramma che per qualche motivo s'interrompe all'improvviso, con dei punti di sospensione... ma che esige e deve avere un suo finale. Penso che la storia di Garabandal sia una straordinaria parabola in tre tempi. Un primo tempo, a carattere prevalentemente personale e locale, di meraviglie e comunicazioni intime, tempo terminato quel 13 novembre 1965. Un secondo tempo, di parentesi, interruzione, punti di sospensione; tempo di scelta e di purezza delle adesioni. E quello che viviamo attualmente, con sconcerti, speranze, abbandoni. Un terzo tempo, che stiamo aspettando, il quale possa far luce su molte cose e realizzi delle profezie di portata generale: 1' avvertimento - il miracolo - il castigo. Mi sembra fuori di dubbio che ciò che è veramente successo a Garabanda4 quel che dobbiamo saper cogliere attraverso la fitta selva di innumerevoli dettagli, è un premurosissimo intervento celeste perché siamo aiutati in questi tempi così difficili per la Chiesa e per il mondo. A tale scopo, il Cielo ci ha posto davanti a: - una nuova «epifania mariana» - un richiamo a un maggior rispetto verso l'Eucarestia - un annuncio dell'avvicinarsi di «tempi escatologici». Perché una nuova «epifania mariana»? Perché proprio Maria potrebbe essere la nostra ultima ancora di salvezza. A Garabandal, la Madonna si è manifestata - di più, si è data a noi - anzitutto come «Madre nostra». Perché «un richiamo a un maggior rispetto verso l'Eucarestia»? Perché la reale presenza del Signore fra noi è ciò che la Chiesa deve assolutamente impedire venga messo in dubbio. Ed è invece ciò che sta accadendo. Perché «un annuncio dell'avvicinarsi dei tempi escatologici»? Perché è possibile che questi tempi siano già alle porte; perché non ci permettiamo di perdere di vista quanto sosteniamo nel Credo: «E verrà di nuovo nella sua gloria...»; perché senza un vivo senso dell'attesa, come già osservò Giovanni Papini, la fede non può mantenersi viva nel cuore degli uomini. Non possiamo perdere di vista che ci sarà un momento finale nella storia. Ha scritto M. Garcia Cordero: «Gli scritti biblici ruotano intorno ad un dramma teologico che si sta svolgendo in tutta la Storia e che riflette il disegno di Dio per la salvezza dell'uomo e la sua riabilitazione. Dal primo capitolo del Genesi all'ultimo versetto dell'Apocalisse è percepibile una sorda lotta tra le forze che si disputano il cuore dell'uomo. L'uomo, esercitando male il suo libero arbitrio, sceglie di vivere separato da Dio per affermare così la sua autonomia... e, da un altro lato, un Potere funesto pare dominare l'umanità cercando di deviarla dalla sua orbita naturale: il Dio della Creazione, che guida il Cosmo e la Storia». L'escatologia è lo studio dell'epilogo finale di questo grande dramma che è il cammino della nostra Salvezza. E c'è da chiedersi se Garabandal non abbia una sua dimensione escatologica. Ci sono sufficienti elementi per metterci in allarme e porci di fronte ai «tempi ultimi». - La presenza e il ruolo dominante dell'Arcangelo Michele che appare nell'Apocalisse come l'Angelo dei combattimenti supremi. - L'affermazione senza mezzi termini del messaggio del 18 giugno 1965: «Questi sono gli ultimi avvertimenti». - La trilogia «avvertimento - miracolo - castigo» le cui caratteristiche obbligano a porla fuori dal corso normale degli eventi celesti. - La ripetuta affermazione che restano, dopo Giovanni XXIII, «soltanto più tre papi», dopo di che si avrà la «fine dei tempi». È possibile che gli eventi di Garabandal si siano verificati perché ci ripetiamo l'un l'altro, noi cristiani di queste ultime ore, ciò che si dicevano quelli della prima ora a titolo di saluto e d'incoraggiamento: «Maran Atha!» Il Signore viene. Noi siamo in questa attesa. E in tale attesa tutti noi, convinti della realtà dei fatti di Garabandal, ripetiamo senza sosta, come nella festa liturgica di «Maria, Mediatrice»: «Cristo Redentore, che hai voluto che tutti i benefici ci pervengano tramite Maria, noi ti adoriamo in ginocchio; Amen! Alleluja!»